Fuori dell’ordine naturale

Fuori dell’ordine naturale

di Padre Giuseppe Agnello 

IL RIPOSO DEL RISORTO È VITA NUOVA

La resurrezione di Gesú è un fatto cosí fuori dell’órdine naturale, che non si potrebbe crédere se non fosse realmente accaduto come ce lo hanno riferito i testimoni oculari di questi eventi meravigliosi: le donne per prime, gli apòstoli dopo, e molti discèpoli infine, ma tutti con alcune qualità che rèstano anche necessàrie per gli uòmini e le donne del nostro presente. Gesú appare e si manifesta a persone che lo hanno amato e hanno condiviso con lui il cibo della risurrezione. Lo dice bene san Pietro: «Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccísero appendèndolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno, e volle che si manifestasse non a tutto il pòpolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti». Questo cibo è prodotto sulla croce, dove la Víttima pasquale si làscia inchiodare, ma non ha niente di màcabro o di òrrido che ricordi la morte (le piaghe stesse di mani e piedi del Risorto sono piuttosto il segno della vittòria); è il dono del Re vittorioso che è veramente risorto. Tutto, nella Pasqua, è trionfo delle promesse fatte da tempi immemoràbili; è vittòria sulla morte, sul peccato, sulle tènebre. La Sequenza che abbiamo cantato lo dice beníssimo: «Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa». E il Salmo lo esprime cosí: «La pietra scartata dai costruttori è diventata la pietra d’àngolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meravíglia ai nostri occhî».
Questa lotta tra morte e vita è conosciuta da tutti nella natura (pensiamo a ciò che il tempo riesce a rovinare, arruginire, sgretolare), nelle stagioni (pensiamo all’autunno e all’inverno da una parte, e alla primavera e all’estate dall’altra), nel pròprio corpo (con la sua créscita, invecchiamento e morte), ma diventa kèrigma, cioè nòcciolo dell’annúncio cristiano e fulcro della nostra fede, perché Cristo li ha presi nella sua umanità per divinizzare tutto e trasformare tutto: il tempo, lo spàzio, l’eternità creata, gli èsseri animati e inanimati, ma soprattutto l’uomo. Con la sua morte e risurrezione istituisce un giorno nuovo che va a portare a compimento il riposo del sàbato: la Doménica, giorno del Signore, e Pasqua della Settimana. Con la sua morte e risurrezione riconcília il cielo e la terra, e offre a tutte le creature non solo il fine del loro èsserci, ma anche il mezzo del loro rinnovarsi: quel Sàngue che porta vita a tutta la terra, perché sgorga dal fianco destro del Tèmpio. Con la sua morte e risurrezione, infine, dona ai peccatori la vita nuova nel Battésimo, che è immersione nella sua morte e risurrezione: morte al peccato e vita in Dio. San Paolo in vàrie sue léttere spiega questa íntima unione dei battezzati con Cristo. Ai Romani dice: «Per mezzo del battésimo siamo stati sepolti insieme con Lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della glòria del Padre, cosí anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6, v.4). Ai Colossesi dice: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio» (Col 3, v.3).
Ai Corinzî spiega bene che la sua predicazione e quella di tutti gli apòstoli si basa sulla testimonianza della risurrezione, e, se non si crede a questo, si fa di loro: «falsi testimoni di Dio, perché abbiamo testimoniato di Dio che ha risuscitato il Messia, mentre non lo avrebbe risuscitato» (1Cor 15, v.15).
Ora, questo kèrigma o verità ridotta all’essenziale, è la forza e la fecondità stessa della Chiesa: Gesú morto e risorto è il contenuto di ogni prèdica; la gràzia e la presenza ínsita in ogni sacramento; l’ispirazione di ogni buona azione; il soggetto e l’oggetto della nostra fede; il Signore che ha conosciuto e santificato tutti i dolori; il Vincitore del peccato, della morte e del Diàvolo.
Tutto quello che oggi in ogni chiesa del mondo si fa, è manifestazione di questa vittòria dell’Autore della Vita, che la morte non ha tenuto nel sepolcro: cero pasquale, luci, allelúia, música e canti di festa, incenso, paramenti e fiori. Il versetto alleluiàtico sintetizza tutto questo: «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato: facciamo festa nel Signore». Questa festa è la realizzazione compiuta del riposo del sàbato ebràico, e in questo giorno, chi accòglie la morte e risurrezione di Gesú avrà un riposo interiore che il pregustare le giòie del Paradiso. Siate dunque testimoni di questo: Cristo nostra Pasqua è il riposo dell’ànima mia. Ve lo dico perché mi è capitato di andare in una scuola elementare e ho visto appesi nei muri gli alfabetieri e quei cartelli illustrati con le síngole léttere dell’alfabeto e una cosa associata ad ognuno. C’èrano anche i giorni della settimana, con associato a ciascuno un’azione diversa. Ebbene, la Doménica sapete che c’era disegnata? Non una Chiesa e la famíglia che ci va; non Gesú che risorge ci dona questo nuovo giorno; ma un’amaca legata a due àlberi, e sopra una persona che vi dorme. Questo, dunque, è diventato il riposo dell’uomo senza Dio: un’amaca dove dondolarsi. Non sia cosí fra noi: per noi non c’è vero riposo del corpo, se non si dà priorità all’ànima; e non c’è bene vero dell’ànima, se non accòglie la vita nuova che ci ha meritato Gesú Cristo. Pertanto impariamo da questo giorno solenne a non mancare a nessuna Doménica, perché ogni messa domenicale è Pasqua della settimana. La Didaché, uno scritto del I sècolo dopo Cristo, dice ai cristiani del tempo: «nel giorno domenicale del Signore, radunàtevi, spezzate il pane e rendete gràzie..» (Didaché 14, 1). Persino l’imperatore Costantino capí il valore di questo riposo e, a partire da Roma, il 7 Marzo 321, e poi per tutto l’impero, stabilí questo: «Tutti i giúdici e le popolazioni urbane e tutti coloro che esèrcitano mestieri nel giorno del sole, degno di venerazione, fàcciano riposo» (Còdice Giustinianeo 3, 12, 2). Pertanto, i miei augurî a tutti voi di buona Pasqua, sono questi: di Doménica in Doménica, restiamo nascosti in Dio, rinnovati da Lui e pieni del suo riposo, che è vera pace.

Pasqua di Resurrezione, anno C, 20 Aprile 2025. Rm 6, 3-11; Sal 117; Lc 24, 1-12

*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

 

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