Mons. Pennisi: “Papa Francesco è stato coraggioso e non sempre capito”
di Bruno Volpe
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INTERVISTA A MONSIGNOR MICHELE PENNISI
“È stato un uomo ed un Papa coraggioso, non sempre capito”: lo dichiara in questa intervista Monsignor Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale (Palermo).
Eccellenza Pennisi: che ricordi ha di Papa Francesco?
“Prima di tutto il mio ricordo è affettivo. Egli ha firmato la mia bolla di nomina vescovile. Sono stato fatto vescovo da Benedetto XVI, ma per le sue dimissioni il pontefice tedesco non fece a tempo a siglare la bolla. Cosicchè l’incombenza toccò a Papa Francesco il quale venne a sapere che il mio desiderio era parlargli. Lo seppe dal mio segretario che un giorno era a Roma in Vaticano e con grande sorpresa, alle otto del mattino, mi chiamò direttamente lui al telefono. Era il due aprile, rimasi emozionato”.
Poi lo ha incontrato altre volte…
“Specie in occasione della visita ad limina dei vescovi siciliani e in quella occasione ne apprezzai la lucidità, la umanità e la gentilezza. Voleva informarsi su tutto, creò un clima molto amichevole”.
Che idea se ne ha ricavato?
“Di un uomo che ha compreso l’importanza di evangelizzare e di portare la buona notizia a tutti, nessuno escluso. Se si leggono con attenzione i suoi documenti emerge con chiarezza la parola gioia ed è stato il Papa della gioia, quella cristiana, che non è allegria scomposta, ma senso di serenità che solo Cristo riesce a dare. Il cristiano vero è una persona gioiosa, non rancorosa o negativa”.
Si interessava alle persone…
“Era molto attento ai singoli casi, ovviamente non poteva chiamare tutti. Però so per certo che egli telefonò personalmente ad un mio amico ammalato di cancro e ad una coppia di fidanzati di Palermo. Lui era molto malato e forse non ce la avrebbe fatta. Il Papa lo raggiunse per telefono e gli disse: quando guarisci vi sposo il e fu il Papa in Vaticano a celebrarne personalmente le nozze”.
Come Giovanni Paolo II ha avuto parole molto dure sui mafiosi…
“Lo fece in occasione di una visita in Calabria dove arrivò a scomunicare i mafiosi ricevendo le famiglie delle vittime di mafia. Ma ebbe parole pesanti anche sulla corruzione. Mafia e corruzione sono piaghe sociali contro le quali lottare e sono atteggiamenti assolutamente contrari al Vangelo, da respingere e mettere al bando. Un credente non può e non deve mai essere corrotto o mafioso”.
Si creò in Vaticano persino una commissione di studio sulla mafia…
“Certo e collaborarono vescovi ed esperti, l’allora Prefetto del Dicastero era entusiasta. Poi cambiò il Prefetto, venne un canadese, il quale sosteneva che, essendo la mafia un problema solo italiano, se ne doveva occupare la Conferenza Episcopale Italiana e non il Vaticano. Lasciammo tutto, peccato”.
Prospettiva conclave, che previsioni fare?
“Parlare di pronostici non ha senso in quanto se è vero ce i cardinali discutono tra di loro nelle Congregazioni, è innegabilmente vero che il Papa viene eletto su impulso dello Spirito Santo”.
Che cosa aspetta di particolare al nuovo Papa?
“Un grande lavoro, considerando che la Chiesa non vive un momento facile, specie in Europa dove aumenta il distacco dalla fede. Il Vecchio Continente, con un timido risveglio in Francia, perde vocazioni e fedeli, al contrario di Africa, America Latina e Asia. Dunque è il grande malato della cattolicità. Pertanto il primo grande obiettivo si chiama evangelizzazione, anzi ri-evangelizzazione”.
Continuità o no?
“A mio avviso occorre andare in continuità con Papa Francesco, ma allo stesso tempo con un atteggiamento di prudenza e carità, riavvicinare quei credenti che si sono allontanati in opposizione o comunque in non condivisione con le scelte del Papa. Papa Francesco è stato un papa coraggioso non sempre capito, ha amato la parresia ed ha avviato processi importanti, ha scosso le coscienze e cercato di operare riforme non tutte andate a buon fine, in alcune circostanze la Chiesa non lo ha seguito”.
Magari ha corso più dei tempi…
“Diciamo che è stato un Papa che ha osato, ha voluto dare attuazione al Vaticano II, capendo i segni dei tempi. Non tutti, dentro il popolo di Dio hanno avuto la stessa sensibilità e adesso abbiamo il dovere di recuperare queste coscienze, lavorando con calma, seguendo Magistero e tradizione”.