Mons. Sorrentino: “La Chiesa deve spogliarsi dei suoi privilegi”

Mons. Sorrentino: “La Chiesa deve spogliarsi dei suoi privilegi”

di Bruno Volpe

INTERVISTA A DOMENICO SORRENTINO

“Per la nostra diocesi fu un momento di grande stupore ed onore. Non era mai accaduto nella storia”: Monsignor Domenico Sorrentino, arcivescovo di Assisi, racconta la sua gioia e quella di tutta la diocesi quando il defunto Papa assunse il nome di Francesco, primo nella storia della Chiesa.

Eccellenza Sorrentino, lei lo ha conosciuto personalmente…

“Certamente e ne conservo ottimi e significativi ricordi che ancora mi commuovono. Ne cito uno che mi lascia felice e al tempo stesso turbato. Stavamo preparando la sua visita ad Assisi. Detto per inciso Francesco è il Papa che maggiormente è venuto nella nostra diocesi con sei visite. Andai a Santa Marta e siccome il programma del viaggio sino ad allora abbozzato, non prevedeva la visita alla Sala della Spoliazione, io mi permisi di chiedergli di passarci un attimo recitando una preghiera. In quella sala è presente una immagine di Giotto che appunto rappresenta la spoliazione di Francesco dai beni. Ero rassegnato ad un no per motivi di tempo. Invece mi guardò fisso e rispose: vengo sicuramente, dedico la mia preghiera e ci sto il tempo che vuole. E lo faccio perché la Chiesa deve spogliarsi dei suoi privilegi e beni come Francesco. Ecco questo era Francesco, uno che davvero voleva la Chiesa povera e per i poveri, non a parole, con i fatti”.

Il primo Papa ad aver scelto il nome Francesco…

“Quando lo seppi fui ricolmo di gioia, ma tutta la diocesi fu entusiasta ed infatti egli è stato il Papa che è venuto più volte di tutti ad Assisi, ben sei. Il fatto di aver scelto Francesco è segno di rispetto per il poverello, ma anche un chiaro orientamento di pontificato. Tra l’altro, proprio sulla tomba di San Francesco, egli ha firmato la enciclica Fratelli tutti, quella sulla fraternità universale, concetto molto caro a san Francesco”.

Tuttavia Papa Francesco non ha mai banalizzato o reso melensa la figura del santo di Assisi spesso strumentalizzato per banali ragioni ideologiche e politiche…

“Vero. Papa Francesco amava Francesco, ma non ne ha mai avuto una idea da santino delle figurine come egli diceva ed anzi ne rimarcava il carattere, la decisione, la fermezza di condotta e in primo luogo l’annuncio del Vangelo a tutti e senza sosta. Poi la preferenza per i poveri.  Bisogna comunque ricordare che San Francesco ebbe il coraggio di riformare la Chiesa che viveva un momento difficile e fu persona attenta nell’annuncio della dottrina, mai fece sconti al ribasso pur amando il dialogo. Disposto ad ascoltare tutti, a rispettare ogni persona, ma chiaro nella sua visione che non ha mai ridotto a sentimentalismo”.

Qual è l’eredità di Francesco?

“Ci ha lasciato una Chiesa sicuramente con problemi, come ogni istituzione. Ma la stessa Chiesa ha gli anticorpi per reagire in un momento di secolarizzazione e scristianizzazione dominanti. Bisogna insistere su due punti cari a Francesco: la sinodalità e soprattutto la evangelizzazione. Oggi in tante parti del mondo cristiano e specie nelle nazioni cosiddette benestanti, si tocca con mano il calo della fede ed ecco la necessità di evangelizzare, di uscire, di annunciare”.

Che compito tocca al nuovo Papa?

“Chiunque egli sia, non avrà una missione semplice. Non condivido l’idea che l’emergenza o l’urgenza sia la riforma della Curia. Anche quella ci sta, ma la vera ed autentica priorità sia data alla evangelizzazione o rievangelizzazione. Una Chiesa che sappia interpretare i segni dei tempi”.

Papa riformista o conservatore?

“Lasciamo da parte categorie politiche e sociologiche, appartengono ad altri campi e non alla Chiesa. Ogni pontefice ha il suo modo di essere, di affrontare le difficoltà e il suo stile. Lasciamo fare allo Spirito Santo”.

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