La Dottrina sociale della Chiesa nel Ventesimo secolo: da San Pio X a Benedetto XV

La Dottrina sociale della Chiesa nel Ventesimo secolo: da San Pio X a Benedetto XV

Di Don Gian Maria Comolli

Pio X, Giuseppe Sarto, fu papa dal 1903 al 1914. È questo un periodo caratterizzato dalla nascita dei nazionalismi, dall’accentuazione della collisione tra la fede e la scienza, dal sorgere del modernismo che proponeva rinnovamento e “riforme” nei vari settori societari e culturali per adeguarli alle prospettive “moderne”. Quindi, anche la Chiesa, avrebbe dovuto  aggiornare la sua Dottrina aprendosi alla filosofia moderna e alle teorie positiviste. Il Papa lo combatte strenuamente prima con il Decreto “Lamentabili sane exitu” del 3 luglio 1907 e, in seguito, con l’Enciclica “Pascendi domini grecis” (8 settembre del 1907), orientando la difesa della dottrina al motto del suo pontificato: “Instaurare omnia in Christo”. Infine, non possiamo dimenticare le preoccupazioni del pontefice nei confronti della Russia, nazione nella quale il dittatore comunista Lenin stava assumendo influenza e potere.

Nei suoi anni di pontificato, Pio X pur non ampliando la Dottrina Sociale, sollecita la riorganizzazione del movimento dei cattolici italiani ponendo attenzione, tra l’altro, al movimento sindacale, particolarmente al “sindacato bianco”, percepito a volte con diffidenza anche nella Chiesa.

Animato da un considerevole zelo pastorale operò molteplici riforme. A livello liturgico, rivedendo la Messa, consentì una più attiva partecipazione dei fedeli, rinnovando il Breviario ed operando modifiche al canto gregoriano. Diffuse, inoltre, il culto dell’Eucarestia e anticipò l’età della prima comunione. A livello formativo, predispose un nuovo Catechismo da lui stesso predicato ogni domenica, famoso per la struttura in domande e risposte semplici, sintetiche ma inequivocabili che per molti decenni fu il riferimento dei cristiani. Rinnovò anche la ratio studiorum dei futuri sacerdoti. A livello strutturale riformò la Curia Romana, approvò la redazione del Codice di Diritto Canonico, avviò la pubblicazione degli Acta Apostolicae Sedis, in pratica la “gazzetta ufficiale” della Chiesa.

Dopo San Pio X, abbiamo Benedetto XV, al secolo Giacomo della Chiesa, che fu papa dal 1914 al 1922. La sua fotografia più ricorrente trasmette, anche oggi, l’espressione preoccupata di un Papa eletto immediatamente dopo l’avvio del primo conflitto mondiale. Già l’8 settembre 1914 espresse la condanna della guerra che ripeterà con espressioni, per certi versi apocalittiche, nell’ Enciclica “Ad Beatissimi”. Intensa fu la sua attività diplomatica desiderosa di porsi a servizio delle trattative di pace, individuandone i presupposti come possiamo notare dalla sua famosa Nota del 1° agosto 1917. Costatando vani tutti i suoi tentativi di indurre le parti a pronunciarsi per la pace, Benedetto XV si aprì alla missione della carità nelle opere di soccorso a beneficio dei combattenti, dei profughi, dei feriti e dei prigionieri.

Benedetto XVI assistette anche a notevoli cambiamenti politici e geografici che toccavano da vicino la Chiesa cattolica, riassunti così dallo storico Andrea Riccardi: “Con la rivoluzione di ottobre e la fine della prima guerra mondiale l’oriente europeo cambiava profondamente. I confini dell’antico impero zarista si erano ritirati con la nascita della nuova Polonia e degli Stati baltici. La dissoluzione dell’impero multinazionale degli Asburgo dava luogo a nuovi Stati. Le vicende politiche dell’Est non si giocavano più tra Vienna, Mosca e Berlino; bisognava stabilire un rapporto diretto con le nuove capitali e i nuovi governi. Tutto mutava e non solo da un punto di vista territoriale. Negli antichi territori russi si stabiliva un sistema sociale, politico ed economico inedito nella storia europea con cui la Chiesa cattolica doveva misurarsi” (Antisovietismo e ostpolitik della Santa Sede da Benedetto XV a Paolo VI, in M. Guasco – A. Melloni, Un diplomatico vaticano fra dopoguerra e dialogo. Mons. Mario Cagna (1911-1986), Il Mulino, Bologna 2003, p. 123).

*Don Gian Maria Comolli, ordinato sacerdote nel 1986, da trent’anni è cappellano ospedaliero. Dopo aver conseguito un dottorato in Teologia, una laurea in Sociologia ed aver frequentato diversi master e corsi di perfezionamento universitari, attualmente collabora con l’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano ed è segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia.

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