Ritorna l’Isis e stavolta decapita i bambini

TRA IL SILENZIO DEI MEDIA RITORNA LA BARBARIE ISLAMICA

Di Umberto Spiniello

In molti credono che la battaglia contro l’ISIS sia vinta da tempo e non sono pochi i politici che minimizzano o addirittura ignorano il crescente numero di attacchi terroristici di matrice islamica, specie nel continente africano.

In Mozambico nella provincia dell’ex colonia portoghese in Africa orientale, dall’ottobre 2017 al mese scorso sono stati contati oltre 800 attacchi di matrice islamica con più di 2.600 morti, di cui la metà civili, con un forte aumento negli ultimi 12 mesi.

Un connotato delle violenze sono le decapitazioni, registrate a centinaia: già nel novembre scorso i media avevano riportato informazioni su una decapitazione di massa di oltre 50 persone in un campo di calcio.

Il fenomeno è comunemente considerato parte dell’espansione dell’Isis in Africa, visto che i terroristi del nord-est del Mozambico hanno annunciato un’alleanza con lo Stato islamico nel giugno del 2019. 

Desta scalpore il silenzio dei grandi organi di stampa e delle agenzie governative su questa massiccia riorganizzazione dello stato Islamico in Africa, come anche i raccapriccianti resoconti delle decapitazioni di massa denunciati dalle Ong operanti sul posto, sostanzialmente ignorati dai mass media: bambini e ragazzini decapitati a centinaia dai militanti islamici nella provincia di Cabo Delgado, nord del Mozambico.

A denunciarlo è Save the Children, i cui operatori hanno raccolto raccapriccianti testimonianze di madri e familiari delle piccole vittime di Cabo Delgado.

Nella provincia mozambicana sono stati decapitati bambini anche di soli 11 anni. Altre decine fra teste tagliate e uccisioni a colpi di arma da fuoco erano state denunciate in un villaggio ad aprile.

Il terrore, cominciato con un assalto a tre commissariati da parte di una trentina di uomini, ha causato quasi 670 mila sfollati. Il gruppo di jihadisti mozambicani formatosi nel 2015 è noto come Al-Shabaab (“i giovani”, in arabo).

L’obiettivo che viene loro attribuito è quello di imporre nella provincia a maggioranza musulmana una versione integralista della legge islamica, la sharia.

“Il nostro villaggio è stato attaccato di notte e le case sono state bruciate. Quando tutto è iniziato, ero a casa con i miei quattro figli. Abbiamo cercato di scappare nella boscaglia, ma hanno preso mio figlio maggiore e lo hanno decapitato”. Così Elsa, 28 anni, ha raccontato agli operatori di Save the Children che cosa è successo a novembre nel villaggio di Muatide.

I terroristi dello Stato islamico nell’Africa centrale  hanno attaccato il villaggio del nord del Mozambico, gli abitanti catturati vennero portati in un campo da calcio e massacrati per tre lunghi giorni, più di 15 erano bambini. E tra questi c’era anche il figlio di Elsa, Filipe, appena 12 anni. Se la situazione non è completamente degenerata è solo perché la Chiesa si sta spendendo giorno e notte per assistere i rifugiati. Solo a febbraio, i jihadisti hanno compiuto venti incursioni assaltando palazzi del governo, bloccando strade, rapinando banche, uccidendo civili e arrivando a decapitare bambini.

Risulta evidente che bisogna impedire ad ogni costo la riorganizzazione dell’Isis in territorio africano e che solo un intervento internazionale può arginare l’avanzata dell’islam radicale in quelle terre.

 

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