La strada del dono come possibilità per ripensare la missione ecclesiale

La strada del dono come possibilità per ripensare la missione ecclesiale

PER NON FARE DELLA “CHIESA IN USCITA MISSIONARIA” UNO SLOGAN SVUOTATO DI CONTENUTO E SPESSORE SPIRITUALE PER LA VITA DEI CREDENTI E DELLE COMUNITÀ CRISTIANE…

A cura di Angelica La Rosa

La fine della cristianità e il palese calo numerico dei cristiani rendono più evidente che mai la centralità del tema della missione della Chiesa, anche nell’Occidente che è stato la culla del cristianesimo.

Non basta però arrestarsi alla constatazione che la Chiesa è per natura missionaria o al richiamo dell’urgenza di una nuova evangelizzazione. Occorre chiedersi in che modo la Chiesa possa essere oggi missionaria senza abdicare alla propria identità e senza farlo in modi improponibili nel contesto culturale attuale segnato dalla secolarizzazione, dagli effetti della globalizzazione, dall’esperienza quotidiana del pluralismo religioso.

Con l’ausilio della ricca riflessione filosofica e antropologica sul tema, “Il dono dell’annuncio. Ripensare la Chiesa e la sua missione”, di don Roberto Repole, (Edizioni San Paolo 2021, pp. 206, euro 22), propone la strada del dono come possibilità per ripensare la missione ecclesiale.

Ne risulta un percorso avvincente sul piano teologico e ricco di spunti per la prassi pastorale delle nostre Chiese. Un libro utile a non fare dell’invito impellente a una Chiesa in uscita missionaria uno slogan svuotato di contenuto e spessore spirituale per la vita dei credenti e delle comunità cristiane.

L’autore, sacerdote di Torino, classe 1967, è docente di Teologia sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale – sezione di Torino di cui è direttore dal 2015 ed è docente invitato in diverse Facoltà teologiche. È stato presidente dell’Associazione Teologica Italiana dal 2011 al 2019 ed è membro del Consiglio direttivo dell’Avepro.

Nell’introduzione l’autore spiega che “il tanto parlare di nuova evangelizzazione e di Chiesa in uscita tradisce soprattutto la grande fatica a trasmettere ancora il Vangelo all’interno del nostro mondo occidentale, di antica tradizione cristiana, ma sempre più ‘emancipato’ da una cultura impregnata di cristianesimo. Non si coglierebbe dunque la serietà dell’appello ad una ‘Chiesa in uscita’ senza domandarsi in che modo, con quale stile, secondo quale postura ciò è ancora possibile nel nostro mondo occidentale”.

Per don Repole i “mutamenti avvenuti in questi ultimi decenni sono infatti di tale portata da rendere urgente una riflessione sul modo in cui la Chiesa possa essere oggi missionaria, senza abdicare alla propria identità e senza farlo in modalità improponibili nel contesto culturale attuale segnato dalla secolarizzazione, dagli effetti della globalizzazione, dall’esperienza quotidiana del pluralismo religioso. Con il modo ne va, dunque, della missione stessa della Chiesa! Con l’ausilio della ricca riflessione filosofica e antropologica sul tema, il libro propone la strada del dono come possibilità per ripensare la missione ecclesiale. Come si accennerà, è abbastanza usuale, tanto nel linguaggio magisteriale quanto in quello pastorale, parlare della missione in termini di dono. Al di là dell’uso linguistico, si stenta tuttavia ad offrire una proposta sistematica, che faccia inoltre tesoro di tutte le ricche analisi che la ormai pluridecennale meditazione sul dono ci mette a disposizione. È quanto ci si propone di fare nelle pagine che seguono, raccolte non a caso dal titolo Il dono dell’annuncio. Attraverso di esse si proporrà un percorso teologico, ma ricco di spunti per la prassi pastorale delle nostre Chiese. L’auspicio è che si tratti perciò di un libro utile a non fare dell’invito impellente ad una Chiesa in uscita missionaria uno slogan svuotato di contenuto e spessore spirituale per la vita dei credenti e delle comunità cristiane”.

Per don Repole “il tema del dono – così associabile a quello della grazia” è “centrale per il cristianesimo in quanto tale” e ciò “non ha bisogno che di essere evocato”. Per questo, “si può almeno sperare che mentre si riflette sulla Chiesa e la sua missione dal di dentro del nostro contesto culturale si offra una prospettiva che possa essere recepita e apprezzata anche da cristiani e Chiese che abitano altre culture”.

 

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