Pasqua di Risurrezione: siamo chiamati a gioire per il dono della nostra fede

Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.

Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!

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IL COMMENTO TESTUALE

IL VANGELO DEL GIORNO: domenica 4 Aprile 2021

Domenica di Pasqua della Risurrezione

Oggi è la domenica della Pasqua di Risurrezione in cui siamo chiamati a gioire per il dono della nostra fede, che ci fa cantare: “Alleluya, alleluya, alleluya! Cristo è risorto dai morti!”. La Pasqua ci immerge nella gioia della fede, ci immerge nella vittoria di Cristo che è anche la nostra, perché a Lui apparteniamo grazie al battesimo, per il quale anche noi siamo passati da una vita senza Cristo, a una vita in Cristo. Pasqua è la festa della vita che fa rinascere la Chiesa, per mezzo del battesimo. E il vangelo di oggi ci annuncia proprio la gioia di questa verità: una verità nasce da una testimonianza fragile, non razionalmente affidabile, ma, se ci facciamo caso, è proprio quella una verità che mette in moto tutto, che diventa dinamismo capace di coinvolgere fino all’intimo, fino al luogo interiore dove in noi nasce la fede e la speranza. Il testo inizia con un’indicazione temporale: siamo infatti nel primo giorno della settimana, lo Shabbat è terminato e tornano i giorni dell’attività, del lavoro. Eppure il testo specifica che era ancora buio e sappiamo che nel Vangelo di Giovanni il buio ha un’accezione simbolica. È il buio del cuore, della tristezza e del dolore di coloro che avevano accompagnato Gesù nelle ore della sua Passione, di coloro che erano rimasti con Lui fino alla fine e questo nome Maria di Magdala, ci attesta che di fatto sono le donne, indicate come testimoni principali della Pasqua di Gesù, sia nella comunità giovannea, come anche nelle altre comunità cristiane in cui vengono elaborati i Vangeli. Il testo non specifica comunque il motivo per cui la donna si rechi al sepolcro, sembra essere non per dovere, né per un compito specifico, ma appare come un’iniziativa personale e gratuita. La questione interessante è però che la discepola di Gesù vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro e subito corse dai suoi amici a riferire quanto aveva visto. Ecco allora che Pasqua è l’inizio del dinamismo ecclesiale della comunione: Maria non tiene per sé quanto ha visto e non si ferma a riflettere, ma corre e comunica non realisticamente ciò che lei ha visto, ma una sua interpretazione razionale di quanto ha visto. Eppure a questo annuncio Pietro e l’altro discepolo non cercano di discutere e di capire più a fondo quello che suona come una testimonianza oculare, ma si recano di corsa, di persona, al sepolcro. Anche loro corrono, entrano in una dinamica che non dà spazio al sospetto l’uno dell’altro. Questo è davvero il frutto della Pasqua: accendere il dinamismo della comunione che contagia. La prova di tutto questo è che il testo ci presenta  Simon Pietro e l’altro discepolo, che secondo tutti i commentatori è lo stesso Giovanni, ma di fatto l’autore del testo ha volutamente lasciato che ci potessimo porre il dubbio sul fatto che questo “altro discepolo” fosse Giovanni. Non è quindi escluso che questo dubbio, voluto dall’autore, sia probabilmente anche un artificio letterario per poter lasciare a ciascuno la possibilità di sentirsi lui (o lei) “l’altro discepolo” che Maria Maddalena ha raggiunto col suo annuncio. Anche noi, io e te, in quanto discepoli di Gesù, perciò siamo chiamati oggi a reagire come l’“altro discepolo” all’annuncio dell’amica di Gesù e degli apostoli: correre, certamente dando la precedenza a chi spetta, ma entrare nel sepolcro vuoto, vedere, come Maria, ma, oltre a vedere, come ha visto anche Maria, credere, perché la risurrezione di Cristo è un affidamento al dinamismo della comunione, generato da  una testimonianza che, come dicevo all’inizio è fragile, perché và oltre la vista fisica delle cose o delle persone, ma è potente, perché ci rende capaci di esercitare atti di fede, che ci fanno risorgere di fronte alla realtà della morte che sempre si presenta nella vita. Ieri ho assistito a un incontro di testimonianza di persone che sono state colpite in maniera grave dal Covid, fratelli e sorelle cristiani, religiosi, preti, e tra loro c’era un vescovo che diceva di aver fatto esperienza che la Risurrezione è sempre il dono che il Signore ci fa il “giorno dopo”, viene sempre dopo che tutto è perduto.  Pasqua è il giorno che il Signore ha preparato per noi, il giorno che viene sempre dopo la fine, il giorno primo, quello in cui inizia una nuova opera del Signore, in cui anche noi, con Cristo, risorgiamo per la vita. Buona Pasqua!

Gv 20, 1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario
che era stato sul suo capo non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

IL COMMENTO IN VIDEOhttps://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos

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