Attilio Negrini: “certe trame torbide – e vere – vanno raccontate, anche con un romanzo di fantasia”

Attilio Negrini: “certe trame torbide – e vere – vanno raccontate, anche con un romanzo di fantasia”

“LA MONETA DELL’INGANNO” È IL TITOLO DEL ROMANZO D’ESORDIO DI ATTILIO NEGRINI

Di Angela La Rosa

La moneta dell’inganno” è il titolo del romanzo d’esordio di Attilio Negrini (nella foto con uno dei giganti della letteratura italiana, Eugenio Corti), autore bresciano presente da una dozzina di anni su Facebook e su alcuni siti di area cattolica, uscito in questi giorni per Tabula Fati, casa editrice abruzzese di Marco Solfanelli. Gli abbiamo rivolto alcune domande per capire di che cosa si tratta.

Da dove ha origine l’idea di scrivere questo libro?

Qualche anno fa un amico mi raccontò alcuni episodi accaduti nella sua città. All’inizio non capivo se si trattasse di fatti realmente accaduti, di verità arricchite di fantasia e complottismo, non mi interessava, però quelle storie erano assai intriganti. Capii poi che erano cose vere, fatti realmente accaduti, ma più ci si addentra in certe trame torbide e si crede di aver scoperto tutto, più ci si rende conto di non aver capito niente…

Quindi si rischia di cadere nel complottismo?

È molto facile che ciò avvenga, infatti manca sempre qualcosa, chi c’è dietro, perché agisce in quel modo, a che pro, così si interrompe una sequenza logica e a quel punto è meglio affidarsi a un romanzo di fantasia in cui non è richiesta una precisa documentazione, e dando spazio alla creatività si possono spiegare meglio certi passaggi che altrimenti sarebbe difficile esporre.

Don Giuseppe è un sacerdote che si mette a fare il detective, non le sembra un cliché un po’ troppo abusato, oltre al Padre Brown di Chesterton e al Don Matteo televisivo di Lux Vide, giusto per citare due esempi non da poco?

Don Giuseppe Bonetti non pensava affatto di darsi all’hobby dell’investigazione. La trama del libro ha a che fare con la perenne lotta tra il Bene e il Male, e se a capo delle forze maligne c’è Satana, nell’altro schieramento chi meglio di un bravo sacerdote, che ovviamente crede nell’esistenza del male impersonificato può vincerlo? Se neghi l’esistenza del demonio come fai a combatterlo? È uno dei problemi attuali di una parte del mondo cattolico che ritiene superati certi discorsi sui Novissimi. Don Giuseppe è costretto a indagare, insieme al suo vescovo e a un gruppo di amici, perché capisce che facendo intervenire la Magistratura si risolverebbe solo l’aspetto “immanente” della vicenda, non quello “trascendente” che alla fine è molto più importante, è il fulcro intorno al quale si gioca l’intera trama del racconto.

La presentazione e la prefazione del libro sono un biglietto da visita non da poco!

Quando ho letto la presentazione di Costanza Miriano e la prefazione di Matteo Orlando, ero contento per le bellissime parole che mi avevano dedicato ma mi sembravano esagerate negli elogi che sinceramente non merito. Poi però ho considerato non tanto i complimenti ricevuti, quanto il fatto che entrambi i miei amici, con diversa sensibilità maschile e femminile, avessero colto nel mio romanzo ciò che io volevo esprimere, e quello per me è stato un successo, essere riuscito a far capire l’obiettivo del mio lavoro, quindi mi farebbe piacere se tutti coloro che leggeranno il libro, tanti o pochi non importa, ne cogliessero il senso.

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