Luca Morisi e Mimmo Lucano: a ridosso delle elezioni, la doppia morale progressista nel suo momento più alto

Luca Morisi e Mimmo Lucano: a ridosso delle elezioni, la doppia morale progressista nel suo momento più alto

DOPPIOPESISMO E DOPPIA MORALE SONO LE VERE DIRETTRICI DEL PENSIERO PROGRESSISTA: LE SENTENZE, AD ESEMPIO, SI RISPETTANO QUANDO RIGUARDANO GLI ALTRI

Di Dalila di Dio

«Lo sciacallaggio è già partito. Non gli sembra vero di poter usare Lucano per far dimenticare Morisi». Queste parole, vergate a poche ore dalla pronuncia della sentenza nei confronti di Mimmo Lucano da Lorenzo Tosa, apostolo del pensiero unico da 487mila followers su Facebook, rappresentano plasticamente il modus operandi dei progressisti italici.

Manipolazione e sovvertimento della realtà, in scioltezza, con disinvoltura, senza tema di smentita. Perché non si tratta della faccia tosta di un singolo che la racconta a modo suo. Tosa è un ingranaggio di un sistema oliatissimo e spregiudicato, capace di fare assurgere a verità la sua versione del mondo semplicemente ripetendola ossessivamente. Così, dopo giorni passati a invadere il web con i dettagli più intimi della vita di Luca Morisi – ex social media manager della Lega di Matteo Salvini, allo stato indagato per quella che la stessa Procuratrice di Verona ha definito “una storia banale” – l’eroe delle masse Dem sancisce che gli sciacalli sono gli altri: coloro che danno atto di una sentenza che ha definito con una condanna a 13 anni e 2 mesi di reclusione il primo grado di giudizio di un processo che ha destato, giustamente, un interesse mediatico straordinario perché imperniata sulla gestione disinvolta di denaro nel fu paradiso dell’immigrazione Riace.

Per qualche oscura ragione, secondo Tosa, parlare della condanna di Mimmo Lucano sarebbe sciacallaggio. E non meglio precisati sciacalli avrebbero usato – udite, udite! – una sentenza di un Tribunale della Repubblica per far dimenticare chiacchiere, indiscrezioni, fughe di notizie e pettegolezzi sui fatti di letto di Luca Morisi degni, al contrario, della massima attenzione mediatica. Avete capito bene: dopo giorni passati a postare compulsivamente sui due ragazzi rumeni, sulla droga, sulla presunta omosessualità e sui festini a casa del braccio destro di Salvini, gli sciacalli sono gli altri.

Non è uno sciacallo Selvaggia Lucarelli che dichiara di non avere «nessuna compassione per lui» – ma chi gliel’ha chiesta? – e non lo è Ilaria Cucchi che, magnanima, gli concede il suo perdono – per cosa? – perché lei è una persona migliore di Morisi e non specula sulle disgrazie altrui (ottima tecnica, speculare dichiarando di non voler speculare!).

Non sono sciacalli neppure gli autori delle mille battutine sulla presunta omosessualità di Morisi – perché l’omofobia è una cosa brutta brutta ma a corrente alternata – o quelli come Mentana che hanno dedicato alla banale vicenda decine di articoli in poche ore.

Gli sciacalli sono coloro che raccontano che Santo Mimmo da Riace è stato condannato: di un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria non bisogna dare atto, se inviso a lor signori. E quando se ne dà atto, lo si deve fare per demolirlo. In modo sistematico, massiccio, organizzato e capillare, come solo a sinistra sanno fare.

Doppiopesismo e doppia morale sono le vere direttrici del pensiero progressista: le sentenze, ad esempio, si rispettano quando riguardano gli altri. Le condanne si festeggiano quando l’imputato è nemico (citofonare Alemanno, ex plurimis, per maggiori dettagli). Gli indagati della sponda opposta sono condannati a seguito di processo mediatico. Morisi è colpevole, le indiscrezioni sulle vicende del suo talamo lo condannano senza appello.

Per Carlo Fidanza – protagonista della super inchiesta di Fan Page, pochi minuti di montato su cento ore di girato, pubblicati, casualmente, a tre giorni dalle elezioni – può esserci solo la morte civile, oltreché politica. Ma per Mimmo no. Mimmo è amico loro. Mimmo è un uomo giusto. Mimmo ha disobbedito a una legge ingiusta – a sinistra si può! – per il bene dei reietti.

Quando il condannato è dei loro, le sentenze sgradite possono, anzi devono, essere contestate e tacciate di essere ingiuste, abnormi, sbagliate, politicizzate. Mimmo ha commesso «un reato di umanità», e qui Tosa raggiunge vette altissime. Quella nei confronti di Mimmo è una «sentenza lurida» sancisce l’affermata penalista Sabina Guzzanti. «Il vero martire è lui, ha commesso illeciti ma a fin di bene», le fa eco Maurizio Crozza. Per Il Fatto Quotidiano «Han condannato un giusto. La condanna di Mimmo Lucano a 13 anni e due mesi di reclusione non è solo accanimento feroce contro un uomo giusto, ma anche un’offesa recata allo spirito della nostra costituzione».

C’è poi chi, come la Repubblica, si lancia in paragoni assurdi per stigmatizzare la sentenza che condanna «il sindaco povero degli immigrati poveri nella Calabria povera». «È la stessa pena di Omar che a Novi Ligure ammazzò la mamma e il fratellino di Erika» sancisce il quotidiano del pensiero unico. Pazienza se Omar fu giudicato in abbreviato. Pazienza se Omar era minorenne.

Pazienza per la distrazione a fini privati dei fondi SPRAR. Pazienza per l’associazione a delinquere. Pazienza se, come riportato da Dagospia, secondo il procuratore di Locri Luigi D’Alessio – iscritto a Magistratura Democratica, non proprio un pericoloso fascista – «tutto era organizzato per favorire varie cooperative locali, creare clientele, accumulare ricchezze, beneficiare di indotti elettorali» e pazienza pure per le «abbondanti somme distratte. Soprattutto ai migranti, che erano vittime dei reati di Lucano e non certo beneficiari. Questo è il grande equivoco da cui la sinistra non riesce a liberarsi».

Pazienza pure se è lo stesso D’Alessio a dichiarare che «le vere parti offese sono gli stessi immigrati, visto che a questi ultimi sono state date le briciole dei finanziamenti elargiti dallo Stato». «Mimmo Lucano ha sempre agito seguendo il principio dell’accoglienza a tutti i costi, ha sempre e solo salvato vite, ha difeso non solo la sua, ma la nostra umanità rendendoci umanità solidale»: se lo dice Saviano, deve essere senz’altro così.

Un martire, un santo, una vittima di una giustizia ingiusta e politicizzata. Un eroe che merita «vicinanza e solidarietà» persino dal segretario del PD, Enrico Letta. Non si arretra di un millimetro. Perché arretrare significherebbe ammettere le nefandezze di un sistema di sfruttamento dell’immigrazione noto a tutti ma su cui bisogna negare, negare sempre. Anche a costo di accusare la magistratura. Quella magistratura di cui, come Palamara ha ampiamente spiegato, il sistema si serve per regolare i conti con gli avversari ma che quando sbaglia, come con Mimmo, va attaccata senza remore e richiamata all’ordine.

Democratici e custodi del garantismo a corrente alternata. Mimmo e gli altri amici sono innocenti fino al terzo grado di giudizio e oltre. Per gli altri basta il processo mediatico. Noi siamo differenti. Per noi Mimmo Lucano rimane un imputato non colpevole fino a sentenza irrevocabile, condannato ad anni 13 e mesi 2 di reclusione da un Tribunale della Repubblica. Un concetto facile, che richiede un’onestà intellettuale impensabile per Tosa e i suoi sodali.

 

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