Qualche consiglio utile per non cadere nella rete della informazione di regime

INFORMAZIONE E LIBERTÀ NEL “DRAGHISTAN”

Di Pietro Licciardi

La prima cosa che dittatori e regimi totalitari fanno appena arrivano al potere è impossessarsi dei mezzi di comunicazione per creare e mantenere il consenso delle masse manipolando le informazioni e screditando gli avversari, reali e potenziali. Hanno iniziato i rivoluzionari in Francia inondando il paese di opuscoli e libercoli, allora l’unico strumento di comunicazione disponibile, per diffondere le loro idee, creare un clima di sospetto e sfiducia nella monarchia e nella Chiesa, spianando così la strada alla successiva Rivoluzione. In Italia il Duce fu il primo a comprendere il potere di persuasione e di manipolazione del cinema e per questo fondò Cinecittà. Nella Germania nazionalsocialista invece toccò a Joseph Goebbels, lo scaltro ministro della propaganda, organizzare radio, giornali, cinema e la neonata televisione – che i nazisti inaugurarono in occasione delle Olimpiadi del 1936 – trasformandoli in una poderosa macchina da guerra.

Proprio Goebbels è stato un maestro nella manipolazione delle masse, tanto da aver probabilmente ispirato anche George Orwell, che con la sua Fattoria degli animali e ancor più 1984si è dimostrato un autentico profeta, avendo previsto non solo il potere di controllo della televisione, che essendo ormai accesa a tutte le ore, in tutte le case è ormai il filtro col quale guardiamo al mondo, ma anche il potere della manipolazione delle parole e quindi del pensiero.

La sinistra sono decenni che combatte una vera e propria guerra delle parole. Si pensi a come è riuscita a cambiare il concetto di “destra” – bieca, guerrafondaia, luogo di oscurantista oppressione – e “sinistra”– buona, pacifica, sempre dalla parte dei deboli, dei diritti e della libertà – quando è vero l’esatto contrario. Maè oggi, con il cosiddetto politicamente corretto, che forse ci stiamo appena rendendo conto di quanto siamo andati avanti nella corruzione del pensiero, che per esprimersi non può più disporre di certe parole, il cui uso è vietato e il significato stravolto o addirittura capovolto. Un esempio: provate a dire: «ieri ho salutato quel collega negro» e vedete se non venite subito fulminati come “razzisti” solo per aver usato una parola che in italiano non ha alcun significato se non quello di indicare un determinato colore ma che è stata arbitrariamente associata, forse per assonanza, al termine anglosassone nigger, quello si dispregiativo.

Non pensate di essere al sicuro dalle nefaste conseguenze di una informazione manipolata e asservita al potere, anche di certe minoranze organizzate, perché viviamo in una democrazia, sia pure sempre più virtuale. Anzi, in un certo senso la sovrabbondanza di testate giornalistiche, di emittenti televisive o radiofoniche e anche dei social come Facebook, Youtube e gli altri canali telematici rende ancora più facile creare o orientare il consenso e manipolare le coscienze.

Pensiamo a quello che stiamo vivendo in questa “pandemia” cinese, in cui siamo stati bombardati da notizie che si stanno rivelando essere quantomeno allarmistiche diffuse all’unisono da tutti i media i quali hanno ignorato o screditato le poche voci che cercavano di dare una narrazione degli eventi diversa da quella ormai divenuta “ufficiale”.

Nonostante proprio la rete, a dispetto della censura operata dai colossi della comunicazione che fanno capo a Bill Gates e Mark Zuckerberg, con il suo numero enorme di siti e blog, abbia reso possibile una informazione alternativa a quella che ormai possiamo definire di regime, sempre più spesso personaggi politici e comunicatori delle grandi testate quando si riferiscono a internet usano il termine fake news, ovvero false notizie, notizie fasulle; insinuando che solo quello che viene dalle veline di Palazzo o dalle redazioni di grossi quotidiani e tv è vero e attendibile.

Dopo questo lungo ma indispensabile preambolo è dunque importante sapere come regolarsi, specialmente in questo tempo, se si vuole essere informati e non indottrinati, conservando una indipendenza di giudizio e quindi la libertà. Perciò ecco qualche piccolo seppur non esaustivo consiglio da chi ha trascorso una vita nell’informazione.

Innanzitutto la verità ancora riesce a farsi strada, purchè si abbia il tempo e la pazienza di seguire il flusso continuo delle notizie per “pescare” e mettere in fila ciò che altrimenti andrebbe disperso. Ad esempio è leggendo i trafiletti pubblicati dalla stampa locale – in cui si dava notizia della morte di novantacinquenni o giovani allettati da anni in seguito a gravi patologie attribuendone la causa al virus – che si è capito che il conteggio del numero di morti da Covid era probabilmente esagerato.

In secondo luogo, e questo vale soprattutto per internet, mai dare credito a notizie prive di fonte, ovvero pubblicate senza specificare da dove provengono in modo che sia possibile verificare se sono state riportate nella loro interezza e cogliendone l’esatto significato.

Inoltre mai fare completo affidamento a ciò che si ascolta alla radio e alla tv. Se si tratta di un Tg il discorso del Santo Padre, durato almeno mezz’ora affrontando tre o quattro argomenti diversi è ridotto a trenta secondi magari incentrati sul solo argomento in quel momento ritenuto più “attuale”. Se invece si tratta di un programma “culturale” con ospiti in onda, spesso capita che ad essere chiamata non è la persona più preparata o veramente esperta su un certo argomento ma quella che la redazione è riuscita a reperire, talvolta all’ultimo momento. Non di rado poi le tesi proposte al pubblico sono precostituite. In tal caso si invitano tre ospiti col compito di esporre un argomento in un certo modo e un solo ospite che cerca di dissentire ma con soltanto un terzo del tempo a disposizione per illustrare la sua posizione, sempre che riesca a parlare senza essere interrotto. Guardate un qualsiasi programma che affronta, ad esempio, il tema del cambiamento climatico e costatate voi stessi.

Non è vero che per essere informati e riuscire ad avere una propria posizione su un determinato argomento è sufficiente abbuffarsi di giornali, tg o sti internet. Ascoltare diverse campane sicuramente è utile e aiuta ma solo se si ha una buona formazione culturale, tale da consentire di riconoscere e valutare i vari orientamenti ideologici e culturali dei media cui si attinge. Altrimenti potrebbe capitare di leggere un bellissimo articolo sulla democrazia popolare in un qualche sito o giornale di sinistra senza rendersi conto che per un marx-leninista, ex o post poco importa, l’unica democrazia a cui pensa non è il governo del popolo nella sua generalità – una testa un voto per intendersi – ma di una ristretta élite che interpretala volontà popolare ed è la sua avanguardia.

Per concludere l’ultimo consiglio che ci sentiamo di dare –visto dove siamo arrivati dopo venti mesi di show televisivi di “scienziati”, ministri della sanità, Presidenti del consiglio ed “esperti” vari – è questo: fate vostro l’invito del cattolico Marshall McLuhan, forse il maggiore esperto di comunicazione, che alla domanda: qual è il modo migliore di usare la televisione – a quel tempo il principale e più diffuso mezzo di comunicazione – ? rispose: spegnerla.

 

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