Ma bisogna ammettere o no che il fascismo ha fatto anche “cose buone”?
IL NOTO EDITORIALISTA ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA HA RECENTEMENTE SCRITTO SUL CORRIERE DELLA SERA (31 OTTOBRE) UN ARTICOLO SU FASCISMO E ANTIFASCISMO. PUR INTERESSANTE E ORIGINALE PER VARI ASPETTI, QUESTO PEZZO MERITA DI ESSERE RIPRESO E COMMENTATO
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Di Michele Giovanni Bontempo
Se ancor oggi, a distanza di ben cento anni dalla sua nascita, ci si chiede cosa sia stato il “fascismo”, è inconfutabile, da un lato, come si conosca ancora in modo superficiale il “Ventennio” italiano e, dall’altro, come purtroppo persista un’indubbia confusione in merito.
Di recente sull’argomento abbiamo letto sul Corriere della Sera: «Si può e si deve tranquillamente ammettere che, sì, il fascismo fece anche delle cose buone… ma che cosa vale tutto ciò di fronte all’altro lato della medaglia? Di fronte al non potere senza permesso stampare un volantino o convocare una riunione pubblica per discutere di una qualunque questione, al non poter abbonarsi a un giornale straniero di proprio gusto o organizzare un sindacato?».
È di tutta evidenza che un tal modo di ragionare non solo non fa chiarezza storica in quanto il periodo, oggetto della disamina, non viene minimamente contestualizzato, ma non conduce a nulla di costruttivo essendo noto che, tanto per semplificare, il tanto “stimato” Cavour:
- soppresse la libertà di stampa,
- espulse dal Parlamento oppositori di destra e di sinistra,
- vietò, tramite illeciti accordi con i Prefetti, che Giuseppe Garibaldi (1807-1882) venisse eletto,
- gettò persone non gradite in prigione senza nessun processo,
- non esitò a chiedere aiuto alla Polizia di Stato francese affinché operasse liberamente nel territorio del Regno nel tentativo di scovare il “rivoluzionario” Giuseppe Mazzini (1805-1872).
Infine, lo stesso Cavour affermò candidamente che «con il Parlamento si possono fare cose altrimenti impossibili sotto un regime assolutista» (fonte: Carteggi cavourriani, 29 dicembre 1860).
Già, ma nessuno, o quasi, si è mai permesso di screditare Cavour!
Benito Mussolini (1883-1945), invece, può essere infamato e condannato pur se: “ha fatto anche cose buone“. Perché?!
La risposta non può essere che una sola: è necessario continuare a nascondere od offuscare tutto quel che Mussolini “fece di buono” perché, pur a distanza di molti decenni, ancora troppi Italiani ammirano il “Duce”.
Di conseguenza, sul Corriere della Sera si legge: «che cosa valgono oggi, retrospettivamente, tutte le “cose buone” di fronte alle leggi razziali, alla decisione di allearsi con le belve per fare una guerra, di fronte alle distruzioni senza pari abbattutesi di conseguenza sulla Penisola?».
Già, le c.d. leggi “razziali” che, come hanno dimostrato, documenti alla mano, gli storici Renzo De Felice (1929-1996) ed Emilio Gentile, tendevano in un’ottica di strategica diplomatica (siamo nel 1938, a pochi mesi dal “Patto d’acciaio” firmato il 22 maggio 1939 dai ministri degli Esteri italiano Galeazzo Ciano e tedesco Joachim von Ribbentrop) ad ufficializzare un avvicinamento del Regno d’Italia alla Germania nazista e non ad un indebolimento o, peggio, ad una discriminazione della “Comunità ebraica”. Anche perché, nel Regno d’Italia, diversamente dagli altri Stati (ove gli Ebrei dimoranti erano centinaia di migliaia) non era mai esistita una “questione ebraica“, in quanto gli Ebrei erano appena 55.103 (su 40.000.000 di Italiani), dei quali 45.361 erano “Ebrei italiani”, dunque, “intoccabili“.
Né, del resto, i collaboratori di Mussolini potevano ritenersi “persone razziste” [a parte Giovanni Preziosi (1881-1945), non a caso morto suicida, in solitudine] in quanto non pochi gerarchi avevano sposato donne ebree, somale/etiopi e libiche. Lo stesso Mussolini aveva voluto nel suo governo diversi Ebrei, un caso unico al mondo: Aldo Finzi, vice-Ministro, nientemeno che dell’Interno; Guido Jung, Ministro alle Finanze dal 1932 al 1935; Maurizio Rava, Governatore della Somalia e Vice-governatore della Libia; Dante Almansi, nominato vice-Capo della Polizia ed altri numerosi esponenti politici, di minor rilievo.
Lo stesso George Mosse (1918-1999), Ebreo e noto professore presso l’Università di Gerusalemme e grande studioso del Fascismo dichiarò apertamente che «Mussolini non era per nulla razzista, diversamente da Hitler».
Senza dimenticare che il “Duce”, con l’emanazione del Regio Decreto n. 3184 intese estendere l’assicurazione per l’assegnazione della pensione, fin dal 1923, a tutti gli “stranieri” che lavoravano nel Regno d’Italia.
Una persona che nutre pensieri di “supremazia della razza” o persegue comunque forme di “razzismo” non si comporta di certo in questo modo.
Quanto alle «distruzioni senza pari abbattutesi sulla Penisola» evidenziate dal Corriere della Sera, mi chiederei, piuttosto, come mai gli anglo-americani vollero bombardare a tappeto, senza nessun plausibile motivo, intere cittadine, piccole aziende, biblioteche, uffici, Chiese, teatri, monasteri, abbazie, ville e millenari monumenti…
«Belve» i nazisti? Senza dubbio! Ma, siamo obiettivi, anche gli anglo-americani non furono proprio da meno. Finalmente, a guerra finita, tornò la tanto agognata pace; si visse quel meraviglioso periodo della ricostruzione; nacque la “democrazia” e le “cose buone” che ne derivarono.
Ma, a questo punto, una persona intimamente onesta e seriamente obiettiva non può non chiedersi: a cosa sono valse o valgono tutte le “cose buone” fatte, di fronte alla legalizzata inaudita violenza che, quotidianamente e consapevolmente, da decenni, calpesta, nella più totale impassibilità, i più elementari e sacri principi della “Dignità umana”, pur contemplata e tutelata dal vigente art. 3 della nostra Carta costituzionale repubblicana?
Viviamo tutti una quotidianità fatta di una serie lunghissima di atroci “condanne a morte“, senza processi, senza sentenze: i milioni di Innocenti eliminati con l’aborto… Sembra fantascienza, invece è tragica realtà!
Può, dunque, un sistema definirsi “democratico” quando volutamente impedisce (nonostante una furbesca legge parlamentare che lo permette) ad un essere vivente e vitale di venire alla luce e vivere la propria vita?
Il “primario diritto inviolabile dell’uomo”, riconosciuto dall’art. 2 Cost., non è forse il diritto a nascere e vivere; non è forse il diritto alla Vita? Può, un sistema, definirsi “democratico” quando proclama la “pace” (“l’Italia ripudia la guerra“: art. 11 cost.) ma, fino al 2010, si poneva al secondo posto nel mondo nel mercato delle armi? Dal 2015 l’Italia è scesa al 10° posto.
E cosa dire dello squallido fenomeno della pedopornografia (per il quale l’Italia nel 2010 si collocava al 5° posto nella classifica mondiale e soltanto nel 2019 è sceso al 7° posto), della dilagante prostituzione, dell’uso delle droghe, del turismo sessuale, dei tanti scandali in ambito politico-finanziario, dello stragismo, degli “accordi Stato-mafia“, della “terra dei fuochi” etc. Tutti “frutti” di questo sistema. Può, forse, qualcuno negare tutto ciò?