“Quando è moda è moda”, ma un tempo le riviste femminili rispettavano la natura e divulgavano il buon gusto in casa e nell’abbigliamento

“Quando è moda è moda”, ma un tempo le riviste femminili rispettavano la natura e divulgavano il buon gusto in casa e nell’abbigliamento

LO SCANDALO, CHE «COSTITUISCE UNA COLPA GRAVE SE CHI LO PROVOCA CON AZIONE O OMISSIONE INDUCE DELIBERATAMENTE ALTRI IN UNA GRAVE MANCANZA» (CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, N. 2284), PUÒ ESSERE PROVOCATO ANCHE DALLE MODE IMMORALI (N. 2286). NON SOLO QUINDI DA LEGGI INGIUSTE O ISTITUZIONI PERVERSE DERIVA UN DANNO ALL’ANIMA DELLE PERSONE E ALLA SOCIETÀ, MA ANCHE DA ABITI, PUBBLICAZIONI O SERVIZI CHE ESPONGONO IL CORPO AD «UNA CURIOSITÀ MORBOSA» (CCC, N. 2523)

Di Giuseppe Brienza

Chi ricorda il disco di Giorgio Gaber (1939-2003) Polli d’Allevamento? Di questo doppio album che risale al 1978 segnalo una traccia indimenticabile intitolata Quando è moda è moda. Nel testo il cantautore milanese se la prende con la moda insulsa che, seguendo i dettami del Politicamente corretto e della Rivoluzione sessuale, porta con sé una visione di sessualità banalizzata e mercificante.

«E anche nell’amore non riesco a conquistare la vostra leggerezza/

Non riesco neanche a improvvisare e a fare un po′ l’omosessuale»

Così Gaber cantava, tra l’altro, nel secondo tempo di Polli d’Allevamento, un album musicale (doppio) e, insieme, un’opera di grande teatro colto e d’impegno civile.

Il giudizio di questo artista che, politicamente, si definiva anarchico, denota al massimo grado la conformità della retta ragione alla morale naturale e cristiana.

Gaber, in quanto alieno dalle pastoie del conformismo e dell’ideologia progressista, è stato a suo tempo fra i primi ad intercettare, a pochi anni dal Sessantotto, la deriva della cultura e della società derivante dall’abbandono del “mistero” e della dignità propria della bellezza femminile. Una alienazione della donna conseguente al rigetto non soltanto del pudore dei sentimenti, ma anche di quello del corpo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), in questo ambito, ha individuato manifestazioni degenerative nella «esposizione del corpo umano in funzione di una curiosità morbosa in certe pubblicità» e «la sollecitazione di certi mass-media a spingersi troppo in là nella rivelazione di confidenze intime» (n. 2523).

Il pudore, lungi dall’essere una “virtù del passato”, servirebbe oggi a donne e uomini che vogliano restare liberi sottraendosi al Pensiero Unico che vorrebbe dettare un modo di vivere allineato alle suggestioni della moda e alle pressioni dell’ideologia dominante.

È naturale che il pudore possa assumere forme e stili di comportamento diversi da un’epoca all’altra e da una cultura all’altra. Certi criteri e valori di fondo, però, rimangono sempre gli stessi, non potendo, anzitutto, non essere ricondotti alla dignità spirituale propria del corpo e della sessualità umana. Reimparare il pudore e, soprattutto, riproporlo a scuola, nei media e in famiglia come valore fondamentale ai bambini e agli adolescenti, servirebbe a risvegliare in essi e in tutti noi il vero rispetto della dignità della donna e, in generale, della persona umana.

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