Il “lavoro agile” (Smart Working) e le comunità locali

UNA PROSPETTIVA OTTIMISTICA SUL “LAVORO AGILE” (SMART WORKING) DAL PUNTO DI VISTA DELLA DIFESA E VALORIZZAZIONE DELLE PICCOLE E MEDIE CITTÀ E COMUNITÀ LOCALI

Di Vincenzo Silvestrelli

L’esperienza della pandemia da Covid-19 ha fatto fare un salto di qualità nella cultura del lavoro a distanza e del “lavoro agile” (Smart Working). Il cambiamento investe non solo il luogo dove si lavora ma anche la relazione di lavoro che è caratterizzata da un orientamento ai risultati e da una maggiore autonomia organizzativa del lavoratore.

Un altro effetto di questo processo è la riduzione degli spostamenti dalle comunità locali verso i luoghi di lavoro nelle grandi città. In una realtà come quella italiana, caratterizzata dalla presenza di piccole città e borghi, il lavoro a distanza può essere sostenuto per evitare lo spopolamento della provincia, mantenere sul territorio le competenze dei giovani non costretti ad emigrare e favorire le attività commerciali.

Il lavoro a distanza e lo Smart Working possono inoltre favorire un approccio di welfare utile a sostenere il migliore rapporto fra lavoro e famiglia. La disponibilità di alloggi in proprietà, la cura dei figli all’interno dei rapporti parentali, la riduzione dei tempi di spostamento sono elementi decisivi per il benessere delle persone e la conciliazione fra vita e lavoro.

La diffusione di queste modalità organizzative, con le cautele del caso, dovrebbe cominciare dalla pubblica amministrazione, a condizione naturalmente che non siano imposte o calate dall’alto, si accompagnino ad una riqualificazione del personale e, soprattutto, ad un suo rinnovamento generazionale. Particolarmente interessante è il progetto di cui è capofila la Regione Emilia-Romagna denominato “VELA”. È spiegato così sul sito istituzionale della Regione: «L’esperienza si pone in coerenza con quanto stabilito nell’articolo 14 della legge n. 124/2015 che prevede interventi volti a favorire la conciliazione vita-lavoro del personale della PA, e risponde all’esigenza di diffondere nelle PA un nuovo modello culturale di organizzazione del lavoro più funzionale, flessibile e capace di rispondere agli indirizzi di policy e alle esigenze di innalzamento della qualità dei servizi, nonché di maggiore efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa. Una volta avviata la progettazione di modalità di lavoro agile all’interno della propria amministrazione, la Regione Emilia-Romagna ha colto l’opportunità di continuare questo percorso in forma collaborativa, così da potersi confrontare con altri enti, beneficiando dello scambio di esperienze e di know-how e permettendo allo stesso tempo la definizione di prodotti standard, potenzialmente riutilizzabili da altre amministrazioni».

Il progetto, al quale partecipano anche il Comune di Bologna e le Regioni Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Lazio, attraverso la collaborazione fra i vari enti, intenderebbe facilitare la diffusione dei modelli di Smart Working e lavoro a distanza nell’amministrazione pubblica.

Un altro aspetto interessante della ricollocazione di lavoratori nelle comunità locali è la possibilità di creare ambienti di condivisione con altre persone dell’ambiente di lavoro (co-working). Questo potrebbe realizzarsi utilizzando strutture pubbliche e private (scuole, biblioteche, musei, spazi commerciali, palazzi storici, ecc.) adeguando le strutture tecnologiche e permettendo un riuso che dia nuove funzioni agli edifici.

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