Marcello Pera, un “Presidente dei valori” (anche economici) nell’attuale dittatura politico-sanitaria

NELLA SUA ATTIVITÀ E NEI SUOI INTERVENTI DA PRESIDENTE DEL SENATO ABBIAMO ASCOLTATO DA MARCELLO PERA LE ULTIME VISIONI CONCRETE E SOLUZIONI CONVINCENTI AL DECLINO DELL’OCCIDENTE. RISPETTOSO DEI VALORI CRISTIANI, DA “ATEO DEVOTO” HA INTESSUTO UN DIALOGO APERTO E FECONDO CON BENEDETTO XVI. ED A CHI CHIEDE CONTO DELLA SUA ETÀ RISPONDIAMO CHE, TRANNE DRAGHI (CHE NON È UN POLITICO), PERA CON I SUOI 78 ANNI È IL PIÙ GIOVANE DI TUTTI I “QUIRINABILI”, DA BERLUSCONI (CLASSE 1936) AD AMATO (1938) A PRODI (1939)

Di Giuseppe Brienza

Con Paola Severino siamo arrivati alla squadra di calcio: undici candidati “quotati” per la presidenza della Repubblica. Oltre a Mario Draghi e Silvio Berlusconi, che sono i due più alti nei sondaggi che registrano le preferenze degli Italiani, la squadra si completa con il gruppo dei “sempreverdi” come Giuliano Amato, Romano Prodi e Pierferdinando Casini, quello dei “popolari euroentusiasti” come Dario Franceschini e Paolo Gentiloni e, infine, quello degli “outsider”, ovvero Marta Cartabia, Elisabetta Casellati e Marcello Pera.

Senza dovermi soffermare sui nomi sopra elencati, sui quali sono state già spese parole di critica su queste colonne digitali, e non ritenendo personalmente convincente la candidatura di Silvio Berlusconi (per dire solo tre motivi, a causa della sua adesione acritica all’attuale UE, della difficile possibilità per lui di poter onorare tutto l’orizzonte temporale del settennato e, infine, per la posizione di fatto assunta dal leader di Forza Italia in favore dell’obbligo vaccinale che, quindi, lo renderebbe incapace di favorire la necessaria riconciliazione sociale fra i cittadini), spendo alcune considerazioni per sostenere come prossimo presidente della Repubblica del prof. Marcello Pera.

L’ex presidente del Senato (2001-2006), infatti, rappresenterebbe in un contesto di strisciante dittatura politico-sanitaria come l’attuale, un garante ed un punto di riferimento per tutti quei cittadini che, a fronte del progressivo disgregarsi della società e della politica italiana, intendono riconquistare le libertà perdute, da quelle personali riconosciute dalla Costituzione a quelle economiche da lui sostenute in quanto vero liberale non liberista né individualista.

Sono di questi giorni, per esempio, i dati della Cgia di Mestre che, dall’inizio dello “stato d’emergenza nazionale” da Covid-19, ovvero dal gennaio 2020 ad oggi, fotografano un vero e proprio massacro economico del nostro Paese. Negli ultimi 20 mesi, infatti, ben 327 mila unità tra lavoratori autonomi e partite IVA sono stati costretti ad abbandonare le loro attività a causa della “gestione emergenziale” e, diciamolo pure, centralistico-autoritaria, della crisi.

Da presidente della Repubblica riteniamo che Marcello Pera potrebbe favorire la rinascita delle piccole e medie imprese e, fra queste, delle aziende familiari e degli esercenti schiacciati da ristori inadeguati, impendendo chiusure imposte per decreto a tutto vantaggio delle multinazionali e del commercio online.

Con un filosofo liberale colto e tutt’altro che materialista, si potrebbe anche cercare di superare la degenerazione della comunicazione politica cui stiamo assistendo, ridotta a social, meme e selfie, provando a “ripartire” dal fondamento delle questioni, al fine di analizzare e risolvere razionalmente ed in una maniera complessa i problemi che affliggono non solo l’Italia ma anche l’Europa. Fra questi il tema dell’immigrazione, senza chiusure ma avendo chiaro, come dichiarato dallo stesso Pera in più occasioni, che l’islam «è contrario alla civiltà europea. Stiamo alzando le mani per paura e siccome ne abbiamo un po’ vergogna e conserviamo un po’ di pudore, ribattezziamo questa resa con belle parole: dialogo, tolleranza, fraternità».

Avviato alla politica dal filosofo comunista “eterodosso” che divenne liberale Lucio Colletti (1924-2001), quando trasmigrò nel 1994 con altri intellettuali ed economisti di grande livello nel neonato partito di fondato da Berlusconi, Pera cominciò una fase di fecondo dialogo e avvicinamento politico con il mondo cattolico. Convinto che le libertà civili, economiche e politiche, lungi dall’essere fondate sulla relatività delle nostre conoscenze, debbano ricondursi invece alla dignità intrinseca della persona umana, l’allora senatore di Forza Italia ha sostenuto l’errore di fondo di fare del relativismo culturale il fondamento della società liberale.

In un suo interessante intervento al Seminario di Gubbio del 10 settembre 2005, Pera spiegò che per affrontare seriamente la “sfida della modernità” occorre da parte dell’Occidente riconquistare identità e consapevolezza di sé, tanto più adesso che la Cancel Culture (ideologia della cancellazione ideologica del passato) e l’insipienza degli Stati Uniti di Joe Biden stanno aumentando nei popoli il conformismo e la sudditanza al Politicamente corretto.

Rivolgendosi soprattutto ad uno schieramento di cittadini che va al di là del centro-destra cui appartiene, il pensiero dell’ex presidente del Senato aiuterebbe a colmare non solo la frattura creata dai cittadini dal terrorismo mediatico e dall’infodemia, ma anche quella atavica fra credenti e non credenti. Non mettendo in discussione lo Stato laico, perché come da lui stesso affermato a Gubbio, «nessuno lo mette in discussione, se non gli stessi laicisti che vogliono ingabbiarlo nella loro ideologia laicista». Né tanto meno la separazione religione-politica o morale-diritto, «che i liberali hanno conquistato da secoli e che è ancora una conquista da tutelare, soprattutto a fronte delle teocrazie islamiche».

In un momento in cui sono in gioco sfide cruciali per la nostra identità e per la stessa sopravvivenza dell’Occidente, una presidenza Pera costituirebbe l’opportunità storica per recuperare tutti insieme – sono sempre sue parole pronunciate al Seminario di Gubbio – «quei valori che fanno parte integrante, fondante, e identitaria, della nostra tradizione cristiana, sono ancora validi per noi, li dobbiamo ancora coltivare, dobbiamo cercare di collocarli nel miglior compromesso possibile con altri valori».

Per l’uomo politico e filosofo toscano, questa riscoperta passerebbe per il conservatorismo che, lungi dall’essere una “parolaccia”, rappresenta a suo avviso una «dottrina che, in politica, porta alle liberalizzazioni, alla sussidiarietà, alla competizione, al libero mercato, alla libertà di ricerca, alla riduzione della pressione fiscale, allo Stato non invasivo, eccetera».

In un altro importante discorso tenuto all’Università di Yale il 19 settembre 2005, rivolgendosi principalmente agli uomini di cultura e politici europei, da presidente del Senato Pera ha ricordato coraggiosamente i danni di «quel relativismo che ritengo essere il fattore culturale principale della crisi dell’Europa».

Il tanto sbandierato pluralismo culturale parte dal riconoscimento di un fatto, e cioè che gli stili di vita e le concezioni del bene nelle attuali società multietniche sono molte e possono essere incompatibili fra loro. Il problema da risolvere, secondo Pera, è quindi «come combinare questo fatto, che riguarda singoli individui o gruppi, con il valore dell’identità e della stabilità, che riguarda tutta la società, nazionale o, in linea di principio, umana. In particolare, soprattutto oggi che viviamo un’epoca di radicalismo, fanatismo e terrorismo, la domanda più urgente è: che cosa fare quando il pluralismo dei valori genera conflitti e i conflitti fra valori si trasformano in scontri fra culture? La cultura europea non sembra in grado di dare una risposta soddisfacente a questa domanda».

Il problema, perciò, consiste oggi nel cercare il modo, se non per evitare, almeno per ridurre, questi conflitti, sì che le perdite morali che essi necessariamente comportano siano le minori possibili. E la diagnosi con cui l’ex presidente del Senato ha concluso la sua “lezione” di Yale è, a questo proposito, illuminante: «In Europa oggi il relativismo ha indebolito la tradizione critica liberale e la secolarizzazione ha indebolito la tradizione religiosa. Chi ama l’Europa e considera l’unificazione politica europea una grande occasione storica dovrebbe rifiutare questo stato di cose. E chi è stato educato ai princìpi liberali ed è imbevuto dei valori giudaico-cristiani dovrebbe sforzarsi per superarlo. Per superare la crisi dell’Europa c’è bisogno di una revisione del liberalismo e di una rinascita dei valori religiosi. Questa è la mia opinione».

Nella sua attività e nei suoi interventi da Presidente del Senato abbiamo visto e ascoltato da Marcello Pera le ultimi visioni concrete e soluzioni convincenti alla crisi dell’Occidente provenienti da un politico italiano. A chi chiede conto della sua età rispondiamo che il prof. Pera è il più giovane dei “quirinabili” di cui attualmente più si parla (escludendo Mario Draghi perché non è un politico). I suoi 78 anni, infatti, vanno confrontati con un Berlusconi classe 1936, Amato 1938 e Prodi 1939.

Dopo il terzo scrutinio a partire dal quale è sufficiente per l’elezione a Capo dello Stato della maggioranza assoluta (cioè il 50 per cento più uno), Marcello Pera potrebbe essere a mio avviso quel “Presidente dei valori” (anche economici) in grado di invertire la rotta dell’attuale dittatura politico-sanitaria.

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sì, ma non lo diciamo troppo in giro, altrimenti lo “ustionano”.