Un’infermiera racconta la ‘società alternativa’ dei sospesi dal lavoro

Di Emanuela Maccarrone

LA DISCRIMINAZIONE DI COLORO CHE SONO STATI RIMOSSI DAL LAVORO PER AVER RIFIUTATO IL VACCINO

In un recente articolo scritto per il giornalista Aldo Maria Valli, l’infermiera Rita descrive la quotidianità dei non vaccinati sospesi dal lavoro per aver rifiutato di immunizzarsi.

Innanzitutto, l’operatrice sanitaria ha lamentato una totale dimenticanza nei loro confronti forse perché, come ha scritto l’autrice, aleggia il senso di colpa nei loro confronti per il torto inflitto.

“Che facciamo tutto il giorno noi a cui è impedito per legge di essere quel che siamo, cioè professionisti sanitari, talora con decenni di esperienza, gli ex eroi, per intenderci? Ve lo siete mai chiesto? Molti hanno pagato molto cara la loro scelta, perché amici e familiari gli hanno voltato le spalle. Tutti però hanno trovato amici nuovi, con cui è un attimo intendersi a perfezione, con cui si è creata subito un’intesa profonda”.

Nelle difficoltà e nei disagi causati da un sistema coercitivo che ricatta i cittadini in cambio del godimento delle libertà, Rita ha descritto la nascita di una ‘società alternativa’. Una società che è improntata sulla solidarietà reciproca di scambio di beni e di servizi, in base alle disponibilità e alle esigenze di ognuno.

“Molti non sono più disposti a tornare al vecchio modo di vivere e questa è stata l’occasione di dare una svolta, soprattutto qualitativa, alla propria vita (…). Stanno sorgendo scuole parentali e luoghi alternativi di socialità. Stiamo scoprendo risorse che pensavamo di non avere (…). Sta sorgendo una società alternativa e forse è questo che fa tanta paura”.

Questo cambio di vita è stato il terreno fertile per scoprire la fede in Dio. Rita ha dichiarato che  tutti hanno la netta percezione che questa sia una battaglia tra bene e male e che il male sia in azione. “Anche i più dichiaratamente atei, li puoi sentire dire convintamente: ‘siamo nelle mani di Dio’”.

In questo marasma istituzionale, Rita e i colleghi si sono anche domandati dove sono finiti i fedeli, poiché non capiscono “come possano schierarsi col potere e abbandonare i poveri, gli umili, coloro che soffrono”, mentre proprio in questo momento è fondamentale il conforto della fede.

Nonostante le ingiustizie, i ‘sospesi’ considerano questo momento un ‘tempo di grazia’, per il quale nulla sarà come prima e si finirà anche per ringraziare i persecutori per aver favorito, indirettamente, “l’occasione di dare una svolta, soprattutto qualitativa, alla propria vita”. 

La lettera si conclude citando Efesini 6, 12: “la nostra battaglia non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male”.

La testimonianza di Rita può far riflettere su un punto importante: Dio trae il bene dal male! Le difficoltà del momento possono essere l’occasione utile a Dio, per avvicinarci a Lui e farci riscoprire i valori veri.

“Sant’Agostino ci ricorda: Dio Onnipotente, essendo supremamente buono, non permetterebbe mai che un qualsiasi  male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene” ( San Giovanni Paolo II, Udienza generale del 24 marzo 1999).

Ovviamente non si possono tollerare o giustificare le ingiustizie, ma è fondamentale ricordare che il male è sottomesso a Dio e nel momento in cui Lui valuterà di aver raggiunto i suoi scopi di bene, sarà Dio stesso a porre fine al male…

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