La crisi dei 40 anni: perdersi o ritrovarsi?

a cura di Angelica La Rosa

IL RACCONTO DI UN CAMMINO DI FEDE UNICO, CERTO MA, IN FONDO, COSÌ COMUNE

Rileggendo il Diario di Elena (Edizioni Ancora, Roma 2016, pp. 168) di Stefania Perna ci troviamo davanti ad un libro che colpisce: a partire dall’ immagine di copertina, un ponte tibetano ed una donna che tenta di attraversarlo, guidata dai consigli di una guida che l’aspetta all’altro capo del ponte.

Un simbolismo potente, per raffigurare visivamente la crisi dei 40 anni, di ogni essere umano che attraversi l’età dei bilanci, vivendo la tentazione di perdersi. O di ritrovarsi in modo più pieno, come suggerisce il sottotitolo: “quarant’anni: perdersi o ritrovarsi?

Infatti, come si legge in una delle ultime pagine del diario, che riportano una riflessione del religioso Carlo Carretto (1910-1988), “i 40 anni, sono una grande data liturgica della vita, data biblica, data del demonio meridiano, data della seconda giovinezza, data seria dell’uomo. E’ la data in cui Dio ha deciso di mettere con le spalle al muro l’uomo che gli è sfuggito fino ad ora, dietro la cortina fumogena del mezzo si e mezzo no.. Preghiera, rapporti umani, attività, apostolato, tutto è inquinato: è l’ora della resa dei conti e questi sono molto magri. L’uomo scopre ciò che è: una povera cosa, un essere fragile, debole, un insieme di orgoglio e meschinità, un incostante, un pigro, un illogico”.

Stefania Perna ha iniziato il cammino editoriale con la pubblicazione di 50 preghiere per cercatori di speranza (edizioni Effatà), un testo che raccoglie i dubbi, le gioie, le ferite che attraversano la vita ordinaria e che l’autrice riscrive restituendola al lettore sotto forma di preghiera.

Nel 2016 pubblica Strada facendo. Tutti sogni o tutti segni? (Edizioni Cantagalli), un testo che riflette sulla condizione peregrinante dell’uomo, proteso verso una meta e alla ricerca della strada giusta da percorrere.

Nel Diario di Elena non è difficile rintracciare quel filone introspettivo maturato in questi anni dall’autrice. «In queste pagine – spiega –, forse molti potranno riconoscere i loro problemi e magari trovare un piccolo aiuto per camminare verso le risposte, ben sapendo che, per definizione, la fede è un cammino».

E dunque non si giunge mai a risposte del tutto complete o definitive, ma a piccole luci che illuminano hic et nunc e, come le immagini di Montale, inevitabilmente portano scritto sopra: “più in là”.

Nelle pagine, tuttavia, emerge anche una particolare descrizione dell’altra faccia della relazione uomo-donna: il tentativo di costruzione, la fatica, l’incomprensione, il sacrificio, per l’edificazione di qualcosa di più maturo ed elevato di una passione passeggera, che trascende la coppia e la rinnova, anche dolorosamente.

Molto simile è il rapporto uomo-Dio: l’incontro e l’entusiasmo iniziale, seguiti dalla riflessione, dal senso di perdita e di buio, che, nel caso di una fede perseverante, possono dar luogo alla maturazione di questo rapporto.

Uno spaccato di questa dinamica emerge nel” diario di Elena” , libro che riporta in auge un genere letterario – il diario spirituale – che ha fatto la fortuna di vari mistici (due su tutti, santa Teresa di Lisieux e santa Faustina Kowalska).

Il Diario di Elena, come lascia intendere l’autrice nel prologo, potrebbe essere considerato il racconto «di un cammino di fede, unico, certo, ma in fondo, così comune; perché il cuore umano presenta sempre gli stessi problemi, anche se ognuno di noi crede di viverli in modo particolare e diverso da tutti gli altri».

Giorno per giorno, settimana per settimana la protagonista si pone dinnanzi ad una sfida e ad un bivio, nella scelta tra se stessa e Dio.

Mentre la vita quotidiana scorre apparentemente sempre uguale a se stessa, con i suoi riti e le sue difficoltà puramente umane, il cuore e il pensiero si inoltrano in percorsi assai meno prevedibili, intraprendendo un’avventura straordinaria, simile a quella di un esploratore, esposto ogni giorno sia a rischi, che ad opportunità e a scoperte meravigliose.

Il Diario di Elena è un libro non molto corposo ma, a mio avviso, molto efficace perché tenta di gettare una “torcia” nella profondità di una miniera tanto oscura, quella dell’animo umano, ricca di tesori sconosciuti.

La Perna mette in campo la sua sensibilità e cultura così che ogni riga è intrisa di due fattori: 1) una trama semplice, come può esserlo la vita quotidiana di una quarantenne con famiglia e lavoro, alle prese con gli innumerevoli aspetti e le mille contraddizioni della propria esistenza, 2) una narrazione avvolgente.

Lo stile è semplice, e i temi proposti dall’autrice prendono le distanze da qualsiasi tipo di retorica o romanticismo spirituale. Nel Diario di Elena si fa strada, piuttosto, il desiderio di stare vicino a chi, nella quotidianità vive gli affanni e le contraddizioni del nostro tempo.

Si tratta – spiega la Perna – di «semplici pagine da leggere lentamente, perché è così che sono nate, da un lungo lavorio interiore e soprattutto da qualche luce di Grazia, che Dio concede a chiunque lo cerchi con cuore sincero e impegno di vita».

«Raggiunto un obiettivo – racconta Elena –, subito sorge un problema e non c’è neanche il tempo di assaporare una gioia, che già si profila una nuova difficoltà; e così alla veneranda età di 42 anni, eccomi come un’adolescente a cercare sfogo nello scrivere un diario, e nel pregare».

Da un lato la presenza abbondante di citazioni, che l’autrice attinge dalle Scritture, come dai Santi e da tanti autori classici, moderni e contemporanei che punteggiano le vicende della protagonista dando profondità alle sue riflessioni; dall’altro un respiro decisamente femminile, fatto di sentimenti che esplodono come fuochi d’artificio, avvolti i fascino e di momenti di intenso dialogo con Dio.

Certo: bisogna calarsi in questa visione femminile della vita, un esercizio semplice per una lettrice, e molto istruttivo per un uomo. Per aiutarlo a capire meglio il mondo interiore femminile.

Come si legge nella prefazione, si tratta di «un libro scritto da una donna e per le donne, ma queste, se sono furbe, lo regaleranno ai loro mariti: perché non è vero che gli uomini odiano le donne, ma è vero che non le capiscono e forse, se si affacciano almeno un poco alla loro interiorità, impareranno ad amarle pur con tutte le loro (apparenti) contraddizioni».

Indubbiamente attingere dalle piccole cose della vita quotidiana per farle diventare oggetto di orazione, di introspezione, di continua verifica della propria fede, costituisce un approccio interessante per il lettore che vuole mettersi in dialogo con Dio attraverso se stesso.

Leggendo le pagine, ci si addentra in un fitto intrecciarsi di fatti quotidiani, apparentemente estratti dalla banalità quotidiana che invece è dramma e più ancora vita (dalla cena tra colleghi, ad una morte improvvisa, dallo stare in spiaggia con bambini capricciosi, al cambio di stagione o alla festa di compleanno) ai quali si alternano parti più meditative e liriche: se in prima battuta il lettore potrebbe sentirsi confuso e non comprende bene se sta leggendo una storia, un saggio di spiritualità, un testo di preghiere o che altro genere di libro, in realtà qui sta la ricchezza del testo.

Il libro infatti fornisce tanti spunti, e racconta pur non essendo a rigore un romanzo con una sua trama narrativa, come peraltro è la vita di ognuno di noi. La storia racconta tante vicende quotidiane in cui tutti possono ritrovarsi, ma, come è proprio della quotidianità, si aprono molte storie e spesso non si vede la fine di nessuna.

«Sentivo in me – spiega Elena – un gran desiderio di credere in qualcosa o in Qualcuno di superiore; davanti alla monotonia della vita quotidiana, alle brutte notizie della cronaca, alle delusioni che si possono sperimentare anche nei sentimenti più belli e comunque limitati, per il semplice fatto di essere legati ad esseri umani che hanno limiti e difetti… come non desiderare qualcosa “aldilà”, di più perfetto, di davvero appagante, di infinito ed eterno?».

Il diario spirituale non è un genere nuovo, tuttavia è un dato originale la sua stesura da parte di un laico.

La protagonista sta vivendo la propria conversione e, a poco a poco, comprende che questo passaggio non si identifica con un momento specifico della propria vita ma è più simile a una conquista da realizzarsi giorno per giorno, attraverso sfide spirituali ma anche molto pratiche: quale tipo preghiera scegliere, come e con chi svolgere la direzione spirituale, ecc.

La costante del testo è una fede che non nasce dalla certezza, né dalla forza ma dal dubbio e dalla fragilità di una donna ben calata nello spirito del suo tempo, con tutte le problematiche che questo comporta.

Un’anima che vuole essere “nel mondo ma non del mondo”, la cui fede progredisce in modo direttamente proporzionale alla consapevolezza della gratuità dell’amore misericordioso del padre.

Come nei precedenti, già citati, volumi, Stefania Perna corrobora la sua opera con numerose citazioni, che, in questa sede, prendono forma in un contesto nuovo: da don Luigi Giussani a Massimo Gramellini, da Oscar Wilde a Papa Francesco. Ogni grande personaggio, laico o cattolico che sia può diventare un compagno di strada per l’avventura più avvincente: quella dell’anima. Ed infatti nella quarta di copertina, si definisce il libro «un diario, una meditazione, una storia, una conversione, un percorso interiore […]. Ogni lettore troverà la sua definizione, ma solo dopo aver seguito pagina dopo pagina, l’avventura spirituale dell’autrice alle prese con il superamento del ponte tibetano dei 40 anni: bilanci o slanci? paura di cadere o voglia di volare? perdersi o ritrovarsi?».

Il testo può quindi aiutare molte persone, soprattutto (ma non solo) donne, a fare luce dentro di sé e a trovare nel quotidiano quel filo che conduce ad una maggiore intimità con Dio.

Lo si potrebbe definire anche una “lettura spirituale” che porta nel cuore molta legna per incendiare d’amore verso Dio.

L’autrice, nelle ultime pagine, stende un Te Deum di fine anno ripensando a quello che ha vissuto/capito nei mesi, chiedendosi se esista una situazione di vita migliore delle altre, un cammino spirituale migliore di tutti e rivolgendo a Dio una domanda: “Dove vuoi che mi diriga?”. E conclude immaginando che Lui risponda così: “Se esistesse un cammino perfetto
In cui nulla manca, Non ci sarebbe per Me, posto, come quella notte. E invece più una realtà è povera. Più può brillare la Mia presenza in essa“.

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