I morti sono usati come strumento di propaganda per la info-war

I morti sono usati come strumento di propaganda per la info-war

di Diego Torre

BUCHA INORRIDISCE MA NON SORPRENDE

Le fosse comuni ci inorridiscono, ma non sorprendono gli osservatori meno superficiali. Non esiste oggi guerra in cui non avvengano, prima o poi, crimini di guerra. Chi è responsabile degli orrori di Bucha? I russi come dicono gli ucraini o gli ucraini stessi come dicono i russi; nessuna risposta può stupire. Non sorprende che alcuni russi possano commettere azioni orrende; hanno in materia una certa tradizione da mantenere; ma gli ucraini, non dimentichiamolo, hanno con loro una comune matrice di cultura militare; quella sovietica. Entrambi infine appartengono al genere umano, facile all’odio e alla crudeltà, il quale in guerra produce il peggio di sé. 

Non sorprende poi che i morti vengano usati come strumento di propaganda per condurre la guerra della comunicazione, utile per determinare svolte politiche e nel caso nostro determinare sanzioni. A proposito di Bucha, Toni Capuozzo, che di guerre se ne intende, sottolinea alcune stranezze: il ritrovamento dei cadaveri dopo 4 giorni dalla ritirata russa, l’assenza di sangue accanto ai corpi abbandonati per strada….  Prudenza sulla matrice dell’eccidio ha espresso anche Franco Gabrielli, già capo della Polizia di Stato e oggi sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega alla sicurezza. Lo stesso Pentagono, che pure continua ad armare l’esercito ucraino, il 4 aprile ha detto di non poter “confermare in modo indipendente” le denunce ucraine.

Non volendo credere per fede ad alcuna versione di parte, possiamo solo constatare come l’orrore sia stato rimarcato prontamente da Biden che così commenta le nuove decisioni dell’ONU: “E’ un significativo passo da parte della comunità internazionale per dimostrare ulteriormente come la guerra di Putin abbia reso la Russia un paria internazionale….le forze russe stanno commettendo crimini di guerra. Le immagini di Bucha e di altre aree dell’Ucraina sono orribili”;  e chiede di processare Putin. Non gli pare vero di criminalizzare ed umiliare la Russia! Eppure è l’unico mediatore che avrebbe la forza di far sedere i contendenti al tavolo della pace. Ma pare che questo non gli interessi affatto. Certamente gli interessa risalire nei sondaggi in vista delle elezioni del midterm.

Aumenta così il fossato fra Russia e buona parte d’Europa e si allontanano le speranza di pace. Aumentano le sanzioni che già impoveriscono Russia ed Europa ma sfioreranno soltanto gli USA, vincolando sempre più il nostro continente all’alleato americano, in termini politici, militari ed economici e inoltre spingono la Russia fra le braccia dei suoi amici asiatici. Si infrange forse definitivamente quella integrazione economica fra l’orso russo e la vecchia signora europea, già avviata, che poteva realizzare il sogno della “vocazione dell’Europa alla fraternità e alla solidarietà di tutti i popoli che la compongono dall’Atlantico agli Urali” (Giovanni Paolo II, 5.10.1982).

Ma, tornando ai morti di Bucha, vogliamo ricordare la disfida di Barletta del 1502, programmata durante un banchetto fra cavalieri in guerra fra loro, che vide opporre 13 cavalieri a 13 cavalieri; spade a spade; per l’onore. Erano gli ultimi barlumi del medioevo cavalleresco che ancora illuminavano gli scenari di guerra e che mantenevano il tutto in una dimensione “umana”. La guerra allora si faceva dalla primavera all’autunno e le popolazioni civili erano protette dalla scomunica della Chiesa (che scioglieva i sottoposti da ogni obbligo di fedeltà al loro signore inosservante). E poi vi era la tregua Dei, che obbligava “a sospendere l’uso delle armi in occasione di numerose ricorrenze del calendario liturgico, nonché durante certi giorni della settimana…In memoria del ciclo della Passione e della Risurrezione del Cristo non è permesso battersi dal giovedì alla domenica, ovvero dalla sera del mercoledì al mattino del lunedì. Inoltre, è proibito il ricorso alle armi durante i periodi dell’Avvento e della Quaresima, di Pasqua, dell’Ascensione, della Pentecoste e nei giorni consacrati alla Vergine e a certi santi” (J.P. Moisset, Storia del cattolicesimo). Tali indicazioni non sempre venivano rispettate, ma esse facevano “cultura”, “civiltà” e lasciavano la guerra agli addetti ai lavori, marginalizzandola.

Ma quello era il buio medioevo, un età condannata dall’illuminismo in poi, il cui eroe era il cavaliere, parola che ancora oggi è ricolma di alti significati morali. Era il tempo in cui, per usare un’espressione di papa Leone XIII, “la filosofia del Vangelo governava la società: allora la forza della sapienza cristiana e lo spirito divino erano penetrati nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in ogni ordine e settore dello Stato, quando la religione fondata da Gesù Cristo, collocata stabilmente a livello di dignità che le competeva, ovunque prosperava, col favore dei Principi e sotto la legittima tutela dei magistrati; quando sacerdozio e impero procedevano concordi e li univa un fausto vincolo di amichevoli e scambievoli servigi.” Altri tempi, altra civiltà, altra Europa.

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