La comunità politica: cosa dice la Bibbia

La comunità politica: cosa dice la Bibbia

di Don Gian Maria Comolli*

LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA È ANCHE PROGETTO PER RIFORMARE LA SOCIETÀ: IL RUOLO DELLA COMUNITÀ POLITICA

La Bibbia illustra per la prima volta la tematica della politica nel momento in cui il popolo di Israele chiede esplicitamente di essere governato da un re. Afferma in proposito il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (2 aprile 2004): «il popolo di Israele, nella fase iniziale della sua storia, non ha re, come gli altri popoli, perché riconosce soltanto la signoria di Jahve. È Dio che interviene nella storia attraverso uomini carismatici, come testimonia il Libro dei Giudici. All’ultimo di questi uomini, Samuele, profeta e giudice, il popolo chiederà un re» (n. 377).

Dunque Samuele, l’ultimo dei giudici d’Israele e il primo dei profeti, attorno al 980 a. C. unse Saul, un beniamita, come primo re di Israele (cfr. 1 Sam. 10,1-8). Ma Saul sarà un sovrano empio e infedele a Dio che gli annunciò, tramite Samuele, che lo avrebbe deposto. A lui subentrò Davide, che nonostante il ragguardevole governo, si innamorerà di Betsabea, moglie di un suo luogotenente, commettendo peccato. Alcuni dei re d’Israele furono sapienti e ponderati, altri empi, inadeguati e maldestri, trascinando il popolo in enormi sventure: dalle guerre alle deportazioni in esilio. Ma, nonostante queste vicissitudini, notiamo profilarsi in filigrana la figura del Messia, infatti “negli oracoli messianici è attesa, per il tempo escatologico, la figura di un re abitato dallo Spirito del Signore, pieno di sapienza e in grado di rendere giustizia ai poveri”. E, ciò si realizzerà in Gesù Cristo, come Lui stesso proclamò nella sinagoga di Nazaret (cfr. Lc. 4,18-19).

Gesù di Nazaret rifiutò il messianismo politico. Ciò fu esplicitamente ribadito dal Cristo nel colloquio con Ponzio Pilato che sostenne nelle ore della passione (cfr. Gv. 18,33-39). Il governatore romano rivolse al Messia due interrogativi: uno relativo alla veridicità della sua regalità e l’altro inerente alla tipologia. Alla prima domanda rispose affermativamente; alla seconda replicò: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei, ma il mio regno non è di quaggiù” (Gv.18,36).

Ebbene, si proclama re, puntualizzando che il Regno di Dio è già presente nel mondo, cioè sulla terra, smentendo la convinzione di molti che lo confinano oltre il presente e la storia. Poi, esclude ogni contaminazione del Suo Regno con la potenza, il dominio e il prestigio: caratteristiche dei governanti di tutti i tempi.

Inoltre, Gesù, nel suo ministero pubblico non contestò mai l’autorità del suo tempo. Emblematica fu la diatriba relativa al tributo (cfr. Mt. 22,17-21) sorta a seguito di un ambiguo interrogativo dei farisei e degli erodiani: “Dicci il tuo parere. È lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Il Cristo adotta una singolare modalità di risposta. Esige una moneta e dichiara: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare“, rammentando la lealtà nei riguardi dello Stato. Usufruendo di alcune prestazioni organizzate e gestite dallo Stato, forse non sempre con forme efficienti, il cittadino ha il dovere dell’onestà nei riguardi delle Istituzioni contribuendo alla retribuzione di ciò che è erogato; quindi è retto e doveroso il tributo a Cesare. Ma, il Signore Gesù, indica anche un altro passaggio: Date a Dio quello che è di Dio”.

Con questa affermazione il Maestro rammenta una verità imprescindibile. Quando Dio è centrale nella nazione, i doveri societari assumono la corretta misura e proporzione.  Estromesso l’Assoluto, come ammoniva lo scrittore e filosofo russo Fëdor Dostoevskij, tutto è legittimo; nessun dovere è obbligatorio e nessun diritto è garantito. Questa osservazione del Cristo è ricca anche di contenuti antropologici non menzionando unicamente la distinzione tra la sfera di autorità di Cesare e quella di Dio, tra l’ambito politico e quello religioso, ma rammentando che esclusivamente Dio può esigere tutto dall’uomo.

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*sacerdote ambrosiano, collaboratore dell’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano e segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia. Cura il blogwww.gianmariacomolli.it.

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