Marine Le Pen convince in TV: basta svendita degli interessi nazionali e interferenza dei banchieri in Francia!

di Giuseppe Brienza

IL DIBATTITO TELEVISIVO FINALE PRIMA DEL BALLOTTAGGIO ALLE PRESIDENZIALI FRA EMMANUEL MACRON E MARINE LE PEN HA VISTO L’AFFERMAZIONE DELLA CANDIDATA DELLA DESTRA FRANCESE. A DIFFERENZA CHE NEL 2017, INFATTI, LA LEADER DEL RASSEMBLEMENT NATIONAL HA AVUTO BUON GIOCO NEL DENUNCIARE L’ASSERVIMENTO E LA DITTATURA DEL PAESE, AGGRAVATI DURANTE GLI ULTIMI DUE ANNI DI PANDEMIA

Ieri sera è andato in onda sul primo canale televisivo francese per ascolti, Télévision française 1 (TF1), l’atteso (e ultimo) confronto televisivo fra Emmanuel Macron e la sfidante alle presidenziali Marine Le Pen. Come noto, i due candidati si confronteranno al ballottaggio che si terrà questa domenica per la conquista dell’Eliseo.

Favorito e appoggiato dall’establishment nazionale e internazionale, l’attuale presidente liberal-progressista della Repubblica, di professione banchiere e membro del Parti Socialiste fino al 2009. Al primo turno del 10 aprile Macron è stato votato da quasi 10 milioni di francesi (il 27,8% dei suffragi validamente espressi) ma, affatto male, è andata la leader del Rassemblement National (RN), che ha raccolto 8 milioni e centomila voti, pari al 23,1%.

Ma chi ha vinto la grande sfida televisiva (quasi tre ore di trasmissione) di ieri sera? Alle precedenti elezioni presidenziali del 2017, che hanno visto gli stessi protagonisti, tutti (o quasi) i commentatori avevano giudicato poco favorevole la “prestazione televisiva” della Le Pen, ciò che ha contribuito alla sua sonora sconfitta, subìta sempre al ballottaggio (33,90% all’allora presidente del Front National contro il 66,1% all’attuale Capo dell’Eliseo).

A differenza di quanto sostenuto oggi sui giornali italiani (con la significativa e sorprendente eccezione dell’opinione pro-Le Pen di Giuliano Ferrara) e ieri sera su tutti i canali televisivi, pubblici e privati, sui quali ha imperversato come commentatrice la giornalista RAI Giovanna Botteri, notoriamente di sinistra, la candidata della Destra questa volta l’avrebbe spuntata su Macron.

Vero è che l’esponente storica della destra nazionalista non ha convinto gli elettori “storici” del RN, per non parlare di quelli cattolici, rimasti delusi da un confronto che si è concentrato quasi esclusivamente sui temi economici e di politica estera, tralasciando quelli identitari ed etici (se si fa eccezione dell’intenzione della Le Pen di vietare il velo islamico nei luoghi pubblici). È un fatto però che la monopolizzazione del potere da parte dell’Amministrazione Macron e l’asservimento dell’Assemblée Nationale (Parlamento) e del Conseil Constitutionnel (Corte costituzionale) al Governo, sono stati ben puntualizzati dalla Le Pen e scagliati contro la rielezione del leader del “partito di plastica” La République En Marche.

La privazione delle libertà fondamentali imposta negli ultimi due anni di pandemia dall’amministrazione centrale, che ha privato i cittadini francesi dei loro diritti di libera circolazione e di movimento, imponendo contemporaneamente un obbligo vaccinale travestito, il quale ha generato oltretutto ben 600 miliardi di euro di maggiore debito pubblico (causato dalla complessiva gestione sanitaria “emergenziale”, comunque) senza aver risolto ancora la situazione, non potrà non avere i suoi effetti domenica alle urne.

La Le Pen ha convinto soprattutto nella denuncia dei minori servizi e della tassazione crescente imposta durante tutto il suo mandato presidenziale da Macron, che ha portato in effetti alla crescita esponenziale di nuovi poveri. In difesa del potere d’acquisto dei ceti medi e di quelli popolari, ulteriormente penalizzato dalla guerra in Ucraina, la leader della destra francese ha dichiarato di voler eliminare, se sarà eletta Presidente della Repubblica, non solo l’IVA sugli idrocarburi, ma anche (e soprattutto!) su un centinaio di prodotti alimentari e igienici di largo consumo («Élue Présidente, je supprimerai la TVA sur une centaine de produits essentiels, alimentaires et hygiéniques. Pour protéger votre pouvoir d’achat!», ha detto).

Inoltre, la fondatrice del RN ha efficacemente obiettato che il popolo non ha bisogno del QR code generalizzato (Digital ID Wallet) predicato dalla Commissione europea e conseguentemente da Macron, bensì di nuovi posti di lavoro e ospedali, più sovranità nazionale, meno tasse e del rilancio del diritto alla proprietà privata e della natalità.

In definitiva, Macron non ha saputo rispondere esaurientemente all’accusa che, nel complesso, gli ha rivolto anche a nome della “sinistra populista” Marine Le Pen: basta svendere il patrimonio e gli interessi nazionali a fronte dei diktat finanziari di Bruxelles e dell’interferenza nella gestione della cosa pubblica di banchieri e società di consulenza straniere (vedasi da ultimo il Mac KinseyGate).

Ecco perché l’attuale Presidente è apparso in difficoltà, cercando di interrompere e togliere costantemente la parola alla Le Pen, ciò che non ha aiutato alla sua difesa argomentata. Sebbene l’immancabile sondaggio tra i telespettatori, condotto dall’Elabe Institute, ha rilevato la preferenza del 59% dei consensi a Macron,  sinceramente condivido, anche se di parte (è dirigente del Rassemblement National nel Dipartimento dell’Alta Garonna), il giudizio che ha espresso a caldo sull’esito del confronto il consigliere Julien Leonardelli: «Marine Le Pen ha dominato il dibattito con serietà e coerenza. Macron è apparso totalmente destabilizzato, nervoso, febbrile!».

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