Guardando all’Italia e alle ombre (economiche) d’autunno

di Giuseppe Brienza

DIRE CHE TUTTO VA BENE È SOLO PROPAGANDA. SE CONFRONTIAMO ALCUNI DATI ECONOMICI LO SCENARIO DELL’ITALIA CHE VERRÀ SI PRESENTA MOLTO MENO IDILLIACO DI QUELLO CHE DAL GOVERNO DRAGHI VORREBBERO FARCI CREDERE…

La barca tricolore sta affondando e il presidente del Consiglio che all’inizio del Governo pensavamo facesse miracoli cammina sulle acque ma se ne va nella direzione opposta. Questa è la vignetta di Alessio Di Mauro sulla copertina dell’ultimo numero de “Il Borghese” con su la scritta: “La parabola di Mario Draghi. Ha dimezzato i pani e i pesci…”. Miracoli (economici) al contrario se consideriamo che dall’ultimo Rapporto annuale Istat risulta che il numero di italiani in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 milioni a 5,6 milioni (il 9,4% del totale), mentre le famiglie scese sotto tale soglia sono raddoppiate da 800mila 17 anni fa a 1,96 milioni (il 7,5%) oggi.

Per milioni di italiani, dunque, arrivare a fine mese è un’impresa e curarsi è diventato un lusso, osserva il direttore della rivista pubblicata dall’editore Pagine.

In particolare, scrive Giuseppe Sanzotta nell’editoriale del numero di luglio de Il Borghese, sono le famiglie italiane a pagare il maggior prezzo della crisi, con «aumenti generalizzati dei prezzi ma stipendi e pensioni sempre eguali e meno potere d’acquisto. Per intere zone del Sud non ci sono prospettive di crescita e ai giovani volenterosi non resta che andare via».

Nel proseguo del suo fondo il direttore descrive anche la drammatica situazione occupazionale peggiorata dal blocco energetico e dalla congiuntura post-pandemica: «le prospettive sono spesso quelle di un lavoro precario e sottopagato. Poi ci sono anche i furbetti del reddito di cittadinanza che dilapidano risorse senza che sia stato creato un meccanismo che avvicini domanda e offerta di lavoro. Una scelta finalizzata non all’abolizione della povertà, come declamarono i 5Stelle dal balcone di Palazzo Chigi, ma a raccogliere voti». In definitiva, conclude Sanzotta, «gli ombrelloni aperti, i locali pieni di gente, la musica in piazza, sono immagini che fanno sicuramente piacere. Ma non possono nascondere i problemi. Se qualcuno ha ritenuto che affidare a Draghi le chiavi del Paese sarebbe bastato, resterà deluso. I problemi di oggi con l’autunno li ritroveremo tutti, forse persino aggravati» (Giuseppe Sanzotta, Ombre d’autunno, Il Borghese, n. 7 – luglio 2022, p. 3).

Segue l’articolo del filosofo Hervé Cavallera, ordinario di Storia della pedagogia all’Università del Salento, riprende il tema delle grandi emergenze globali, dai virus e dalle malattie indotte dalla globalizzazione alla guerra russo-ucraina, dal declino della politica in Occidente alle stragi che mietono centinaia di vittime innocenti in Paesi civili e democratici come gli Stati Uniti (l’ultima nella scuola elementare di Uvalde in Texas). Nel pezzo, intitolato “Conoscere il presente per costruire un futuro migliore” (p. 43), se ne individuano le cause di fondo nel declino delle grandi concezioni della politica e quindi nelle sue capacità di mobilitazione e di governo e nel venir meno del ruolo sociale e morale delle religioni.

Nell’attuale scenario, infatti, osserviamo «la manifesta fragilità delle organizzazioni internazionali dinanzi ai diversi conflitti ma anche i non sempre alti profili della classe politica e la sua mancanza di virtù della coerenza. Per limitarci alla nostra Penisola, si pensi alle centinaia di parlamentari che hanno cambiato, nella presente legislatura, gruppo politico».

Così, se la diffusione di alcune malattie che investono l’Europa «è sicuramente frutto della globalizzazione», la violenza che esplode negli Stati Uniti «è da addebitare non solo alla facilità con cui ivi sono vendute le armi, ma altresì a un debole ruolo dell’educazione e della coesione civile in una terra che da tempo ha registrato la disgregazione della famiglia tradizionale. Ancora: la stessa tragedia della guerra forse sarebbe stata evitata se ci fosse stata maggiore attenzione, da parte degli organismi internazionali, agli sviluppi dei cosiddetti Accordi di Minsk. Per quanto poi riguarda la classe politica nostrana (ma non soltanto la nostra) risulta inoltre abbastanza facile rilevare che la fine delle grandi “concezioni della vita” ha condotto non all’immaginazione al potere, bensì al velleitarismo e al dilettantismo al potere. In altri termini ciò che in vari decenni ha travolto l’Occidente è stata la mera accettazione del fascino dell’immediato e dell’edonistico, del permissivismo fine a se stesso; il tutto favorito da uno sviluppo rilevante della tecnica e dal processo di secolarizzazione, il quale ha visto sempre meno incisivo il ruolo regolativo una volta proprio delle confessioni religiose».

Marcello Veneziani dedica la sua rubrica mensile Ultimatum al tema ricorrente nella politica italiana dell’ultimo mezzo secolo, che ritorna soprattutto nei periodi di crisi: l’evasione fiscale.

Nel pezzo, intitolato “Rapporto impietoso sull’Italia”, il giornalista e scrittore descrive le tre “etnie” nelle quali i grandi media e la sinistra dividono di solito l’Italia e gli italiani in relazione a tale questione: «al Nord gli evasori, al Sud i malfattori, al Centro i profittatori».

Per mezza Italia, insomma, annota Veneziani, «la colpa del nostro buco pauroso è degli evasori, vil razza padana; per l’altra metà la colpa è degli evasi dal lavoro e dai malviventi, vil razza terrona. Ma per tutti è colpa dei profittatori, vil razza statale o a carico dello stato. […] A tutti vorrei però ricordare tre amare verità. Uno. A evadere non sono poche migliaia di ricconi e sfruttatori del Nord, ma quasi mezza Italia, se considerate che venti milioni di italiani dichiarano al fisco di vivere con le loro famiglie con 15mila euro all’anno e la metà di loro mente, basta notare come vivono. […] Due, i malfattori, quelli veri e seri, vale a dire la criminalità organizzata, sono una piccola minoranza e pur avendo una netta provenienza meridionale, ormai hanno portata nazionale e planetaria. […] Infine, i profittatori del settore pubblico. Chi sono, dove si annidano? Roma è naturalmente la loro capitale, ma anche le sedi regionali non scherzano. […] Bisogna in realtà distinguere i gradi di responsabilità e anche i livelli di pubblica utilità. Un rimedio utile sarebbe dimezzare il ceto dominante. Non dei parlamentari che sono la rappresentanza del popolo, ma il numero dei detentori di potere è da dimezzare. I consigli d’amministrazione pletorici, le autorità di garanzia superpagate e parassitarie, i ceti burocratici e funzionari estesi, le infinite reti di mediatori e “doganieri” dei passaggi intermedi [ma, in definitiva] in questo paese viziato prima che vizioso, quello che è necessario è rilanciare l’etica del sacrificio» (p. 80).

Per ulteriori informazioni su questo numero della rivista ci si può collegare al sito della casa editrice www.pagine.net oppure chiedere direttamente una copia-saggio scrivendo una mail a: segreteriaredazione.ilborghese@pagine.net.

 

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