Isabella Tomasi di Lampedusa: una storia dell’altro mondo

Isabella Tomasi di Lampedusa: una storia dell’altro mondo

di Matteo Orlando

LA MISTICA DI PALMA DI MONTECHIARO, DICHIARATA VENERABILE DA PAPA PIO VI IL 15 AGOSTO 1787, RACCONTATA DA UNA BIOGRAFIA ROMANZATA SCRITTA DAL PROFESSOR FRANCESCO BELLANTI

Sta riscuotendo interesse il saggio Isabella Tomasi di Lampedusa. La più grande dei Gattopardi (Edizioni Carello, pp. 208, euro 12)  dello scrittore Francesco Bellanti, già docente di Italiano e Latino a Palma di Montechiaro, sulla venerabile Isabella Tomasi di Lampedusa  (1645-1699), nome secolare di Suor Maria Crocifissa della Concezione, figlia del Duca Santo e nipote di Carlo Tomasi, fondatore di Palma il 3 maggio 1637.

Grande mistica, dichiarata venerabile da Papa Pio VI il 15 agosto 1787, la donna è stata una personalità complessa che ha affascinato scrittori e studiosi, ma è stata sempre guardata anche con sospetto da teologi e dalla stessa Chiesa.

Professor Bellanti, leggendo il libro si può notare un approccio originale e una scrittura variegata, ironica e leggera nella prima parte, sontuosa e alta, fortemente poetica, in tutto il resto della narrazione, anche se sempre molto attenta al contesto storico. Ci sbagliamo?

«No, sono stato molto attento al contesto storico, ma ho voluto dare un taglio diverso dalle precedenti opere scritte su Isabella Tomasi, quasi tutte di natura agiografica, tranne un libro antropologico di Cabibbo-Modica del 1989. Dopo avere consultato un’enorme documentazione e decine di libri sull’argomento, ho voluto scrivere un racconto poetico e psicologico, duecento pagine di scavo interiore, per cogliere la verità di una protagonista assoluta di un’esperienza religiosa unica e sconvolgente, quella dei Tomasi nella seconda metà del ‘600. È, dicevo, una biografia romanzata, in cui racconto in terza persona le parti storiche mentre instauro un dialogo diretto con la protagonista nella seconda parte per cogliere l’intima essenza di un’anima, la sua angoscia, le sue attese».

La storia di Isabella Tomasi sembra simile a quella di tante altre giovani nobili del Seicento. Penso, per esempio alla Monaca di Monza, celebre episodio de “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni…

«Sì, in parte è così. Perché Isabella era destinata non solo a essere monaca ma, soprattutto, a intraprendere un percorso di santità voluto da una famiglia di nobiltà recente e di oscure origini per accelerare la realizzazione di un progetto di legittimazione sociale. Ma il mio libro è anche la storia della mente e dei sogni, delle speranze di una nobile fanciulla, ed è la storia di un paese, di un Regno, di un’epoca, di una civiltà, viste dalla prospettiva e dalla dimensione culturale di uno scrittore laico, che ha cercato di sottrarre alle muffe e all’atmosfera delle sacrestie, all’agiografia e a montagne di scritture, per inserirla nel flusso della storia europea e mondiale, la vicenda di una grande mistica che aveva grande padronanza di stili letterari e talento narrativo, straordinarie capacità visionarie e mistiche, spesso, però, annullate in un gorgo di sentimenti e di parole».

Quale idea si è fatto su Isabella come religiosa?

«Quella della benedettina Suor Maria Crocifissa della Concezione è una personalità complessa che richiedeva un approccio complesso. Sorella del teatino Giuseppe Maria Tomasi, grande intellettuale e teologo, poi cardinale e infine santo, che in vita ha perorato la causa della santità della sorella, è dotata di una spiritualità in cui si può cogliere chiaramente l’influsso ignaziano, francescano e carmelitano, in un percorso di santità che ha come sbocco un matrimonio e un “amplesso” spirituale in cui convergono Dio, la Madonna, dove emerge che esso deve essere compreso come una relazione nuziale tra l’anima e Dio. Per queste sue capacità, Isabella Tomasi non ha nulla da invidiare alle grandi mistiche europee del suo tempo o del secolo precedente. Isabella Tomasi è stata una mistica dotata di grande spiritualità e di formidabile eloquenza espressa con linguaggio ardito, visionario e talvolta erotico nell’approccio con la divinità, non inferiore a quello di una grandissima mistica come Teresa d’Avila. Isabella Tomasi è stata donna dotata di grande cultura e di una potente capacità visionaria che andava ben al di là delle elementari visioni di diavoli e che anticipa temi esistenzialisti, e tutto questo emerge chiaramente nelle lettere, soprattutto al fratello Giuseppe Tomasi di Lampedusa [(1896-1957)] e nelle relazioni al padre spirituale». 

Oltre ad aver inserito il misticismo e la religiosità della Venerabile suor Maria Crocifissa della Concezione in una dimensione europea, e in particolare nel contesto del misticismo spagnolo, si concentra anche sull’ambiente di allora, sul paese che stava nascendo?

«Certamente. Ho cercato di inserire l’esperienza esistenziale e monacale di Isabella anche nel territorio, nell’atmosfera del Monastero, nell’ambiente, nel clima, nel sole, nel mare, nella campagna di Sicilia e della terra di Palma. Le parole di Isabella sono espressione del disagio e della civiltà di una famiglia, di una classe sociale, di un tempo storico ben preciso, ma sono anche parole che emergono dagli abissi del tempo, e sono parole piene di gioia e di angoscia, parole che sembrano provenire da un altro mondo, da un altro pianeta, voci dell’aldilà, parole come luci irradiate dalla solitudine e dal silenzio di una donna consapevole di essere entrata nel terreno della salvezza, nell’amore e nel tempo giusto dell’eternità».

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