La bellezza della creazione si vede anche con Hyperion, il maestoso arbusto di 115,66 metri

La bellezza della creazione si vede anche con Hyperion, il maestoso arbusto di 115,66 metri

di Piera di Girolamo

HYPERION, UNA SEQUOIA SEMPERVIRENS ORIGINARIA DELLA CALIFORNIA SETTENTRIONALE, SITUATA ALL’INTERNO DEL PARCO NAZIONALE DI REDWOOD, È L’ALBERO PIÙ ALTO AL MONDO

“E tutti gli alberi batteran le mani, e ciò sarà a gloria del Signore…”. Così recita una canzone cristiana di alcuni anni fa che torna alla mente leggendo un articolo che parla del più alto albero esistente al mondo.

Si chiama Hyperion ed è una Sequoia sempervirens originaria della California settentrionale, situata all’interno del Parco Nazionale di Redwood. Prende il suo nome dai Titani della mitologia greca e si stima che abbia un’età compresa tra 600 e 800 anni, è quindi molto più giovane degli alberi viventi più antichi del mondo (compresi molti ulivi italiani), alcuni dei quali risalgono a più di 4.000 anni fa. Con i suoi 115,66 metri d’altezza il maestoso arbusto è stato insignito anche del premio Guinness World Records.

La bellezza della creazione è inenarrabile, lo stupore che suscita la natura in chi riesce a guardarla senza dare nulla per scontato fa nascere nel cuore un senso di gratitudine verso Colui che è l’artefice di tanta magnificenza.

Come rimanere indifferenti dinanzi a un tramonto in cui il sole sembra baciarsi con il mare e che è uno degli spettacoli più belli e suggestivi che si possano ammirare? Come non avvertire la sensazione di Infinito quando, alzando gli occhi al cielo, in una notte d’estate, il nostro sguardo rimane catturato da tutti quei punti luminosi che sembrano dirci che il buio non esiste, che oltre l’oscurità c’è una Luce eterna che ci attende? E non è forse una pace profonda quella che ci investe nel guardare il mare la mattina presto, quando ancora tutto tace, quando nessuno ha ancora messo piede in quell’acqua trasparente che lascia vedere il fondale, dove centinaia di pesciolini guizzano “felici” di non essere disturbati dalla calca della gente che di lì a poco invaderà la spiaggia e si precipiterà in mare per rinfrescarsi dalla calura estiva?

E se ci rechiamo in un bosco, passeggiando lungo i sentieri, respirando quell’aria che sa di alberi, di fiori, di verde, anche lì sentiremo di essere circondati da una Bellezza che Qualcuno ha voluto regalarci. E poi i laghi, i fiumi, le foreste, le montagne, le vette ricoperte di neve, i prati fioriti, dove anche il più sottile filo d’erba sembra cantare la sua lode a Chi l’ha creato…

Tutto ci parla di Amore, di Dio! Tutta la Creazione inneggia al Creatore, a Chi le ha dato la vita, a Chi l’ha chiamata all’esistenza per essere godimento di ogni uomo sulla terra che riconosce in essa un dono, un prezioso regalo che dilata il cuore. La natura è un richiamo al Paradiso, la manifestazione della bontà di Dio che ha voluto dare ai Suoi figli il segno della gioia e della pace che li attende e che ciascuno può gustare nelle sue molteplici espressioni.

Non è forse in un giardino che Dio aveva posto il primo uomo e la sua donna, Adamo ed Eva, in mezzo ai fiori, agli alberi, al verde? Quello era il luogo del riposo, della gioia, della vicinanza di Dio alle Sue creature. Dio passeggiava con loro nell’Eden, parlava con loro e l’armonia era piena. Quel Paradiso terrestre è stato distrutto dal peccato che è entrato nel mondo per la ribellione dell’uomo, ma il Signore non ci ha lasciato senza ciò che pacifica il cuore e i sensi. In tutta la Creazione possiamo scorgere la Sua presenza che continua ad accompagnarci e a guidarci – deliziando i nostri occhi – verso la Meta.

E mentre camminiamo in questo mondo circondati e avvolti dalla Bellezza che attira la nostra attenzione, gemiamo con essa perché avvertiamo che ciò che possediamo sono solo le primizie di ciò che ci attende.

San Paolo ci ricorda che «La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Rm 8, 19.23).

E nell’andare, come gli alberi che innalzandosi verso il cielo sembra “battano le mani” dando lode a Dio, possa il nostro cuore elevarsi rendendo grazie al Creatore dei cieli e della terra, dei mari e dei fiumi e di tutto il firmamento, a Colui che ci ha messi al mondo perché non poteva contenere il Suo Amore e che possiamo scorgere in tutto ciò che Egli ha fatto.

 

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