Il battito di un bimbo nel grembo materno scatena la natura feroce degli abortisti

Il battito di un bimbo nel grembo materno scatena la natura feroce degli abortisti

di Antonella Paniccia

L’UNGHERIA DI VIKTOR ORBÁN HA FATTO UN NUOVO PASSO A FAVORE DELLA VITA NASCENTE, DELLA FAMIGLIA E DELLA NATALITÀ

L’Ungheria di Viktor Orbán ha fatto un nuovo passo a favore della vita nascente, della famiglia e della natalità. Il Ministro degli interni ungherese, Sandor Pinter, ha emesso un ordine, pubblicato nella Gazzetta ufficiale ungherese, che entrerà in vigore a breve e che prevede una cosa molto chiara: l’obbligo, da parte dei medici, di presentare alle donne la prova «chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto», cioè far sentire i battiti del cuore del nascituro (solitamente rilevabile a partire dalla sesta settimana di gravidanza) alle donne che pensano di abortire.

L’iniziativa ungherese prende spunto da quanto accade in Texas (heartbeat bill) in maniera più corretta dove non è consentito l’aborto una volta che il personale medico abbia riscontrato attività cardiaca nell’embrione.

Purtroppo i fans della morte pre-natale non hanno mancato di far sentire le loro urla rabbiose. Amnesty International ha parlato di «preoccupante declino» ungherese, paese dove – a loro dire – la nuova decisione renderebbe «più difficile l’accesso all’aborto e traumatizzerà più donne già in situazioni difficili». Bisognerebbe ricordare ad Amnesty International che se un «trauma» per la donna c’è esso è unicamente l’aborto procurato. Purtroppo l’ideologia abortista che avvelena la cultura dominante impedisce di vedere, nel concepito, ciò che egli è già sin dal concepimento: una vita, uno di noi.

Il battito di un bambino nel grembo materno ha scatenato, naturalmente, la natura feroce dell’Unione Europea, con una valanga di insulse prese di posizione contro l’Ungheria e, anche in Italia, i giornalisti che dovrebbero essere, in virtù del loro codice deontologico, super partes, prendono impunemente posizione.

E’ il caso di Myrta Merlino, giornalista di La 7 che ha scritto: “Vuoi abortire? Prima sei costretta ad ascoltare il battito cardiaco del feto. È l’ultima, agghiacciante, trovata dell’Ungheria. Becera propaganda sul corpo delle donne. I diritti non sono per sempre, sorelle. Non dobbiamo mollare di un millimetro. #zittemai #dallapartedelledonne”.

Noi che talvolta decoriamo i nostri messaggini su Whatsapp con file di cuoricini colorati, infiocchettati e luminosi, per imprimere più potenza ai sentimenti di affetto e di amicizia, noi che usiamo questi semplici simboli per manifestare quanto sia preziosa la persona con cui ci relazioniamo, davvero dovremmo sentirci torturate dall’ascolto di un cuore autentico, dal suono del più puro, del più poetico dei battiti del cuore? Non potremmo forse gioirne? Non potremmo scioglierci, come un imponente ghiacciaio dinanzi ad un raggio di sole, nel sentire il fragoroso rumore di un esserino fragile ed indifeso che pure combatte per fiorire alla vita, di un miracolo in embrione che pulsando grida: “Io ci sono, mamma!”?

Nulla può essere più fuorviante delle parole della Merlino: prima di abortire “sei costretta” ad ascoltare il battito cardiaco del feto… Costretta? Non sarà, caso mai, quella l’ultima spiaggia, l’ultima occasione che ti viene offerta prima di condannare a morte tuo figlio? Questa sarebbe la trovata “agghiacciante” dell’Ungheria? Solo in una società che ha smarrito il valore della vita umana, il senso dell’umanità e che ha deciso di vivere come se Dio non fosse, queste parole possono trovare ascolto.

 

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