Modena 1805? Va bene ma ricordiamo anche le spoliazioni francesi in Italia

di Giuseppe Brienza

LA STORIA DI COME E QUANTO NAPOLEONE BONAPARTE FU LADRO D’ARTE IN ITALIA DURANTE LA RIVOLUZIONE FRANCESE E L’IMPERO È UNA VICENDA POCO NOTA AL NOSTRO POPOLO. UN LIBRO PERMETTE FINALMENTE DI FARE LUCE SULLE SPOLIAZIONI GIACOBINE

Il 25 giugno 1805 Napoleone Bonaparte e la consorte Giuseppina di Beauharnais (1763-1814) entrano nella città di Modena, in qualità di neo-Sovrani del Regno d’Italia, dopo l’incoronazione avvenuta nel maggio dello stesso anno nel Duomo di Milano. L’associazione Les Grognards de l’Armèe d’Italie, in collaborazione con la società di promozione del centro storico Modenamoremio, dopo due anni di sosta forzata causa pandemia sono tornate a far rivivere oggi e ieri quell’evento e le vicende precedenti e che ne sono conseguite, con una rievocazione storica e varie manifestazioni culturali e di costume.

All’iniziativa, non priva di aspetti positivi e che si è appena conclusa con la rivista finale delle truppe a piazza Roma terminata con i saluti alla cittadinanza, va però rivolta una obiezione fondamentale. Quella, cioè, di sorvolare completamente sulle conseguenze negative che sono seguite per la città e per l’Italia tutta all’occupazione francese durante la Rivoluzione francese (1789-1799) e l’Impero napoleonico.

In particolare, migliaia di nostre opere d’arte sono state rubate, distrutte, svendute e disperse per arricchire gli avidi funzionari napoleonici e comporre anche il Musée Napoléon, l’antenato del moderno museo nazionale del Louvre.

Il curatore di questo museo, l’incisore e storico dell’arte Vivant Denon (1747-1825), selezionò accuratamente le opere da “prelevare”, al fine di realizzare a Parigi un babilonico museo universale, una sorta di “enciclopedia dell’arte” che sorprese i contemporanei e che fu il modello dei musei moderni. Ma cosa fu portato in Francia? Cosa tornò in patria? E cosa fu distrutto dal livore dei giacobini?

Il saggio in uscita per D’Ettoris Editori dal titolo Napoleone ladro d’arte. Le spoliazioni francesi in Italia e la nascita del Louvre di Giorgio Enrico Cavallo permette di rispondere, almeno parzialmente, a queste domande (Prefazione di Roberto Marchesini, Crotone 2022, pp. 140, € 14,90). Nel libro è ricostruito in maniera sintetica ma documentata il destino di tante nostre chiese, conventi e abbazie che sono stati profanati e saccheggiati dai giacobini potendo farci così un’idea della smisurata quantità di opere d’arte sottratte all’Italia e mai più restituite.

Il colossale “spostamento” di migliaia e migliaia di capolavori permise alle autorità rivoluzionarie di aprire i primi musei statali contemporanei dando nel contempo impulso al mercato antiquario.

Essendo modalità e dimensioni delle spoliazioni francesi di fine Settecento poco note al grande pubblico, la pubblicazione di questo volume riempie sicuramente un vuoto. Il saggio si segnala anche per la descrizione di tutti gli sforzi, spesso vani, dei governi della Restaurazione, del periodo cioè che coinvolse l’Europa continentale dal 1815 al 1848, al fine di riottenere almeno in parte i tesori “requisiti”.

Giorgio Enrico Cavallo, docente, storico e giornalista, si occupa da anni di divulgazione collaborando con quotidiani e riviste. Ha approfondito particolarmente la storia del Piemonte sabaudo, il periodo rivoluzionario francese, il Risorgimento e l’età delle grandi scoperte geografiche. Conferenziere e formatore, si occupa prevalentemente di storia moderna e contemporanea locale e nazionale cercando di fare chiarezza sui luoghi comuni che inquinano spesso la verità storica, frutto di egemonie culturali e vulgate ideologiche.

Con la casa editrice d’ispirazione cattolica D’Ettoris Editori ha recentemente pubblicato il saggio Cristoforo Colombo il nobile. L’epopea transoceanica dell’ultimo cavaliere medievale (2021). Suoi saggi storici sono comparsi in varie opere collettanee. Tra questi Le due giornate di sangue del 1864 a Torino, incluso nel volume a cura del prof. Giovanni Turco Le “due Rome”, questioni e avvenimenti a centocinquanta anni dalla “breccia di Porta Pia (Edizioni Radio Spada, 2020).

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