Salvate il “soldato” Kirill

Salvate il “soldato” Kirill

di Gianmaria Spagnoletti

CON UNA MOSSA DECISAMENTE SCIOCCANTE, ANCHE IL PATRIARCA ORTODOSSO KIRILL SI SCHIERA A FAVORE DELL’«OPERAZIONE MILITARE SPECIALE». MA QUESTO ATTEGGIAMENTO NON C’ENTRA NULLA COL CRISTIANESIMO, ANZI, È PERICOLOSO QUANDO SI RISCHIA UNA GUERRA NUCLEARE. BREVE DISCORSO SU DIO, PACE, GUERRA, CON POCHI PUNTI AD USO ANCHE DEI NON CREDENTI…

Subito dopo l’annuncio della mobilitazione parziale» decisa da Vladimir Putin, Sua Santità Kirill, il Patriarca della Chiesa Ortodossa di Mosca, si è rivolto così agli uomini che partiranno per il fronte: «A chi muore combattendo saranno lavati tutti i peccati». Una frase di un fondamentalismo fuori luogo che lascia francamente sbigottiti, almeno dal nostro punto di vista e soprattutto dopo che, inizialmente, Kirill aveva sposato la linea pacificatrice di papa Francesco. Ora, al netto di tutte le considerazioni del capo della Chiesa Ortodossa sulle motivazioni soprannaturali del conflitto (come ogni altra cosa terrena, se non ci si riduce alla pura materialità), quest’ultima uscita è francamente un autogol che finirà per nuocere alla stessa Chiesa Ortodossa russa. Di seguito vorrei spiegare il perché, ad uso soprattutto di chi guarda queste cose “da fuori”: non credenti, e membri di altre religioni.

Di sicuro, finché l’uomo sarà presente sulla Terra ci potrà essere l’eventualità di conflitti. Ma il capo di una Chiesa cristiana non può permettersi di dire a chi parte (spesso suo malgrado) per il fronte non vorrà di sicuro sentirsi dire «Mal che vada, se muori vai in Paradiso», ma piuttosto: «Dio ti sarà vicino, ma se malaguratamente non dovessi tornare a casa, non ti abbandonerà nemmeno nella morte». Un ministro di Dio che fa il contrario va platealmente contro la sua missione. Non ci sono guerre “sante” (come se n’è sentito parlare da 40 anni a questa parte). Nemmeno le Crociate, che tuttavia vanno inquadrate nel loro periodo storico, e che erano finalizzate alla liberazione dei Luoghi Santi cristiani, ma che quasi mai riuscirono nel loro intento.

È su questi argomenti che si vede tutto il divario tra la Chiesa Latina (intesa come Cattolica) e quella Ortodossa: non per nulla l’Arcivescovo metropolita di Mosca, Mons. Pezzi, ha parlato di «responsabilità morale gravissima» (cfr. l’articolo a pag. 11 de «La Verità» del 29 settembre): infatti, se da una parte lo Stato ha il diritto e anche il dovere di fare appello ai cittadini affinché difendano la Patria, dall’altra l’attuale conflitto pone il rischio concreto di un allargamento indefinito. Per questo il prelato cattolico non ha fatto mistero di appoggiare l’obiezione di coscienza, citando la nota frase di Eugenio Pacelli (in seguito Papa Pio XII): «nulla è perduto con la pace, tutto può essere con la guerra».

Mi si permetta quindi un piccolo elogio dei dimostranti manganellati e arrestati dalla Polizia russa perché non volevano essere richiamati in servizio e magari andare al fronte cantando «La Sacra Guerra» (non sto scherzando, dato che è veramente il titolo di una canzone militare russa). La Russia si propaganda «terra delle sante icone»; tuttavia, agendo da “braccio religioso” del conflitto, il Patriarca di Mosca non solo rischia di distruggere la possibilità di riconciliazione con la Chiesa ortodossa ucraina, ma anche la fede di molti cristiani ortodossi, che non trovano risposta su come Dio possa permettere una guerra, a maggior ragione se coinvolge fratelli nella fede. “Tirare Dio per la giacchetta” è sempre deleterio, tanto più se lo fa un capo spirituale come Kirill, in quanto contrario alla legge morale naturale. Dio non fa il tifo per una delle parti in lotta, e per quanto si possano citare passi dell’Antico Testamento per cercare di dimostrare il contrario, questo uso strumentale delle Scritture è sempre uno strattonare Dio uguale e contrario.

Ad ogni modo, la Chiesa Cattolica ha una sua dottrina della “guerra giusta”, che deve rispondere a certe condizioni per essere considerata come legittima difesa di uno Stato. Il Catechismo le elenca nella sezione dedicata al quinto Comandamento («Non uccidere»), come segue.

«2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:

— che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;

— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;

— che ci siano fondate condizioni di successo;

— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.

Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della “guerra giusta”.

La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.

2310 I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale.

Coloro che si dedicano al servizio della patria nella vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della nazione e al mantenimento della pace. 209».

Ciò premesso, a mio parere è sempre meglio affidare la gestione di un conflitto moderno a professionisti che non a militari di leva con qualche settimana di addestramento, col rischio che diventino carne da cannone. Curiosità: la coscrizione obbligatoria è una invenzione nata ai tempi della Rivoluzione Francese e in seguito diventata consuetudine in tutta Europa proprio per influenza di Napoleone Bonaparte. Questo nuovo strumento fu il punto di forza degli eserciti napoleonici, tanto che la “Grande Armata” arrivò a uno sbalorditivo numero di 800mila uomini. Salvo poi andare incontro al tragico esito della Campagna di Russia del 1812, vinta dal Maresciallo Kutuzov per mezzo della tattica della “terra bruciata”. Alla fine, riuscirono a rientrare in Francia solo 100mila superstiti. Per questo suggerisco agli analisti e ai commentatori, specie quelli più “improvvisati”, un ripasso della Storia moderna e anche del romanzo “Guerra e Pace” di Tolstoj per avere un focus migliore sulle lezioni del passato e sugli elementi della mentalità e della tattica russa che possono avere un riflesso nell’attualità. Fra l’altro mi pare strano che, nel bel mezzo dell’attuale “psicosi da fascismo” nei media, non si faccia alcuna memoria della Campagna di Russia della Seconda guerra mondiale, in cui furono coinvolte anche le truppe italiane.

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