Colombo e l’epopea missionaria del più celebre navigatore della storia

di Giuseppe Brienza

VIVA CRISTOFORO COLOMBO E VIVA L’ITALIA: AI FANATICI DEL NULLA IL PIACERE D’ABBATTERE I MONUMENTI…

Dopo oltre due mesi di navigazione e un principio di ammutinamento, nella notte del 12 ottobre del 1492 l’esploratore genovese Cristoforo Colombo (1451-1506) toccava terra approdando nell’isola di Guanhami, oggi San Salvador, nell’arcipelago delle Bahamas. In quel giorno, quindi, il navigatore poi divenuto il più celebre della storia scopriva l’America.

A 540 anni da questo importante viaggio, che ha avuto una motivazione anche missionaria ed ha in pratica cambiato il corso della storia universale, rievochiamo la figura e l’epopea transoceanica dell’ultimo cavaliere medievale con il giornalista e storico Giorgio Enrico Cavallo, autore del recente saggio intitolato Cristoforo Colombo il nobile (D’Ettoris Editori, Crotone 2021, pp. 264, € 18,90).

La Cancel Culture che è stata diffusa negli ultimi anni da una piccola ma rumorosa minoranza negli Stati Uniti ha scatenato la follia iconoclasta contro il grande capitano e navigatore Cristoforo Colombo. Potrebbe fare sinteticamente chiarezza sui principali luoghi comuni che stanno inquinando la verità storica sulla sua figura e sulla scoperta dell’America?

Tutta la figura di Colombo è da riscoprire, perché per troppo tempo la sua incredibile avventura terrena è stata raccontata alla stregua di una fiaba per bambini. Ma oltre ai luoghi comuni più classici (il mito della Terra piatta, l’uovo di Colombo…) ultimamente dobbiamo fare i conti anche con la Cancel Culture, secondo la quale il navigatore ligure sarebbe stato un becero schiavista, una specie di negriero giunto in America per razziare e violentare. Ci si dimentica che a difendere gli indios dai soprusi dei primi coloni fu proprio Colombo e, per questo, fu fatto oggetto di tali maldicenze da finire imprigionato.

Perché se è stato Colombo a scoprire l’America questo continente ha poi preso il nome da un altro navigatore come il fiorentino Amerigo Vespucci (1454-1512)?

Credo che si trattò di un fine gioco politico. Vespucci aveva i contatti giusti e la corte medicea era molto vicina a quella lorenese, nella quale lavoravano il poeta Matthias Ringmann e il cartografo Martin Waldseemuller. Furono loro a battezzare l’America con il nome di Vespucci. Era il 1507, l’anno successivo alla morte di Colombo: lo scopritore, uomo pur famosissimo, era forse scomodo?

Il suo libro reca la Prefazione di uno dei discendenti della famiglia Colombo, Giorgio Casartelli Colombo di Cuccaro. Come mai questa scelta?

Perché è soprattutto grazie al suo impegno che, negli ultimi due decenni, sono state condotte serie ricerche sulla figura di Colombo, volte a identificare la sua reale famiglia. Gli studi, condotti nell’alveo del Cescom – Centro Studi Colombiani Monferrini – hanno portato all’identificazione della probabile madre dell’Ammiraglio, Marietta dei marchesi di Ceva, ed hanno comprovato i solidi legami di parentela tra i Colombo di Cuccaro e le principali famiglie del patriziato genovese e italiano.

Cosa si dovrebbe conoscere secondo lei, dal punto di vista della Fede, dell’impresa di Colombo?

Colombo interpretò il suo viaggio come una crociata: lui intendeva trovare l’oro per liberare la Terrasanta. Ma a ben vedere, egli voleva anche portare alla fede cristiana una porzione di mondo ancora non evangelizzata. Colombo aveva una spiritualità profondissima: era terziario francescano, spronava i suoi uomini ad essere assidui ai sacramenti, erigeva croci in tutti i luoghi in cui giungeva. Aveva una fede quasi estatica, si pensi che durante il suo ultimo viaggio ebbe addirittura una specie di “crisi mistica”, nel corso del suo soggiorno a Panama.

Con il suo libro abbiamo conosciuto il “Colombo nobile”, imparentato cioè con le più blasonate famiglie dell’allora Repubblica di Genova. Come mai di questo aspetto non si è praticamente mai parlato finora? 

Per più motivi, in larga parte risalenti alla stessa età dell’Ammiraglio. Come noto, vi sono decine di teorie sulle origini della famiglia di Colombo ma, a mettere una pietra tombale sulla diatriba colombiana fu, in Italia, l’ex politico democristiano Paolo Emilio Taviani (1912-2001), che fu anche giornalista e storico, ansioso di dimostrare che Colombo era “quel” genovese, figlio di umili artigiani. Taviani, con la sua influenza, tacitò ogni altra ricerca e, ancora oggi (a 30 anni di distanza dalle storiche celebrazioni del 1992), il Colombo che è proposto al mondo è l’umile figlio di Domenico da Quinto, ingenuo ragazzotto che si è “fatto da sé” venendo introdotto in due ricchissime corti (quattro, grazie all’opera del fratello) e ottenendo il comando di una spedizione dall’alto valore politico e simbolico. Un Colombo non credibile.

Perché invece sarebbe più credibile un Colombo nobile?

Perché tutto, nella vita dell’Ammiraglio, denota la sua appartenenza ad un ceto diverso. La sua cultura era inconcepibile se fosse veramente stato quel figlio del lanaiolo che partì per mare all’avventura… Colombo conosceva il latino, si relazionava con i potenti dell’epoca e poteva perfino portare il cappello dinanzi al re Ferdinando II di Aragona. Inoltre, sposò la ricca figlia di un nobile molto vicino alla corte, Bartolomeo Perestrello (di origini italiane). Infine, nella carta commendatizia del 1492 è indicato come nobile (“don Cristoforo”) prima della partenza per l’America.

Ci può spiegare perché Colombo è stato anche accusato di essere “corsaro”?

Questa domanda è interessante. Non dobbiamo dimenticare che i corsari non erano i “pendagli da forca” che noi, figli della cultura cinematografica di Hollywood, immaginiamo. In larghissima parte erano nobili (come il Corsaro Nero uscito dalla penna di Emilio Salgari!) ed erano l’equivalente marittimo dei cavalieri di ventura. Ebbene, nella seconda metà del XV secolo il Mediterraneo era solcato dai legni di un corsaro che portava il cognome Colombo. E non era il solo: vi era anche un altro corsaro, Guillaume de Casenove, detto… Colombo. Il nostro affermò che, in gioventù, aveva navigato con un suo parente. Quali relazioni di parentela c’erano tra questi personaggi e l’Ammiraglio? La domanda è senza risposta…

Ci parli per favore dei finanziatori e degli obiettivi del primo viaggio della Niña, della Pinta e della Santa Maria?

Questa è la parte, se vogliamo, più oscura di tutta la vicenda. Perché è indubbio che il primo viaggio non fu un’avventura arrischiata, ma fu il frutto di un preciso calcolo politico (ed economico). Colombo aveva i contatti giusti con le famiglie patrizie, con i banchieri genovesi, perfino con il Papa. Viene spontaneo pensare che dietro una missione di questo tipo si celasse qualcosa di più, che ancora ci sfugge nella sua interezza.

Cosa ci può dire a proposito della vecchiaia, del testamento e della morte di Colombo?

Prima di tutto sfatiamo uno dei mille miti: Colombo non morì in miseria. Era diventato mirabilmente ricco e i suoi figli vivevano alla corte di re Ferdinando. Don Cristoforo Colombo dispose che la sua ricchissima eredità dovesse essere trasmessa ai soli eredi maschi. Accadde però che nel 1578 venne a mancare il nipote Diego II, senza lasciare eredi diretti maschi. Iniziò così una lunghissima causa legale, nella quale partecipò un parente italiano (del marchesato del Monferrato), Baldassarre Colombo di Cuccaro. La causa si concluse nel 1608, con il riconoscimento da parte del Consiglio delle Indie della reale parentela dei Colombo di Cuccaro, ma l’eredità fu data ai discendenti spagnoli di linea femminile. Una bella beffa.

Conoscendolo bene dal punto di vista biografico, secondo lei Colombo sarà santo?

Me lo auguro, ma so che probabilmente non avverrà. La causa di beatificazione incontrò già molti ostacoli nell’Ottocento ma, oggi, con l’imperare della Cancel Culture, nessuno in seno alla Chiesa gerarchica ha più a cuore il povero Cristoforo. Con buona pace di Papa Leone XIII, che si spese per la beatificazione dell’Ammiraglio… Confido però che la mia modesta ricerca abbia contribuito a rendere giustizia ed a togliere il fango dalla figura di uno degli uomini più celebri della storia e, al contempo, meno noti.

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