Il Governo Meloni e la lunga marcia dell’atlantismo nella destra italiana

di Vincenzo Silvestrelli

SULL’ATLANTISMO LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI È STATA SEMPRE MOLTO CHIARA. IN QUESTO PERIODO DI GUERRA, PERÒ, NON LE SARÀ FACILE DARE RISPOSTE STRETTA COM’È FRA I DIKTAT OCCIDENTALISTI E LA REALTÀ DELL’ECONOMIA ITALIANA PROFONDAMENTE DANNEGGIATA DALLE SANZIONI ALLA FEDERAZIONE RUSSA

Ieri pomeriggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, su indicazione unanime del centrodestra, ha affidato alla leader del partito post-fascista Fratelli d’Italia Giorgia Meloni l’incarico di formare il nuovo Governo. Finora non sono mancati gli attacchi alla premier neo-incaricata di essere impresentabile in quanto “neo-fascista”. In realtà l’essere post-fascista è cosa molto diversa dall’essere neo-fascista e, anzi, fascismo e neo-fascismo non sono due fenomeni in continuità nel nostro Paese. Il neo-fascismo nacque e fu gestito in funzione anti-comunista e atlantista. La presenza di altre ispirazioni culturali fu limitata in sede politica.

Il fascismo è ancora oggi oggetto di dibatti accesi e di accuse reciproche. Accade solo in Italia, con questa virulenza, che un passato, ormai centenario, sia così presente nella dialettica politica. Occorrerebbe vedere come interpretare questa evidenza. Lo storico Franco Cardini ha dato spesso spiegazioni interessanti per spingere i giornalisti e politici a riflettere su questa “emergenza” non democratica ma di presenza di un evento storico nella contemporaneità. Uno dei modi per chiarire il fenomeno è quello di definire con esattezza anche i termini, distinguendoli.

Per esempio, fra fascismo e neo-fascismo non esiste affinità se non nel nome. Il fascismo fu un movimento nazionale, caratterizzato nel tempo anche dalla volontà di costruire una Terza via tra comunismo e capitalismo, un indirizzo che, come noto, sopravvisse in molte istituzioni della prima Repubblica. Basti ricordare INPS, INAIL e IRI se non la stessa Costituzione. Il  CNEL ad esempio, organo costituzionale,  è in continuità oggettiva con il principio di fondo del corporativismo fascista. Queste istituzioni furono inglobate e mantenute nella Prima Repubblica, pur nell’ambito del sistema democratico, e divennero importanti per la costruzione di un modello italiano che ebbe grande successo.

In questo ambito non rientra il neo-fascismo. Dopo lo scioglimento del Partito Nazionale Fascista (PNF), movimenti che raccoglievano ex-fascisti si ricostituirono quasi subito. Una interessante storia completa delle fasi di costituzione del Movimento Sociale Italiano (MSI) mostra come, fin dall’inizio, questo partito fu appoggiato dal Ministero degli Interni e da settori della Chiesa Cattolica in funzione anti-comunista, in un periodo in cui si temeva che l’Italia cadesse in mano ad un governo del PCI, ancora completamente legato al Partito comunista dell’Unione sovietica (PCUS).

Questo legame con i settori atlantisti rimase costante e riguardò anche in determinate fasi i movimenti eversivi di destra come Ordine Nuovo e Avanguardia nazionale, come evidenziato dalla testimonianza di Vincenzo Vinguerra, terrorista neo-fascista non pentito, che sta scontando l’ergastolo per la strage di Peteano del 31 maggio 1972. In una delle sue testimonianze, ad esempio, Vinciguerra ricorda come, dopo la strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969), all’interno di Ordine Nuovo gli venne chiesto di uccidere il presidente del Consiglio Mariano Rumor (1915-1990) nel 1971, in quanto si era rifiutato di proclamare lo stato di emergenza dopo l’attentato di Piazza Fontana. L’omicidio sarebbe dovuto avvenire, sempre credendo alla versione di questo terrorista nero, con l’aiuto della sua scorta, dimostrando così l’inquietante legame che Ordine Nuovo aveva con i servizi segreti.

Nella destra italiana erano presenti anche altre ispirazioni, come quella che puntava alla valorizzazione della Europa come Terza forza fra Stati Uniti e URSS e la Destra sociale. Si trattò però di movimenti culturali che non guidarono mai da soli l’MSI prima e i partiti che che si succedettero sulla sua eredità (Fratelli Alleanza Nazionale, Movimento Sociale-Fiamma Tricolore e, appunto, oggi Fratelli d’Italia), riammessi nel gioco democratico dopo la crisi della Prima Repubblica.

Mettere in dubbio oggi l’atlantismo della Meloni non ha quindi basi storiche. Gli italiani si devono chiedere quindi altro. L’atlantismo è rispettoso dell’interesse nazionale? È rispettoso dell’art.11 della nostra Costituzione che dice che l’Italia ripudia la guerra? È coerente con il carattere difensivo della NATO?

Su questi temi la presidente del Consiglio incaricata ed il nuovo Governo dovranno dare risposte non facili, stretti come saranno fra i diktat occidentalisti e la realtà dell’economia italiana ed europea profondamente danneggiate dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni, antirusse nelle dichiarazioni, ma anche di fatto controproducenti per molte delle nazioni della stessa Europa.

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