FIFA World Cup Qatar 2022? Ma lo sport può diventare anche testimonianza e bellezza

di Maria Bigazzi

ANCHE IL MONDO SPORTIVO È DIVENTATO VITTIMA DEL POLITICALLY CORRECT E L’AMBITO CALCISTICO È QUELLO CHE NE FA PIÙ ECO, SEMPRE SOTTO I RIFLETTORI E SEGUITISSIMO DA MILIONI DI PERSONE SOPRATTUTTO GIOVANI. MA C’È QUALCHE ECCEZIONE!

Da qualche giorno sono iniziate le competizioni della FIFA World Cup Qatar 2022 e, tra i tanti sport in gara, il calcio è quello che più fa parlare di sé, sia a livello nazionale che mondiale. Questo perché fa parte della nostra storia nonostante le numerose critiche che gli vengono rivolte, spesso frutto di luoghi comuni. La disciplina calcistica richiama in sé valori importanti che oggi vengono dimenticati. Certamente non è l’unico sport ad insegnarli, ma è sicuramente l’esempio più esplicito e visibile.

Le competizioni calcistiche, infatti, aggregano milioni di persone in tutto il mondo, cui ricorda che valori come lo spirito di squadra, la fedeltà, la passione e la costanza siano ancora oggi importanti, anche all’interno di una società che rifugge ogni regola per vivere nell’anarchia e nel disordine.

Se nel calcio mancano le regole, tutto viene a crollare; se manca la fiducia in ciò in cui si crede e la fedeltà a un impegno preso, il risultato sarà deludente; se non si riconoscono i propri talenti e quelli degli altri, non si riuscirà a concludere nulla. Lo stesso risultato della partita è importante, in quanto riflette l’impegno e la volontà di spingersi oltre, quel desiderio di andare “verso l’alto”, come scriveva il beato Pier Giorgio Frassati  (1901-1925) sulla fotografia in cui scalava la montagna.

Questo è lo spirito che deve accompagnare ogni sport che, se vissuto in quest’ottica, diventa davvero occasione per elevare l’animo e vivere il detto “anima sana in corpore sano”.

Purtroppo, anche il mondo sportivo è diventato vittima dell’ideologia e del politically correct, e l’ambito calcistico è quello che ne fa più eco in quanto sempre sotto i riflettori e seguitissimo da milioni di persone e soprattutto giovani.

In particolare, lo abbiamo visto in questo ultimo periodo con l’ideologia lgbt e con il movimento Black Lives Matter, dove i calciatori hanno utilizzato la loro posizione per schierarsi a favore di pericolose e fuorvianti idee che stanno facendo strage nella società.

Non ultimo il caso dei mondiali, quest’anno giocati in Qatar, dove il regime islamico ha vietato alle squadre che appoggiano la campagna a favore dei cosiddetti diritti Lgbt di indossare la fascia “One Love” con i colori arcobaleno, inventata dalla Federazione calcio dell’Olanda e approvata dall’Uefa per la Nations League, a cui aderirono anche Danimarca, Francia, Norvegia, Svezia, Inghilterra, Galles, Svizzera, Belgio e Germania.

Di fronte all’imposizione del Paese arabo e quindi della conseguente decisione della Fifa di vietarne l’utilizzo e di sanzionarne i dissidenti, molti sono rimasti ipocritamente sorpresi e scandalizzati, approfittando della situazione per ricalcare la dose sulle discriminazioni degli omosessuali e della libertà. Ma questo solo in occidente, perché in Qatar le squadre si sono adeguate alla legge e hanno preferito sostituire la fascia con temi più soft e buonisti che non urtano nessuno.

Non sono mancate le pagliacciate da parte delle squadre che vogliono mantenere il distintivo gay friendly e che perciò sono apparse in campo con atteggiamenti provocanti, come i giocatori della Germania con la mano sulla bocca o chi ha preferito manifestare il dissenso sui social, dove il terreno ideologico è molto fertile e certamente non pericoloso come quello arabo.

Questo purtroppo è il triste risultato di un calcio che ha perso la sua identità originaria, che si è svenduto perdendo credibilità e finendo a ricoprire più che altro un ruolo politico e ideologico. Il grande, esagerato e vergognoso giro economico che ruota attorno al mondo calcistico e ai giocatori, ne ha snaturato l’essenza, rovinandone la bellezza, sostituendo le virtù con i vizi.

Questo è quanto si vede nel panorama generale ma che però contiene anche delle eccezioni, come le testimonianze di giocatori che non hanno paura di affermare e dimostrare davanti a tutti la loro fede in Dio, nell’unico e vero Dio che dona la salvezza.

Come l’attaccante del Milan e della nazionale francese Olivier Giroud, che alla vigilia della prima partita della Francia ha voluto ricordare che se oggi ha la possibilità di giocare questo mondiale lo deve prima a Dio, e che già in diverse altre occasioni non ha mancato di testimoniare la sua fede. Qualche tempo fa il calciatore ha organizzato un Gran Galà a Londra per sensibilizzare sulla situazione dei cristiani perseguitati nel mondo e, in un’altra occasione, ha dichiarato: “Appena posso, cerco di parlare della mia fede. Sento che dovrei usare i miei social media per parlare della mia fede e del mio impegno con Gesù Cristo“. Rimane negli occhi il gesto dopo la vittoria contro l’Australia, in cui sono stati decisivi i suoi due goal, dove inginocchiato sul campo, alza lo sguardo verso il Cielo a Colui che gli ha donato il suo talento di giocatore.

Ed è proprio questo gesto nel suo vero significato di devozione a Dio e non come è inteso oggi, che ha caratterizzato un’intera squadra che resterà nel ricordo di questi mondiali per la bellezza e la testimonianza che ha voluto lasciare sul campo.

Si tratta della squadra dell’Ecuador, che dopo la vittoria si è inginocchiata su quel prato dove non ha mai abbassato la guardia, in ringraziamento a Dio, ricordando come ogni cosa che si fa possa diventare un inno di lode al Creatore se a Lui offerta senza remore.

Quello che hanno dimostrato i giocatori è la bellezza dei valori veri, quelli che non dipendono da ideologie e soldi e che mutano in base al vento che tira, ma che rimangono sempre nonostante le ostilità e le persecuzioni, come quelle subite recentemente anche dal calciatore cattolico irlandese James McClean.

Questo è lo sport che vogliamo, e sono tanti i giocatori anche nelle altre discipline che testimoniano la loro fede come nel ciclismo Vincenzo Nibali, nel tennis Novak Djokovic e tanti altri che hanno caratterizzato il mondo dello sport in questi ultimi anni. Ma l’elenco potrebbe essere lungo, anche tra allenatori e sportivi che hanno testimoniato anche a costo di persecuzioni il loro ideale in una società che esalta l’arroganza, l’egoismo e l’imporsi sopra tutti definendosi al pari di Dio, cadendo così anche nel vizio della superbia.

Mentre se vissuto bene, davvero lo sport può elevare l’animo e farsi metafora della vita e della battaglia per la fede, dove onestà, fedeltà, giustizia, costanza e fiducia, aiutano a salire verso la meta a cui tutti dobbiamo aspirare, per arrivare dopo tanta fatica, alla vetta e alla Luce vera, che è Dio stesso.

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