Le azioni pro eutanasia di Marco Cappato non sono altruistiche né misericordiose

di  Gian Piero Bonfanti

PER IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA MARCO CAPPATO NON È DA PREMIARE, ANZI…

Avrebbe voluto morire in casa circondato dai suoi cari“. È quello che dice Francesca, la figlia di Romano, l’82enne di origini toscane e residente a Peschiera Borromeo (Milano), che si è recato in Svizzera accompagnato da Marco Cappato per porre fine alle sue sofferenze.

È questo un altro esempio di suicidio assistito che si è compiuto nei giorni scorsi. Colui che l’ha richiesto ed effettuato non era malato terminale e tantomeno era tenuto in vita da macchinari. Romano era affetto da una grave forma di Parkinson e le sue funzioni vitali erano compromesse ma, come già detto, non era a rischio della propria vita. Ha voluto porre fine alle proprie sofferenze, così viene detto, ed allora si è deciso a ricorrere al suicidio assistito.

Poiché in Italia questa pratica non è legale, si è rivolto al “paladino dei morituri”, colui che è sempre pronto a prestarsi per coloro che nella disperazione non vedono altra via di uscita se non quella del trapasso.

Marco Cappato infatti di questa battaglia ne ha fatto una bandiera e nei giorni scorsi abbiamo anche letto la notizia che il 7 dicembre prossimo, nel giorno del patrono di Milano Sant’Ambrogio, riceverà l’Ambrogino d’Oro, la massima onorificenza concessa dal Comune lombardo a chi ha reso lustro alla città.

È indegno per un Paese civile continuare a tollerare l’esilio della morte in clandestinità” dichiara Marco Cappato. Ed allora lo vediamo sempre in prima linea per la “tutela dei diritti” di persone che versano in casi limite per accompagnarli alla morte. Così fu anche per Fabiano Antoniani (Dj Fabo) che nel 2017 ricorse al suicidio assistito, sempre in una clinica svizzera. Prende sempre più piede, quindi, l’associazione Luca Coscioni che da anni lotta per il diritto all’eutanasia legale, della quale Marco Cappato è il maggior esponente.

Le notizie di questi decessi addirittura sembrano non avere quasi più rilevanza e l’opinione pubblica sembra quasi non curarsene più. Oramai apprendiamo queste notizie leggendo un piccolo trafiletto su qualche giornale, non è più motivo di indignazione. Eppure il suicidio è condannato dalla chiesa cattolica, in modo categorico e possiamo trovarne riscontro al punto 2280 del Catechismo.

Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata. Egli ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo amministratori, non proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo“.

Questo è un punto essenziale che ci deve far riflettere e comprendere che quanto effettuato da Romano e tutti quelli come lui, non è classificabile come eutanasia, ma si tratta di un vero e proprio suicidio, compiendo un vero e proprio atto volontario nella ricerca di porre fine alla propria esistenza che tra l’altro non è messa in pericolo. Se si accettano queste azioni si sdogana tutto e pian piano il suicidio verrà giustificato per qualsiasi ragione, anche per le più futili.

Inoltre il Catechismo della Chiesa Cattolica condanna fermamente l’eutanasia al punto 2276: “Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un’esistenza per quanto possibile normale“. E anche al punto 2277 si aggiunge: “Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile. Così un’azione oppure un’omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L’errore di giudizio, nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere“.

È quindi necessario prendere le distanze da chi fa credere che le azioni effettuati da Marco Cappato siano atti altruistici o misericordiosi. Marco Cappato aiuta semplicemente ad accorciare la strada per l’inferno, e non è sicuramente da sottovalutare l’atteggiamento accondiscendente di coloro che addirittura ne promuovono una premiazione con una così importante onorificenza.

Troviamo altresì inaccettabile che la chiesa non si ponga in modo netto nei confronti di questi atti, ammonendo colui il quale si fa erroneamente paladino di qualcosa da noi e dal Catechismo ritenuto gravissimo.

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