Il Covid? Una opportunità per colpire la religione

di Pietro Licciardi

IN QUASI UN QUARTO DEI PAESI DEL MONDO E’ STATA USATA LA FORZA PER IMPEDIRE I RADUNI RELIGIOSI DURANTE LA PANDEMIA. LO STUDIO DEL PEW RESEARCH CENTER

In piena “pandemia” InFormazione cattolica aveva già messo in guardia sul fatto che il Covid-19 rappresentava, in Europa e in Italia, una magnifica opportunità per portare avanti in maniera ancor più veloce quel controllo e riassetto sociale al quale stanno lavorando da tempo certe oscure élite e anche certi “modernisti” bramosi di accelerare l’avvento di una Chiesa cattolica di nome ma luterana di fatto. A quanto pare però è stata una opportunità per reprimere un po’ ovunque gruppi religiosi e minoranze sgradite ai governi o ad altri gruppi religiosi maggioritari. Ciò è quanto emerge da una ampia ricerca pubblicata il 29 Novembre scorso dal Pew Research Centre, il quale ha esaminato come le restrizioni alle pratiche religiose adottate in tutto il mondo hanno influito sui gruppi di fedeli.

I paesi studiati sono stati 198, praticamente tutti, col risultato che le autorità in quasi un quarto di questi (46, ovvero il 23%) hanno utilizzato arresti e pene detentive per far rispettare le restrizioni legate al Coronavirus sui servizi di culto e altri raduni religiosi. Qualcuno ha cercato di opporsi: in 54 dei 198 paesi (27%) gruppi religiosi hanno intentato causa o si sono pronunciati contro le misure di salute pubblica e la lamentela comune era che chiese, moschee, sinagoghe e altri luoghi di culto fossero trattati in modo diseguale rispetto ad luoghi di ritrovo, come negozi e ristoranti, o rispetto ad altri gruppi religiosi. In Italia ad esempio vi è stata la serrata delle chiese, nonostante siano ormai quasi deserte anche la domenica, mentre i supermercati non hanno mai chiuso.

In 69 paesi (35%), uno o più gruppi religiosi hanno sfidato le norme di sanità pubblica relative alla pandemia ma in 94 paesi, (il 47%), leader o gruppi religiosi hanno incoraggiando i fedeli a pregare a casa, osservare il distanziamento sociale o prendere altre precauzioni, come ad esempio tenere le mani lavarsi e indossare la mascherina. Tuttavia in più di un terzo dei 198 paesi analizzati, i gruppi religiosi sono stati forzati nel 2020 ad adottare certi comportamenti. In 74 paesi (37%), lo studio ha identificato almeno una delle seguenti forzature: imposizione di limiti alle riunioni religiose; governi, gruppi o individui che hanno accusato pubblicamente i gruppi religiosi della diffusione del coronavirus; atti di violenza o vandalismo contro gruppi religiosi accusati di diffondere il contagio.

Questi “incidenti” sono avvenuti in modo abbastanza uniforme in tutto il mondo, in Europa in 20 paesi, mentre in 46 paesi le stesse autorità governative hanno usato la forza per imporre divieti o limiti ai raduni religiosi. Tale conteggio include solo i luoghi in cui i divieti e i limiti sono stati imposti con la forza fisica, come arresti e detenzioni; aggressioni fisiche; danneggiamento, multe, confisca o irruzione di beni privati; spostamenti di persone dalle loro case; o uccisioni. Per quanto riguarda l’Italia tutti ricorderanno i casi di irruzione della polizia nelle Chiese rimaste aperte nonostante la “serrata”, benché senza la partecipazione dei fedeli o le multe e denunce comminate ai sacerdoti che, da soli, in strada, portavano in processione il crocifisso.

Rimandiamo alla lettura del rapporto per i dati completi, tuttavia non vi è dubbio che un po’ ovunque nel mondo non solo le restrizioni hanno colpito i cittadini e i gruppi religiosi in maniera più o meno dura a seconda del grado di libertà e rispetto della legge di ogni paese ma in molti casi le misure sanitarie state un pretesto per discriminare e colpire minoranze religiose sgradite o, come magari nel caso dell’Europa e dell’Italia, per manifestare ancora una volta l’ostilità o indifferenza da parte delle èlite laiciste nei confronti della religione tout court.

 

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