I divulgatori storici di sinistra perdono colpi

di Andrea Rossi

LA FINE DEI “PADRETERNI” ROSSI DELLA STORIA? FORSE SÌ

La Guida semiseria per aspiranti storici social appena pubblicata per Bollati Boringhieri dal divulgatore storico Francesco Filippi, un autore di cui ci siamo occupati in passato, è probabilmente l’apogeo di una saggistica sospesa fra la militanza come metodo storiografico e la megalomania come stile letterario.

Sono 128 pagine che in teoria dovrebbero aiutare il lettore a comprendere come si discute di storia sui social network, ma che in realtà sono un monumento all’ego dell’autore, che disserta sull’argomento non si sa con quale competenza, visto i (due) profili dell’Autore, da mesi privi di qualsiasi forma di dibattito. Viene quindi da chiedersi su quali esperienze (che paiono abbondanti nel volume) si basi questa lectio magistralis, lodata dalla stampa e dai media di sinistra, e non casualmente ignorata dalla stragrande maggioranza delle riviste e delle rassegne storiografiche di impianto scientifico.

In realtà il Filippi, come pure Carlo Greppi, direttore della collana Fact checking (Controllo dei fatti) dell’editore Laterza ed i vari altri Autori come Eric Gobetti (altro argomento su cui ci siamo soffermati) da mesi hanno sostanzialmente interdetto i propri profili social a chiunque abbia vedute diverse dalla loro, dimostrazione di una incapacità di dialogo non solo con il “popolo di facebook”, ma anche con molti esponenti del mondo accademico. I profili di questi divulgatori, che continuamente fanno i maestri con la penna rossa, catoni censori della tradizione, della destra e ovviamente dell’attuale Governo, col passare del tempo si sono ridotti ad un bollettino delle recensioni e delle presentazioni presso questo o quel centro sociale autogestito. Poco alla volta, insomma, pare che la stagione dei “padreterni della storia” che si avventuravano, sempre a sciabolate, su temi dolorosi, dalle foibe alla storia coloniale, dal sedicente ritorno del fascismo alla necessità di cancellarne ogni traccia, si stia finalmente avviando alla conclusione, semplicemente per esaurimento di interesse nell’opinione pubblica.

Purtroppo ciò accade non senza aver fatto danni alla ricerca storica scientifica, ridotta a militanza da centro sociale, e come tale dibattuta fra studiosi o sedicenti tali che ormai se la cantano e se la suonano fra di loro, senza rendersi conto che l’umore del Paese, il ritrovato spirito nazionale, viaggia su ben altre traiettorie. E questo, si badi bene, non accade per fantasiosi condizionamenti mediatici, o per una improbabile propaganda populista, ma per il rimedio naturale all’estremismo di ogni colore politico: il semplice buonsenso, medicina che in ogni epoca storica, ha guarito le piaghe delle ideologie rivoluzionarie e genocide riuscendo sempre a mettere ai margini della storia i profeti di sventura di ieri e di oggi.

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