“Buona fine e buon principio”: ecco perché sono collegati…

di Enzo Vitale

LE ESPRESSIONI DEL LINGUAGGIO PARLATO, CHE A MOLTI SUONANO COMUNI, PORTANO CON SÉ SIGNIFICATI NON SEMPRE A TUTTI CHIARI… 

Ieri mattina salutando un amico spagnolo, gli facevo notare come, dalle mie parti, in occasione del fine anno, gli auguri si rivolgano usando un’espressione che agli stranieri potrebbe suonare alquanto strana: “Buona fine e buon principio”.

Gli italiani non dovrebbero faticare nel comprenderne il senso. La “buona fine” è riferita agli ultimi giorni dell’anno, un augurio a trascorrere serenamente la Vigilia di Capodanno, mentre il “buon inizio”, beh, è chiaro, è l’augurio di vivere spensieratamente il 1° gennaio. Se poi ci aggiungiamo che il 1° gennaio è anche la giornata mondiale della Pace ancora meglio, così che oltre ad essere spensierati, siamo anche in pace… con noi stessi, con gli altri e, soprattutto, con Dio. E questa è la parte più difficile.

Fine anno e inizio anno sono tra loro direttamente collegati tant’è che tradizione vuole che si attenda la mezzanotte per l’augurale brindisi e gli auguri di circostanza: famiglie intere si riuniscono e si attende lo scoccare delle ventiquattro quasi ad essere certi che ci si metta alle spalle un passato che si spera possa essere peggiore del futuro. Quindi, fine e principio, sono direttamente collegati.

Pochi però si rendono conto che la fine di un anno è anche direttamente collegata con l’inizio dell’anno precedente, sebbene tra inizio e fine ci siano 365 giorni. E, ancor meno sono coloro che comprendono come il “finire bene” dipenda proprio dall’aver iniziato in modo corretto, in modo giusto.

Anche in questo caso, infatti, ci viene in aiuto la sapienza popolare: «chi ben comincia è a metà dell’opera». Ma come si può cominciare bene? Basta solo avere buone intenzioni?

Facendo io parte di “una specie assai strana”, nell’attesa della mezzanotte, ci si è inventati una modalità che contrasta assai con il fragoroso rimbombo dei fuochi di fine anno che – speriamo non capiti a nessuno! – in alcuni casi si dimostrano “assassini”. L’usanza strana a cui ci si è abituati è quella di dedicare gli ultimi minuti dell’ultimo giorno dell’anno a Colui che del tempo è Signore e Padrone. Ad esser più chiari, esponendo il Santissimo Sacramento, in ginocchio, rivolgendosi a Colei da cui ogni grazia noi attendiamo, con la recita di quella preghiera tanto stravagante eppur potente, il Santo Rosario, si arriva alla Mezzanotte e, mentre fuori tutto scoppia, nel silenzio, un ministro di Dio alza l’ostensorio per tracciare una benedizione su chi è presente e su chi è assente, su chi ci crede ma soprattutto su chi non ci crede.

Strana assai, bizzarra, questa usanza, ma oramai ne sono abituato. E il minimo che ho pensato di poter fare è condividerlo a mo’ di invito.  La certezza che matura invecchiando, a dirla tutta, è che tra il passato che si vuol gettare alle spalle e il futuro da cui si spera non si sa bene cosa, ciò che conta, veramente e solamente, è l’ostinato presente, che ti mette faccia a faccia con la storia e con il tempo e ti permette di guadagnarti l’unica cosa che realmente conta: l’eternità.

Buona fine e buon principio a tutti.

P.S.

Per la cronaca e per rispondere a qualche curiosità… dopo aver atteso la mezzanotte pregando assieme, ovviamente, c’è sempre il tempo per aprire una bottiglia di spumante e condividere un buon dolce perché – sia chiaro a tutti – siamo e restiamo, per quanto “strani” – esseri umani.

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