Ecco cos’è, prima di tutto, la pace dei cattolici

Ecco cos’è, prima di tutto, la pace dei cattolici

di Pietro Licciardi

IL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA LVI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 

Come tradizione anche quest’anno il Santo Padre ha diffuso il suo messaggio-appello per la Giornata della pace, che ricorre il primo Gennaio di ogni anno. Un messaggio molto breve ma denso, che si apre con l’invito «a restare svegli, a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci ma ad essere invece come sentinelle capaci di vegliare e di cogliere le prime luci dell’alba, soprattutto nelle ore più buie». Quello che si è appena concluso è stato infatti l’anno del Covid-19 e della guerra in Ucraina, eventi ai quali è dedicata gran parte della esortazione. 

«Il Covid-19 ci ha fatto piombare nel cuore della notte, destabilizzando la nostra vita ordinaria, mettendo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, ribaltando l’apparente tranquillità anche delle società più privilegiate, generando disorientamento e sofferenza, causando la morte di tanti nostri fratelli e sorelle», scrive il Papa a proposito di una pandemia che ha «toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri. Pensiamo, ad esempio, ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento».

Ma la pandemia, dice Francesco, ci ha anche lasciato una grande lezione: la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo». 

Ma noi tutti, ricorda ancora il Papa, abbiamo anche imparato che «la fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e negli effetti della globalizzazione non solo è stata eccessiva, ma si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo la garanzia auspicata di giustizia, di concordia e di pace».

La pandemia ha però fatto fare scoperte positive: «un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza». È stata insomma una esperienza da cui è derivata più forte la consapevolezza per i popoli e le nazioni che è nella fraternità e nella solidarietà che si costruisce la pace, si garantisce la giustizia, sui superano gli eventi più dolorosi.

Tuttavia dopo la pandemia è arrivata una ulteriore guerra, «che assieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte»

Di fronte a tutto questo cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dice Papa Francesco. 

Come insegna la Chiesa la pace è un imperativo divino: Vi lascio la pace, vi do la mia pace (Giov. 14, 27). Ma Gesù non ci ha donato una pace qualunque ma la Sua pace, che – si legge sempre nel Vangelo di Giovanni – non è come quella che dà il mondo. La pace dei cattolici è prima di tutto la pace dell’anima, propria di chi essendosi liberato dal peccato è riconciliato con Dio, compie i Suoi precetti e osserva la Sua parola; ovvero ristabilisce un ordine interiore che poi si proietta all’esterno dell’uomo, nelle relazioni familiari, sociali e su, su fino nella vita delle nazioni. La pace insomma è il frutto, come dice Francesco nel suo messaggio, di una conversione del cuore.

Ecco dunque ciò che possiamo considerare il “nocciolo” del messaggio: la rinnovata richiesta di conversione, ovvero riconoscere che Cristo è la via, la verità e la vita. Come scrive Papa Francesco «le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro» e tutte quante, ci permettiamo di ricordare noi, dipendono dal fatto che il mondo ha calato un panno nero sulla luce di Dio che tutto illumina, facendoci piombare nelle tenebre e nel caos, di cui le crisi sopra elencate sono la conseguenza. 

«Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace». Ed ecco un’altra questione centrale: non è il generico “impegno” altruistico e filantropico che cambia la società e il mondo – e che fa oggi purtroppo somigliare molti vescovi e sacerdoti ad operatori umanitari della Ong chiesa cattolica – ma il riconoscimento e accettazione dell’amore infinito e misericordioso di Dio, per noi. Se il Signore mi ama come sono, nonostante la mia miseria e ama anche te, nonostante le tue miserie, tu mi sta a cuore e mi interessi, perché entrambi stiamo a cuore a Cristo Gesù.

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