Guerra tra Russia e Ucraina: “mala tempora currunt”

di Pietro Licciardi

GUERRA RUSSO-UCRAINA: UNA SOLUZIONE SEMBRA ANCORA LONTANA, OCCORREREBBE TRATTARE MA DOVE TROVARE UNA CLASSE POLITICA ALL’ALTEZZA?

Come scrivemmo già quasi all’inizio della guerra l’Ucraina da sola non può vincere e questo in base ad alcune semplicissime considerazioni: gli ucraini sono nominalmente 40 milioni ma molti sono emigrati all’estero per lavorare o fuggiti all’inizio delle ostilità, i russi sono più di 140 milioni. La Russia ha fabbriche di armi e munizioni che potevano tornare in breve tempo in piena attività – cosa che sta accadendo già da alcuni mesi – e depositi ereditati dall’Armata Rossa ancora pieni. Gli ucraini no, dipendendo in tutto e per tutto dai rifornimenti di americani ed europei, che però continuano ad arrivare col contagocce. Del resto non è semplice mettere d’accordo tutti i governi Nato e conciliare le richieste con la limitata disponibilità dei rispettivi arsenali o la preoccupazione di non fornire materiali tecnologicamente troppo sofisticati, che non possono cadere in mani sbagliate. 

Nonostante la disparità di forze in campo gli ucraini sono stati tuttavia abilissimi nello sfruttare l’inefficienza e gli iniziali errori tattico-strategici dell’esercito di Mosca. Prima hanno resistito all’invasione e poi sono addirittura passati all’offensiva nell’area di Kharkiv, a nord del Donbass, riconquistando Izjum. Tuttavia, a causa delle forti perdite di uomini e materiali, si sono dovuti fermare mentre i russi sono riusciti a consolidare le posizioni anche a costo di ingenti perdite di coscritti, mobilitati in fretta e furia e sacrificati con notevole cinismo per guadagnare tempo prezioso. Tempo impiegato per addestrare e riorganizzare nuovi reparti, che al momento stanno entrando man mano in linea per cercare di riconquistare un po’ del terreno perduto e preparare il fronte per una nuova offensiva.

La situazione insomma è tornata in una sostanziale situazione di stallo, il che non significa affatto assenza di combattimenti; tanto è vero che prosegue senza sosta la carneficina, in attesa, da una parte e dall’altra, di poter radunare uomini e mezzi sufficienti per una ulteriore offensiva che però rischia di non essere ancora quella risolutiva a causa delle deficienze logistiche e organizzative di entrambi gli eserciti, impelagati in un conflitto che, come hanno scoperto con preoccupazione soprattutto i vertici militari e della Nato, divora equipaggiamenti in una maniera impressionante nonostante il relativo esiguo impiego di truppe: alcune centinaia di migliaia a fronte dei milioni che si sono affrontati negli stessi luoghi durante il secondo conflitto mondiale. 

I russi cercheranno con ogni probabilità di muoversi per primi, approfittando dell’attuale superiorità numerica dopo la mobilitazione dei mesi scorsi e del relativo scarso numero di carri armati e artiglierie degli ucraini che infatti il generale Valery Zalužnyj, comandante in capo delle forze di Kiev, ha chiesto di ricevere al più presto e in gran numero. Proprio in questi giorni si sta sbloccando l’invio di carri armati Leopard A2 da rastrellare un po’ in tutta Europa ma probabilmente se ne potranno inviare a malapena 150; ancora troppo pochi, senza contare i problemi logistici e di addestramento che comporta per l’Ucraina schierare sistemi d’arma non più ex sovietici ma occidentali. Stesso discorso per gli M1 Abrams americani, senza contare il fatto che prima di vederli in azione passeranno mesi,

Nonostante non vi siano prospettive concrete per una soluzione della guerra sul campo, sia Putin che Zelensky restano fermi sulle loro posizioni, decisi a combattersi ad oltranza. Il primo perché se uscisse sconfitto dovrebbe non solo temere per la propria vita ma anche della tenuta della stessa Federazione, che potrebbe implodere di fronte ad una figuraccia di tali proporzioni; il secondo perché non può tradire il suo popolo che ancora crede fermamente di potersi riprendere tutto, perfino la Crimea. 

A premere per una pace sono piuttosto gli americani. In una conferenza stampa che si è svolta nella base aerea di Ramstein in Germania il segretario di Stato americano alla difesa Lloyd Austin e il generale Mark Milley capo di stato maggiore congiunto hanno sostanzialmente detto che nel 2023 gli ucraini non hanno grandi possibilità di cacciare i russi dal loro territorio e che tutto dovrà finire sul tavolo dei negoziati. A questo punto si chiarisce il senso dell’invito che Milley circa due mesi fa rivolse agli ucraini: trattate coi russi fintanto siete ancora in una posizione di vantaggio.

Tuttavia anche Aleksey Arestovich che si è da poco dimesso dalla carica di primo consigliere di Zelensky. in un Tweet ha rivelato che sono parecchi a pensare ormai che la vittoria di Kiev non sia più garantita, anzi che sia addirittura improbabile. E che il paese sia in affanno lo dimostrerebbe anche la richiesta del generale Zalužnyj rivolta a Zelensky per una ulteriore mobilitazione e la lamentela per lo scarso livello di addestramento delle nuove truppe oltre al fatto che per cercare di riprendere la cittadina di Soledar ad est del Paese – come gli è stato ordinato – gli ucraini stanno attingendo ad ulteriori preziose riserve oltre a quelle già sottratte al fronte di Zaporizhia

Tirando le somme sembrerebbe ancor più evidente che quella in corso tra Russia e Ucraina sia una guerra per procura: combattuta per indebolire militarmente ed economicamente la Russia, quel tanto che basta per ridimensionare le sue smanie di protagonismo sulla scena internazionale, col sangue ucraino e le armi della Nato, anche a costo di creare una frattura insanabile nel cuore dell’Europa, non solo tra due Paesi e due popoli culturalmente vicini, come russi e ucraini, ma anche tra l’Europa dell’ovest e dell’est: i due polmoni che san Giovanni Paolo II avrebbe voluto vede respirare assieme per la rinascita del morale e spirituale del continente.

Una guerra che non si può far vincere all’Ucraina perché questo potrebbe portare, come accennato, alla dissoluzione della Federazione russa. Una eventualità per niente remota se si considera come la sconfitta nella guerra Russo-giapponese del 1905 e quella del 1917 abbiano provocato due rivoluzioni e la fine dell’impero zarista. Ma neppure Mosca deve prevalere, pur dovendone evitare una umiliante sconfitta. Questo spiega forse e almeno in parte perché si rifornisce Kiev quel tanto che basta per difendersi con efficacia senza mai dar modo al suo esercito di accumulare mezzi sufficienti per una azione risolutiva.

A questo punto è evidente l’urgenza di trovare il modo di arrivare alla pace per non prolungare la strage ed evitare l’eventualità di una escalation, sempre in agguato. Non una pace qualsiasi e a tutti i costi, che potrebbe facilmente risolversi in una nuova Versailles, lo sciagurato Trattato che nel 1919 pose le basi per un nuovo e ancor più devastante conflitto, ma un accordo equo e lungimirante capace di poter riportare un giorno tutte le parti a dialogare e commerciare tra loro come prima della guerra. Purtroppo per poter realizzare ciò occorrerebbe una classe politica all’altezza e al momento non se ne vede traccia. 

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