La vita non è un bene disponibile: lo straordinario caso di Cassino

La vita non è un bene disponibile: lo straordinario caso di Cassino

di Gian Piero Bonfanti

TENTA IL SUICIDIO. DONNA SI È SALVATA PERCHÉ I PASSANTI SI SONO DISPOSTI SOTTO LA FINESTRA PER FUNGERE DA CUSCINO CON I LORO CORPI

Abbiamo appreso una notizia interessante diffusa settimana scorsa relativa ad un fatto avvenuto a Cassino, in provincia di Frosinone. Una donna di trent’anni, urlando e chiedendo aiuto dalla propria abitazione, sale sul davanzale della finestra e si getta nel vuoto. In casa con lei c’era un uomo, ma le dinamiche e la motivazione di questo suo gesto non sono ancora noti. Le indagini devono fare il loro corso. Di fatto la donna si è salvata perché i passanti, sentendo le sue urla, si sono disposti sotto la finestra per fungere da cuscino con i loro corpi, riuscendo così ad attutire la caduta e ad evitare la tragedia.

Questo gesto, questo miracolo di vita quotidiana, ha un sapore straordinario in un momento in cui le relazioni sociali sono sempre più difficoltose, in cui le persone pensano sempre più egoisticamente a se stesse e quasi mai agli altri. Ebbene, cosa può aver fatto prontamente reagire tutte queste persone affinché nel giro di brevissimo tempo si organizzassero per salvare la vita di una persona che stava per suicidarsi? Qualsiasi motivo avesse avuto la donna per farla finita, i passanti non hanno esitato a farle scudo con i loro corpi.

Questo gesto ci deve fare riflettere su un tema che oggi è molto attuale: il fine vita. Se i passanti avessero ragionato come quelli che promuovono le pratiche eutanasiche, si sarebbero dovuti voltare dall’altra parte, nella più totale indifferenza, ed avrebbero continuato a fare le cose di cui si stavano occupando senza interessarsi del fatto che questa persona voleva togliersi la vita. Magari avrebbero potuto pure commentare :”È una sua scelta, meglio togliersi la vita che vivere nella disperazione”.

Invece no, l’istinto di soccorso e la carità di molte persone che tra loro probabilmente si conoscevano appena o per nulla, ha fatto sì che non ci fossero esitazioni: questa donna doveva essere salvata. Ma allora per quale motivo spesso si parla del fatto che se qualcuno vuole togliersi la vita, bisogna lasciarglielo fare, per concederle una “morte dignitosa”? Chi decide il “best interest”, ovvero cosa sia più dignitoso per qualcun altro? I parenti? Gli amici? L’opinione pubblica? Si può spingere le persone con enormi difficoltà a cercare l’unica apparente via d’uscita, ovvero una morte anticipata?

Ebbene, noi pensiamo che la vita non sia un bene disponibile, pensiamo che il Signore ce l’ha data e solo Lui ce la possa togliere, nei tempi e nei modi che solo Lui può sapere. Questa voglia di autodeterminazione, tipica dei nostri giorni, sta condizionando negativamente le nostre vite, a partire dal controllo delle nascite, passando dalle ingerenze nelle nostre vite sino ad arrivare a voler determinare il tempo in cui una persona debba lasciare la vita terrena.

Questa volta le preghiere sono servite, raggiungendo persone altruiste nel momento e nel luogo giusto. Perché quindi lasciare che nella disperazione una persona possa cercare la “soluzione” peggiore per sé e per la sua anima? Perché cedere le armi alla disperazione ed abbandonare la fede? Perché lasciare chi ha bisogno di aiuto nella totale indifferenza facendogli credere che vi sia una sola via di uscita, e cioè quella del suicidio?

Una vita è degna di essere vissuta fino all’ultimo respiro, e questa deve essere la concezione di chi soffre in prima persona e di chi gli sta accanto. D’altronde noi cattolici siamo chiamati a difendere i valori non negoziabili, ovvero quei valori fondamentali e irrinunciabili, tra i quali vi è la tutela della vita umana dal suo concepimento sino alla morte naturale. Ricordiamoci: “portae inferi non praevalebunt“.

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