Riflessioni sulla giustizia attraverso una serie di canzoni di Fabrizio De André

Riflessioni sulla giustizia attraverso una serie di canzoni di Fabrizio De André

di Angelica La Rosa

“ALLA STAZIONE SUCCESSIVA”, IN LIBRERIA DAL PRIMO MARZO

Attraverso una serie di canzoni di Fabrizio De André, in “ALLA STAZIONE SUCCESSIVA” (Edizioni San Paolo 2023, 359 pagine, euro 20), l’autore, Raffaele Caruso, avvocato penalista, riflette sulla “giustizia”: uno degli elementi essenziali nel percorso creativo del grande poeta e musicista.

Nella prima parte egli sceglie tredici canzoni sull’argomento, che analizza in profondità attingendo anche ad esperienze personali e professionali. Raccolti gli spunti che emergono da questa lettura, vengono poi passate in rassegna tutte le altre composizioni in cui De André tratta, con diverse sfumature, i temi della colpa, del diritto, del giudizio e dell’autorità.

L’avvincente analisi conduce all’individuazione di un pensiero coerente: partendo dall’umano tipico dell’universo dei protagonisti da lui creati, De André, anche nel solco della critica ad ogni potere, delinea una giustizia che aspira ai tratti della misericordia. Una giustizia che nasce nel cuore dei servi disobbedienti alle leggi del branco e può diventare il parametro di un nuovo approccio anche per la pratica dei Tribunali, delle carceri, dei percorsi di nuova vita di chi riconosce la propria aspirazione a rinascere.

“L’appiattimento della giustizia sulla legalità intende fermare le lancette della storia e rendere impossibile il cambiamento, finendo per considerare come minaccia sociale ogni emersione di umanità che chiede riconoscimento. Un altro punto di vista è possibile, dice Raffaele Caruso a commento di ‘La città vecchia’; un altro mondo è possibile, se rendiamo pensabile la giustizia da un altro punto di vista, se riusciamo cioè a intravederla nello scarto tra l’ordinamento giuridico e ciò che è fuori da esso e che preme per essere riconosciuto. La giustizia è sempre ‘alla stazione successiva’: c’è perché si può vedere e persino praticare anche se il più delle volte si mostra come assenza…”, ha scritto nella postfazione Roberto Cornelli, Professore di Criminologia presso l’Università di Milano-Bicocca. La prefazione, invece, è stata curata da Mons. Antonio Staglianò, Presidente della Pontificia Accademia di Teologia.

 

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