Il pacifismo ideologico non fa parte della dottrina della Chiesa

Il pacifismo ideologico non fa parte della dottrina della Chiesa

di Pietro Licciardi

LE ALI ITALIANE VEGLIANO SULLA PACE, LA NOSTRA SICUREZZA E TRANQUILLITÀ FESTEGGIAMO ASSIEME AI NOSTRI PILOTI

Il 28 Marzo 1923 il re d’Italia Vittorio Emanuele III firmò il decreto col quale si costituì la regia Aeronautica, rendendo l’arma aerea indipendente dall’esercito. Fu quella una prima tappa che avrebbe portato l’aviazione agli attuali livelli di eccellenza, superando prove durissime, come la seconda Guerra mondiale, a cui arrivò assai impreparata a causa di avverse vicende politiche e militari. 

L’arma aerea infatti tra le due guerre subì non soltanto l’usura dei mezzi a causa delle campagne coloniali e della partecipazione alla guerra civile spagnola ma il desiderio italiano di conquistare un posto sotto il sole d’Africa ci costò le sanzioni internazionali che ci privarono delle risorse per procedere all’ammodernamento dei mezzi, costringendo i nostri aviatori ad affrontare il confronto con i britannici Spitfire e Hurricane a bordo di antiquati biplani CR32 e CR42. Solo nel 1942, a conflitto inoltrato e quasi perduto, arrivarono – ma in numero sempre insufficiente – gli ottimi Mc 205 Veltro o il Fiat G55 Centauro, di prestazioni pari se non superiori ai velivoli degli Alleati. Una tragedia per i nostri equipaggi, abbattuti come mosche, e per le nostre città, spianate dai bombardieri nemici che potevano sorvolare i cieli quasi indisturbati. E pensare che le ali italiane erano state tra le migliori. 

Nel 1911 l’Italia fu la prima nazione al mondo ad utilizzare in Libia gli aerei in operazioni militari e sempre durante la guerra italo-turca del 1911 fu il tenente Giulio Gavotti col suo velivolo di tela il primo ad effettuare un bombardamento aereo. La prima guerra mondiale determinò poi un autentico exploit delle macchine volanti, che da quegli aquiloni a motore che erano diventarono delle temibili macchine belliche, come i bombardieri Caproni, tra i migliori dell’intero conflitto. Successivamente arrivarono le imprese aviatorie del dopoguerra, dai record di velocità, come quello ancora imbattuto per idrovolanti conquistato nel 1934 dal maresciallo Francesco Agello sul Macchi Mc 72, a quello di altitudine ottenuto da Mario Pezzi con un biplano Caproni monomotore. Famosissime infine le crociere aeree in solitaria e in formazione degli idrovolanti italiani in Asia e nelle Americhe, le più celebri delle quali sono state quelle di Italo Balbo.

Nel secondo dopoguerra l’ex Regia aeronautica, diventata Aviazioni militare italiana (Ami) è risorta dalla ceneri grazie a qualche velivolo sopravvissuto al conflitto, come l’ottino aereo da trasporto Savoia Marchetti SM82 Marsupiale, rimasto in servizio fino al 1960, e i primi aerei a reazione ceduti o acquistati dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. L’Italia riuscì in seguito anche a produrre velivoli dalle ottime prestazioni i quali ricevettero l’apprezzamento, e le commesse, di numerose altre aviazioni, comprese quelle di alcuni Paesi della Nato, come il Fiat G91 e l’Aermacchi MB326, seguito poi dall’MB309 adottato dalla pattuglia acrobatica, le famosissime Frecce Tricolori.

Dopo un periodo non particolarmente favorevole, tra gli anni Ottanta e Novanta, dovuto anche alle ristrettezze di bilancio e alle resistenze in piena guerra fredda di una sinistra e una opinione pubblica pacifista ispirata dall’Urss, l’Ami è tornata a dotarsi di velivoli moderni e all’altezza dei nuovi scenari geopolitici, anche se probabilmente in quantità non ancora adeguata a causa dei tagli sempre in agguato quando si tratta di materiali destinati alla difesa nazionale. Ci riferiamo ad esempio ai Lockheed Martin F-35, il cui numero è stato via via ridotto fino agli attuali 90 ordinati. Si tratta indubbiamente di una macchina molto costosa, come è inevitabile per apparecchi innovativi sotto tutti i punti di vista, ma di cui la nostra difesa non può fare a meno nel contesto internazionale verso cui ci stiamo muovendo.

A questo proposito c’è da chiarire – per prevenire le scandalizzate obiezioni di qualche lettore che potrebbe storcere il naso nel veder trattare certi argomenti da una testata cattolica – innanzitutto che il pacifismo ideologico, senza se e senza ma, non fa parte, e non lo ha mai fatto, della dottrina della Chiesa, la quale riconosce il sacrosanto diritto alla difesa – personale e della patria – e il dovere di difendere chi è ingiustamente aggredito. In secondo luogo, nel mondo attuale e a maggior ragione in quello che si sta delineando in seguito agli eventi innescati dalla guerra russo-ucraina, non sarà il pacifismo ad evitare i conflitti ma il disporre di uno strumento militare efficiente, credibile, numericamente adeguato e soprattutto la volontà di usarlo, se necessario. 

Se gli ucraini avessero avuto delle forze armate con mezzi migliori di quelli ex sovietici di cui erano dotate e ben addestrate, la guerra in Dombas probabilmente si sarebbe conclusa, anziché trascinarsi per anni e soprattutto la Russia ci avrebbe pensato due volte prima di invadere il Paese, o quantomeno gli ucraini avrebbero potuto approfittare degli iniziali errori di Mosca per condurre una controffensiva risolutiva capace di chiudere in breve tempo un conflitto che invece si sta trascinando da un anno, causando la morte di centinaia di migliaia di soldati e innumerevoli civili, distrutto intere città, devastato campagne una volta coltivate.

Nel centenario della costituzione dell’Aeronautica miliare italiana dunque vogliamo ricordare tutti i nostri piloti, gli specialisti e i militari dell’arma aerea nazionale i quali, spesso a prezzo della vita pure in tempo di pace, difendono i nostri cieli e vegliano sulla nostra sicurezza e tranquillità. 

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