Viviamo in una società sempre più malata dal punto di vista spirituale

Viviamo in una società sempre più malata dal punto di vista spirituale

di Paolo Gulisano

COME AFFRONTARE LE MALATTIE DELLO SPIRITO

Viviamo in una società sempre più malata dal punto di vista spirituale. E’ una realtà evidente, ma molti non se ne accorgono, e vivono lasciando crescere il male. Abbiamo bisogno di cure, e prima ancora di diagnosi. Ed è proprio Diagnosi il titolo di una straordinaria opera (edita in Italia da Oak) del grande filosofo francese cattolico Gustave Thibon, morto nel 2001. Il suo nome  non è tra quelli più celebrati dalla cultura dominante, ma fu un vero maestro per una minoranza di uomini liberi che cercavano la Verità nelle convulsioni della Modernità, dopo la Seconda Guerra Mondiale e ancor di più in quel crogiolo di veleni ideologici che furono gli anni Sessanta.

In Italia Thibon venne pubblicato agli inizi degli anni ’70, e divenne un maestro buono, in mezzo a tanti cattivi maestri. 

Il pensatore francese veniva peraltro da una profonda conversione, che lo aveva portato dal giovanile agnosticismo all’incontro col Cattolicesimo. Lui, figlio di agricoltori, filosofo autodidatta, lontano dalle accademie e dai salotti intellettuali parigini, immerso nella Francia profonda dei villaggi e delle campagne, dove la fede era sopravvissuta alla Rivoluzione e ai Lumi ideologici grazie a tanti buoni sacerdoti e tante buone famiglie, elaborò una filosofia del buon senso,  estremamente realista, in contrapposizione alle ideologie ed alle astrattezze della vita moderna. Vide nel ritorno dell’uomo alla terra la possibilità di salvezza nei confronti di un alienante consumismo e di una società vuota, legata alle chimere della modernità e della tecnologia. 

Thibon dunque anti moderno, cantore della Tradizione, anche se non propugnava affatto un ritorno al passato, ma un suo inveramento nella vita concreta di tutti i giorni. Non a caso il suo capolavoro si intitola Ritorno al reale. 

Il sottotitolo di questa fondamentale opera era “nuove diagnosi”, ponendosi in continuità con il volume  Diagnosi. 

Se  Ritorno al reale può essere considerato come una sorta di manifesto anti-moderno, uno dei diversi che il ‘900 ci ha regalato, attraverso vari autori, Diagnosi può essere invece considerato come un vero e proprio strumento fondamentale per affrontare la post modernità.

Il titolo del saggio non è casuale, e fa riferimento a quelle tecniche con cui si riconosce la presenza di una malattia nell’organismo. La diagnostica è , in Medicina, la capacità di individuare la causa di una patologia. Non per niente il sottotitolo del volume recita: Saggio di fisiologia sociale. Thibon, filosofo di campagna, abituato a scrutare tra semi in maturazione nella terra, tra gemme, tra parassiti che possono intaccare ciò che deve maturare, ricorre per il suo libro a una metafora medico scientifica. E ciò perché nella società ci sono mali, virus del pensiero, tumori dell’anima, da individuare. Si fa diagnosi, per cercare la terapia adeguata. E Thibon è eccezionale nel radiografare, nell’auscultare, nello scovare la presenza delle morbilità sociali.

Il male spesso intacca gli organi principali, e da lì si diffonde. Uno dei più acuti risultati dell’intuizione diagnostica di Thibon individua  nell’incanaglirsi delle élites” , nella loro volgarizzazione, che finisce poi per estendersi alle masse, una delle principali patologie. 

Il secondo focolaio che individua è quello che chiama “funzionalismo”: una asfissiante proliferazione di organismi di controllo,che se negli anni della seconda metà del XX secolo potevano sembrare una caratteristica tipica dei regimi del Socialismo Reale, oggi appaiono invece come il segno inquietante delle società post moderne esistenti e di quelle – Dio ce ne scampi- che dovrebbero uscire dal Great Reset iniziato nel fatidico 2020. 

Thibon appare dunque un profeta degli attuali terribili scenari, quando afferma: “La guerra sarà agente di conservazione e di sintesi, e non più di disintegrazione e di morte. Ci sono infatti dei conflitti legati all’organizzazione, e altri legati alla disorganizzazione. I primi servono la vita, sboccano in una pace superiore, nella purificazione e nella liberazione dei combattenti. I secondi nascono dal disordine e aggravano il disordine, portano a compimento la rovina dell’essere che abitano. E bisogna confessare che la maggior parte dei conflitti del mondo moderno appartengono a quest’ultima specie”.

In questo caso il filosofo-fisiologo non fa solo diagnosi, ma anche prognosi. D’altra parte, poste certe condizioni, non è difficile capire quale potrebbe essere l’evoluzione della situazione. 

Cosa porta Thibon a emettere le sue esatte diagnosi? La sua intelligenza, la sapienza antica di cui si era nutrito, ma anche – e soprattutto- la sua profonda Fede cattolica. Una fede autentica, quella della Francia dei santi, da Giovanna d’Arco al Curato d’Ars. La fede contrapposta alle ideologie, o meglio, all’idolatria.

“ Là dove è seminata l’idolatria – scrive il filosofo di campagna- germina il caos.”. Oppure vediamo elevarsi, in mezzo al brulichio degli idoli, la parodia del Divino autentico. 

Parodie del Cristianesimo per renderlo più moderno, attuale,  simpaticamente attraente, e soprattutto politicamente corretto.  

Per renderlo- ultimamente- postcristiano. Una melassa buonista che avrebbe disgustato Thibon, sostenitore di un Cristianesimo virile, combattente e allo stesso tempo ascetico. Per lui, l’uomo di Destra dovrebbe essere un asceta. Un uomo di Dio, che si oppone al male, che si oppone alle idolatrie, che si oppone al rovesciamento della realtà, perché più diabolico del male è il bene apparente.

A conclusione del suo procedimento diagnostico, Thibon arriva alla conclusione che gli uomini non sono mai stati incatenati tra loro da legami così artificiali e inumani. Una realtà sempre più simile a quella di un inferno risalito sulla Terra.

“L’inferno infatti è il luogo in cui la centralizzazione e l’anarchia sono portate alla loro suprema espressione”. 

La parodia finale, ossia un rovesciamento della realtà, di quel Fatto accaduto a Betlemme duemila anni fa,  una realtà incontrovertibile. Una realtà a cui il Male cerca disperatamente di opporsi. “Il diavolo è imitatore di Dio” dice Tertulliano, e in seguito l’espressione  “Il diavolo è scimmia di Dio” è presente in molti autori. Cioè il diavolo scimmiotta il Creatore, vuole mettersi al suo posto ma con risultati miseri ed orribili.

Ad una diagnosi corretta, come quella contenuta nelle pagine di Thibon, non deve però seguire la rassegnazione fatalista, ma una terapia, e il filosofo ce la indica: al ritorno al reale deve seguire il ritorno alla Verità.



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