Quante persone sono entrate nel vortice del gioco d’azzardo senza accorgersene
di Gian Piero Bonfanti
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LA “DEA BENDATA” HA ORAMAI SOSTITUITO IN MOLTI CASI LA NOSTRA FEDE
Vi è mai capitato di essere in fila ad una ricevitoria del lotto per pagare una bolletta, mentre una signora anziana scavalca tutta la coda per acquistare un gratta e vinci? E poi voltarsi e vedere la gente in fila con le “schedine” in mano mentre in fondo si sente il ticchettio dei tasti di un apparecchio elettronico che ipnotizza un ricercatore di buona sorte?
A me è successo proprio questa mattina, ed il fenomeno ha un nome: si chiama ludopatia. Quante persone sono entrate nel vortice del gioco d’azzardo senza accorgersene.
Il numero di persone dipendenti da questa patologia sta di giorno in giorno aumentando e sembra che più si percepisca una situazione di crisi, più la gente sia disponibile a “buttare via soldi” per cercare una vincita al banco, sia che si tratti di un SuperEnalotto, del Bingo o di una giocata al tavolo di un Casinò.
I numeri parlano chiaro: sono oltre 1,3 milioni gli italiani malati patologici di dipendenza da gioco d’azzardo e solo poco meno del 10% di loro (circa 12mila) sono in cura.
Secondo gli ultimi dati censiti tra il 2017 ed il 2018 si stima che il volume di denaro giocato superi i 100 miliardi di euro l’anno, portando ad una media di gioco pro-capite di ca. 1780 euro annue (dato che include anche coloro che non sono affetti da tale patologia o che vengono considerati “giocatori occasionali”).
Le persone affette da ludopatia generalmente hanno un rapporto esclusivo e altamente coinvolgente con il gioco, al punto tale che l’elevato livello di eccitazione li porta a trascurare famiglia, affetti e lavoro.
Una vera manna per coloro che guadagnano su questo proficuo business, un vero successo per chi vuole una società apatica e assente, disposta a giocarsi molti dei propri averi nella speranza di una poco probabile vincita.
Sappiamo che il rapporto tra chi scommette e chi incassa è sempre perdente, e questa non è una novità, lo è sempre stato dai tempi dei tempi.
Tuttavia appare evidente che più aumentano le difficoltà e più aumenta la ricerca spasmodica del “colpo di fortuna”.
Questo per chi crede che la fortuna esista.
Per chi confida in questa credenza pagana, non certo cristiana.
La dea Fortuna era infatti una divinità antica, forse precedente alla fondazione di Roma anche se i romani ne attribuivano l’introduzione del culto a Servio Tullio, il re che più, fra tutti, fu favorito dalla “Fortuna”, alla quale dedicò ben ventisei templi nella capitale.
La sua corrispettiva nella mitologia greca era la dea Tyche, ma anche qui siamo molto lontani dalla nostra fede.
Tutto questo non fa parte della formazione cristiana e riteniamo che sicuramente potrebbe essere molto più salutare ed edificante pregare, leggersi un libro, o dedicarsi ad opere di bene, piuttosto che sperperare i propri averi nella ricerca di una vincita che un’ipotetica dea pagana potrebbe concederci.
Fate due calcoli e potrete capire la portata della speculazione che si cela dietro questo fenomeno.