In Italia le mafie hanno raggiunto un basso profilo di esposizione e, quindi, sono particolarmente insidiose

In Italia le mafie hanno raggiunto un basso profilo di esposizione e, quindi, sono particolarmente insidiose

a cura di Angelica La Rosa

IL NUOVO RAPPORTO DELLA DIA (DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA): “LE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI ITALIANE E STRANIERE SONO ORMAI PROIETTATE A VALICARE SISTEMATICAMENTE I CONFINI NAZIONALI, COSTITUENDO UNA CRESCENTE MINACCIA PER LA SICUREZZA DEGLI STATI, DELLE LORO ECONOMIE E DEI DIRITTI DEI CITTADINI”

E’ stata pubblicata ieri la Relazione sull’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel primo semestre del 2022, presentata dal Ministro dell’Interno, e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del I semestre del 2022.

Il documento propone la descrizione del quadro criminale e i profili evolutivi delle organizzazioni di tipo mafioso e di matrice etnica soffermandosi sui rispettivi modus operandi e avendo riguardo alle differenti capacità in ordine alla infiltrazione nell’economia legale e al turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Una particolare attenzione, in continuità con lo scorso semestre, è stata riservata al crescente ricorso alle transazioni finanziarie attuate mediante l’utilizzo di nuove tecnologie come la blockchain, per lo scambio di rappresentazioni digitali di valore quali le criptovalute e gli NFT, ed alle iniziative istituzionali finalizzate a contrastare efficacemente, anche in questo campo, il riciclaggio e il finanziamento delle mafie.

L’elaborato sottolinea, inoltre, l’importanza della cooperazione internazionale per massimizzare l’efficacia della lotta alle organizzazioni criminali ormai proiettate a valicare sistematicamente i confini nazionali. Al riguardo, la DIA persegue con il massimo impegno l’azione di contrasto internazionale alle mafie non solo sul piano operativo ma anche tramite una più energica opera di sensibilizzazione degli omologhi stranieri. Un impegno perseguito avvalendosi dell’importante progetto della Rete Operativa Antimafia @ON di cui la DIA è ideatore, promotore e Project Leader ed a cui è dedicato lo specifico Focus di approfondimento.

Pubblichiamo di seguito l’abstract del rapporto

L’analisi dei fenomeni delittuosi e l’esame delle operazioni di contrasto concluse dalle Forze dell’ordine, con riferimento al primo semestre del 2022, confermano la tendenza rilevata da diversi anni circa il generale inabissamento dell’azione delle consorterie più strutturate che hanno ormai raggiunto un più basso profilo di esposizione e, come tale, particolarmente insidioso proprio in ragione dell’apparente e meno evidente pericolosità. Tale tendenza risulta sempre più diffusa in tutte le matrici mafiose in considerazione del vantaggio loro derivante dalla mimetizzazione nel tessuto sociale e dalla conseguente possibilità di continuare a concludere i propri affari illeciti in condizioni di relativa tranquillità senza destare le attenzioni degli inquirenti. La criminalità organizzata infatti preferisce agire con modalità silenziose, affinando e implementando la pervasiva infiltrazione del tessuto economico-produttivo anche avvalendosi delle complicità di imprenditori e professionisti, di esponenti delle istituzioni e della politica, formalmente estranei ai sodalizi. Una indubbia capacità attrattiva è sempre rappresentata dai progetti di rilancio dello sviluppo imprenditoriale nella fase post-pandemica e dall’insieme di misure finalizzate a stimolare la ripresa economica nel Paese compulsate anche da finanziamenti europei tramite i noti finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). 

Con riferimento al territorio nazionale, permane sempre alta l’attenzione delle Forze dell’ordine e della Magistratura verso il contrasto alle tradizionali organizzazioni mafiose ed a quelle composte da stranieri che, nel nostro Paese, hanno costituito sodalizi criminali. Ne è chiaro esempio il rinnovato assetto territoriale della DIA che è stato recentemente rafforzato con l’elevazione di alcune Sezioni a Centri Operativi e con l’istituzione, il 1° marzo 2022, della Sezione Operativa di Potenza poiché fortemente voluta dalle Istituzioni, nazionali e locali, per incrementare il monitoraggio e il contrasto antimafia in quel territorio. Inoltre, il 12 ottobre 2022 è stata inaugurata la nuova Sezione Operativa di Cagliari che garantirà una maggiore aderenza ed efficienza delle azioni volte a fronteggiare anche la criminalità organizzata attiva nel territorio sardo.

La presente Relazione propone, come di consueto e con la usuale attenzione allo sviluppo ed alle trasformazioni delle organizzazioni mafiose, la descrizione del quadro criminale – anche schematizzata con l’ausilio di mappe esplicative della sua evoluzione recanti le presenze dei principali sodalizi attivi in ragione delle risultanze investigative concluse dalla DIA e dalle Forze di polizia – senza tralasciare gli importanti ulteriori elementi informativi contenuti nei provvedimenti di scioglimento degli Enti Locali.

Gli esiti recenti delle più rilevanti inchieste restituiscono ancora una dimensione della ndrangheta, sempre pervicace nella sua vocazione affaristico-imprenditoriale, che ha sinora dimostrato di saper diversificare gli investimenti orientandoli anche negli ambiti economici leciti che maggiormente risentono dell’attuale crisi finanziaria. 

Le investigazioni concluse hanno altresì documentato la capacità della criminalità organizzata calabrese di proporsi a imprenditori in crisi di liquidità dapprima come sostegno finanziario, subentrando poi negli asset e nelle governance societarie per capitalizzare illecitamente i propri investimenti. 

L’attività di prevenzione antimafia condotta dai Prefetti, nella Regione di origine e in quelle di proiezione, ha disvelato l’abilità delle ‘ndrine d’infiltrare le compagini amministrative ed elettorali degli enti locali al fine di acquisire il controllo delle risorse pubbliche e dei flussi finanziari, statali e comunitari, prodromici anche ad accrescere il proprio consenso sociale. 

Anche al di fuori dei territori di origine, la ‘ndrangheta esprime la sua spiccata capacità imprenditoriale grazie ad ingenti risorse economiche derivanti dal narcotraffico. I sodalizi calabresi, in tale ambito, continuano a rappresentare gli interlocutori privilegiati per i cartelli sudamericani in ragione degli elevati livelli di affidabilità criminale e finanziaria, garantiti ormai da tempo. 

Negli ultimi anni, anche l’Africa occidentale, in particolare la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana, è diventata per le cosche di ‘ndrangheta uno snodo logistico sempre più importante per i traffici internazionali di droga. 

I flussi intercontinentali di stupefacenti non hanno fatto registrare flessioni significative neanche nel periodo di limitazioni alla mobilità imposte a causa della nota crisi pandemica. 

Significative risultanze investigative nel semestre hanno pertanto confermato la centralità degli scali portuali di Gioia Tauro (per la Regione Calabria) e quelli di Genova, La Spezia, Vado Ligure e Livorno per l’alto Tirreno. Al di fuori della Regione d’origine, oltre a insidiare le realtà economico-imprenditoriali, le cosche tentano di replicare i modelli mafiosi originari facendo leva sui tradizionali valori identitari con proiezioni di ‘ndrangheta che fanno sempre riferimento al Crimine quale organo di vertice deputato a dettare le strategie, dirimere le controversie e stabilire la soppressione ovvero la costituzione di nuovi locali. Le inchieste sinora concluse hanno infatti consentito di individuare nel Nord Italia 46 locali (in Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige).

Gli esiti giudiziari confermano altresì la tendenza dei gruppi criminali calabresi ad instaurare forme di collaborazioni utilitaristiche con consorterie di diversa matrice mafiosa, spesso giustificate da specifiche contingenze piuttosto che da una consolidata condivisione di interessi criminali. Ciò risulta valido, soprattutto, anche con riferimento alle relazioni intrattenute con compagini straniere e, in particolare, albanesi e sudamericane.

In ragione della coesa struttura, delle sue capacità “militari” e del forte radicamento nel territorio, la ‘ndrangheta si conferma oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza con mire che interessano quasi tutte le Regioni (Lazio, Piemonte e Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna). Proiezioni che si spingono anche oltre confine e che coinvolgono molti Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania, Bulgaria e Malta), il continente australiano e quello americano (Canada, USA, Colombia, Perù e Argentina).

In Sicilia cosa nostra continua ad evidenziare l’operatività delle sue articolazioni pressoché in tutto il territorio dell’isola con consolidate proiezioni in altre regioni italiane e con rinnovati rapporti con famiglie ormai radicate da tempo all’estero, anche oltreoceano. Per i sodalizi di cosa nostra palermitana e quelli delle province occidentali della Sicilia la prolungata assenza al vertice di una leadership solida e riconosciuta, nel rendere meno stringenti regole e vincoli gerarchici, starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa. Si assiste, nel contempo, al ritorno in libertà di anziani uomini d’onore che cercherebbero di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di riferimento. 

Le numerose operazioni di polizia e l’incisiva attività di prevenzione antimafia impongono alle consorterie mafiose siciliane un continuo sforzo di adattamento e di riorganizzazione se non, addirittura, di rigenerazione. Le recenti investigazioni hanno anche mostrato come molti detenuti mafiosi, tornati in libertà, sono stati nuovamente coinvolti nelle dinamiche criminali dei sodalizi di appartenenza. Nel territorio siciliano non manca, tuttavia, la presenza di altre organizzazioni mafiose sia autoctone, sia straniere, che coesistono prevalentemente con cosa nostra in ragione di un’ampia varietà di rapporti e di equilibri. 

Nell’area di Agrigento continua a registrarsi la presenza anche della stidda e di altri sodalizi para-mafiosi, come paracchi e famigghiedde. 

Sul versante orientale dell’Isola operano altri sodalizi mafiosi non inseriti in cosa nostra ma altrettanto pericolosi. In particolare, a Catania la peculiarità del fenomeno mafioso è confermata dalla contestuale operatività di plurimi sodalizi: quelli costituenti vere e proprie articolazioni di cosa nostra e altri, con la medesima connotazione, ben distinti. Evidente inoltre è la propensione dei sodalizi catanesi ad espandere la loro zona di influenza nei contesti circostanti. L’assenza dunque di articolazioni rigidamente strutturate determina la presenza di organizzazioni diverse che talvolta coesistono condividendo i medesimi spazi territoriali in funzione del perseguimento dei comuni scopi illeciti. Gli attuali equilibri criminali rappresentano quindi il risultato di una mafia ad “assetto variabile” con costante fluidità in cui, a seconda delle temporanee leadership o dei business illegali da gestire o da contendersi, nel tempo si sono succeduti periodi di alleanze, tregue negoziate o contrapposizioni violente tra i diversi clan. 

Nelle province di Siracusa e Ragusa tangibili risultano le influenze di cosa nostra catanese e, in misura più ridotta, anche della stidda gelese, molto diffuse nel solo territorio ibleo.

L’oramai minimale ricorso alla violenza da parte della criminalità organizzata siciliana rafforza la tesi che questa, e in particolare cosa nostra, intende evitare di generare allarme nella pubblica opinione per meglio perseguire i propri, irrinunciabili obiettivi di arricchimento e di acquisizione di nuove posizioni di potere. 

I principali interessi criminali delle mafie siciliane si confermano il traffico di stupefacenti, le estorsioni e l’usura, il gioco e le scommesse online, attività tuttora molto remunerative. Nel traffico degli stupefacenti, cosa nostra impegna le sue migliori risorse per il coordinamento e la gestione di mercati e piazze di spaccio, quest’ultime affidate a gruppi criminali talvolta direttamente affiliati. Nella dimensione ultraregionale instaura relazioni commerciali e stringe alleanze o forme di cooperazione con altre matrici mafiose (quali ‘ndrangheta e camorra) per l’approvvigionamento di più ingenti quantitativi anche su larga scala. In particolare, le risultanze investigative del primo semestre 2022 hanno comprovato come cosa nostra abbia mantenuto aperto un canale preferenziale di negoziazione con le ‘ndrine calabresi soprattutto per l’approvvigionamento di cocaina. 

Nel semestre in esame, con particolare riferimento alle estorsioni – che costituiscono alla pari del traffico di sostanze stupefacenti un’altra fonte di primario sostentamento economico per le famiglie mafiose e per i familiari dei detenuti – si evidenziano crescenti modus operandi alternativi alla tradizionale richiesta del “pizzo”. Il ricorso alla pratica estorsiva, antico e fondamentale strumento di controllo del territorio per cosa nostra, oggi viene declinato con modalità più persuasive e senza ricorrere all’uso della violenza, “limitandosi” all’imposizione di forniture di beni, servizi e manodopera anche a prezzi leggermente superiori a quelli di mercato. 

Un settore particolarmente appetibile a cosa nostra, che garantisce elevatissimi profitti a fronte di rischi molto modesti, è costituito dal settore dei giochi e delle scommesse online. In tale ambito, le attività di contrasto eseguite anche sul piano patrimoniale dalla Magistratura e dalle Forze di polizia hanno evidenziato una tendenza dei principali gruppi mafiosi ad acquisire la gestione, diretta o indiretta, di concessionarie di giochi e di sale scommesse, anche imponendo in maniera più rudimentale la sola installazione di slot machine in bar o tabaccherie, garantendosi una particolare forma di controllo del territorio funzionale anche al riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati. 

Nella regione siciliana, si conferma la presenza di organizzazioni criminali di etnia straniera cui è riconosciuta la tipicità mafiosa. In particolare, i sodalizi nigeriani basati sul cultismo e identificati da varie sigle rappresentano una minaccia significativa nell’isola. Dediti prevalentemente alla gestione del traffico di stupefacenti, della prostituzione e, in alcuni casi, della tratta di esseri umani, risultano attivi soprattutto a Palermo e a Catania anche in ragione del “benestare” ricevuto da cosa nostra che consente loro di controllare la prostituzione su strada e lo spaccio di stupefacenti in determinate aree territoriali. 

L’interesse delle consorterie mafiose siciliane fuori regione si rivolge prevalentemente (con riferimento alle presenze in Lazio, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana) all’infiltrazione nell’economia con la commissione di frodi fiscali e riciclaggio di capitali. All’estero, tra i Paesi più interessati al fenomeno si segnalano Spagna, Belgio, Germania, Austria, Romania, Malta, Canada, USA.

La Regione Campania si caratterizza per la presenza di fenomeni mafiosi variegati e complessi, più comunemente definiti camorra, che si differenziano in ragione delle aree di influenza e di operatività secondo molteplici e peculiari caratteristiche.

Costante e notevole è stato lo sforzo profuso per il contrasto ai fenomeni mafiosi, anche nel semestre in questione, dalle Autorità Giudiziarie e di Pubblica Sicurezza congiuntamente a quello delle Forze di Polizia e della DIA. Il contenuto dei provvedimenti giudiziari, nonché degli accertamenti eseguiti nell’ambito di provvedimenti di prevenzione antimafia, hanno consentito di ricostruire un quadro esaustivo dell’attuale situazione della criminalità di tipo camorristico in Campania. 

I grandi cartelli camorristici che hanno assunto la gestione di tutte le attività illecite più remunerative nel capoluogo campano e i clan di camorra più strutturati che controllano gran parte del territorio regionale hanno ormai raggiunto un livello di ibridazione tale da renderli sempre più nella forma delle cd. “imprese mafiose”, competitivi e attrattivi anche nei settori dell’economia e della finanza. 

La camorra si è fatta “sistema” sino a permeare ogni aspetto e ogni livello della società civile in una avanzata apparentemente inarrestabile che, però, gli anticorpi dell’antimafia continuano ad arginare e combattere con sempre più vitalità.

Si evidenzia ulteriormente la tendenza dei clan più evoluti e strutturati a “delocalizzare” le attività economiche per il riciclaggio e il reinvestimento dei proventi illeciti al di fuori dei confini regionali e nazionali, soprattutto con l’obiettivo di trasferire le ricchezze in aree geografiche ritenute più sicure e remunerative.

Coesistono, tuttavia, due dimensioni parallele e sovrapposte della criminalità mafiosa di tipo camorristico. Una più visibile e palpabile “su strada” che impatta violentemente sulla vita della popolazione campana e l’altra più subdola e meno evidente, ma maggiormente insidiosa, che si rivolge all’economia e alla finanza anche mediante manovre collusive e corruttive.

La pericolosità delle organizzazioni camorristiche non si limita soltanto alle manifestazioni delittuose più eclatanti e che destano maggiore allarme sociale; la minaccia più grave e, al tempo stesso, meno percepita dall’opinione pubblica è oggi rappresentata dal vasto potere economico che queste realtà criminali ormai promanano nel territorio. Gli ingenti profitti derivanti dalle attività illecite vengono immessi nell’economia legale con elevata alterazione delle regole di mercato e della libertà d’impresa, inquinando interi ambiti commerciali. In taluni casi è stata anche accertata la pervasiva ingerenza all’interno della pubblica amministrazione che stravolge, spesso irrimediabilmente, i processi decisionali degli enti locali. 

L’innesco di tale processo è determinato soprattutto dalla disponibilità da parte dei sodalizi di consistenti capitali illeciti derivanti soprattutto dal traffico di sostanze stupefacenti, i cui proventi, in denaro contante, incidono plasticamente sulla vulnerabilità del sistema economico legale caratterizzato da una perdurante crisi di liquidità. A quella economica si affianca altresì una grave crisi valoriale che interessa ampie fasce di amministratori locali, funzionari della pubblica amministrazione e operatori economici che, sensibili al fascino del facile guadagno, si rendono disponibili a comportamenti collusivi e a pervasive pratiche corruttive, consentendo alla camorra di integrarsi a “sistema” all’interno del circuito legale. 

In questo ambito le organizzazioni camorristiche più strutturate e dotate di una solida tradizione criminale riescono a capitalizzare le proprie capacità di relazione e di intermediazione sul piano sociale, politico ed economico, creando pericolose contiguità all’interno di interessi di tipo crimino-affaristici.

Capitale economico e “capitale sociale” determinano cos’è l’alterazione delle regole del libero mercato e, in taluni casi, anche dei processi decisionali degli enti locali laddove accertata risulta l’infiltrazione della camorra nelle compagini elettive. Trattasi, pertanto, di un fenomeno gravissimo i cui profili ci vengono restituiti dall’analisi dei numerosi provvedimenti ablatori, di tipo interdittivo o anche giudiziario, adottati a carico di imprese e attività commerciali intestate, talvolta fittiziamente, a soggetti riconducibili alle più influenti famiglie camorristiche. 

La camorra si muove infatti nel tessuto economico e sociale con formidabile efficacia finanziando imprese e attività produttive in difficoltà e sfruttando le proprie capacità di mediazione per costituire reti di relazioni trasversali, funzionali alla capitalizzazione degli ingenti profitti illecitamente accumulati. Nella costante ricerca di nuovi e inediti settori economici da sfruttare, le organizzazioni criminali campane hanno orientato il proprio interesse verso il commercio di idrocarburi, sia all’ingrosso, sia al dettaglio e, da ultimo, anche verso la raccolta di olio alimentare esausto che rappresenta oggi un vasto e proficuo affare. 

La galassia camorrista in Campania è costituita da clan storici connotati da una stretta appartenenza familiare dei rispettivi componenti. Questi sodalizi hanno raggiunto nel tempo una posizione dominante all’interno del panorama criminale della Regione in grado di esercitare un’incisiva regolazione dei mercati illeciti, soprattutto in materia di stupefacenti, nonché un capillare controllo dell’economia legale tramite la partecipazione finanche diretta in aziende, imprese e attività commerciali, sino a occupare talvolta intere filiere produttive. 

Permangono contestualmente formazioni minori, anche di tipo familistico, il cui principale fattore identitario è rappresentato dal territorio – spesso corrispondente a interi rioni e quartieri o talvolta a semplici palazzi – le quali ricorrono all’uso della violenza per risolvere contrapposizioni con altri clan del medesimo cartello o per sottrarre piazze di spaccio ai gruppi antagonisti.

Il contesto criminale dell’area metropolitana di Napoli è caratterizzato da una “iper-competitività” tra clan cui corrisponde un frequente ricorso ad atti violenti, commessi anche con l’uso delle armi, che suscita allarme sociale e molto spesso distrae l’attenzione dell’opinione pubblica dalla crescente capacità collusiva/corruttiva dei grandi cartelli cittadini che, sfruttando radicate tradizioni criminali e stretti vincoli fiduciari, infiltrano il locale tessuto economico e sociale. 

L’interesse fuori regione delle consorterie mafiose campane si rivolge prevalentemente al narcotraffico e al riciclaggio di capitali, con particolare riferimento a Lazio, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Molise e Saredgna. All’estero, tra i Paesi più interessati al fenomeno, si segnalano Spagna, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Germania, Austria e Romania.

Nella regione Puglia emerge la presenza di tre macro scenari criminali, tra loro eterogenei, rappresentati dalla c.d. mafia foggiana, dalla criminalità barese e dalla sacra corona unita. 

L’effervescenza criminale registrata sin nei primi giorni del semestre riflette il dinamismo di equilibri e assetti criminali segnati non solo da contrasti tra clan contrapposti ma anche da frizioni intraclaniche.

Talune tensioni interne sarebbero riconducibili sia alla pressione delle nuove leve, impazienti di scalare le gerarchie criminali e disposte a tutto pur di ricoprire ruoli apicali, sia ai mutamenti repentini delle alleanze dovuti ai continui tentativi per l’acquisizione di maggiori spazi e poteri nei territori di riferimento. Le relazioni funzionali che, per contingente e reciproco interesse, si instaurano fra i sodalizi attivi nelle città pugliesi e talvolta anche con quelli gravitanti in provincia, rappresentano una peculiarità del vivace scenario delinquenziale in disamina. L’irrinunciabile controllo militare del territorio, non disgiunto dalla diffusa vocazione affaristica, porta le consorterie pugliesi ad espandere gli interessi criminali anche al di fuori del territorio regionale. Lo scopo rimane sempre quello di massimizzare i profitti illeciti mediante la strategia di mimetizzazione all’interno dei gangli vitali della società civile, ovviamente con gravi ripercussioni per l’economia legale e il regolare funzionamento delle istituzioni locali. 

Sotto questo profilo la criminalità barese si conferma la mafia degli affari. In tale ambito, i principali sodalizi baresi avrebbero evidenziato avanzate strategie di investimento e spiccate capacità di insinuarsi all’interno degli enti locali, condizionandone i flussi economici, il libero mercato e l’attività decisionale della Pubblica Amministrazione.

Nell’area barese il clan di Japigia risulterebbe il principale artefice delle commistioni fra business criminali e ambiti politico-amministrativi, conseguite tramite la ricerca di circuiti collusivi nel settore della funzione pubblica. Il sodalizio ha persino manifestato la capacità di interagire con soggetti apicali di altre matrici criminali.

La propensione affaristica delle mafie pugliesi sarebbe evidente anche nel Salento ove trovano l’humus ideale per attecchire nei nevralgici settori produttivi dell’area, spesso influenzandone ed orientandone le politiche e le linee di sviluppo economiche e imprenditoriali. 

Nella provincia di Lecce la spiccata ingerenza della criminalità organizzata ha determinato anche lo scioglimento del Comune di Neviano (LE), in ragione di documentati e concreti elementi di condizionamento mafioso in taluni amministratori locali. 

I clan della sacra corona unita, anche nel Salento, farebbero sistematico ricorso a pratiche estorsive e più comunemente definite c.d. “metodo mafioso ambientale”. 

Neanche la criminalità mafiosa del foggiano sembrerebbe rinunciare alle appetibili risorse dei principali settori economico-finanziari del territorio nel cui ambito riesce a sfruttare al meglio la connivenza di imprenditori e amministratori locali. 

Anche nel periodo di riferimento risulta la provincia di Foggia quella che manifesta le più efferate forme di violenza e di aggressività al fine di affermare il controllo del territorio, nonostante le incisive attività di contrasto eseguite dalle forze di Polizia e dalla Magistratura. 

Gli efferati delitti consumati nel primo semestre 2022 sembrerebbero sottendere precari equilibri criminali nei vertici delle organizzazioni egemoni, lasciando così presagire imminenti mutamenti negli assetti, nelle alleanze o, più semplicemente, nei precedenti e taciti accordi di non belligeranza. 

Anche dall’analisi dell’operato delle mafie presenti nella provincia di Barletta-Andria-Trani emerge l’adozione di pervicaci modelli finalizzati al condizionamento della pubblica amministrazione come documentato dallo scioglimento del Consiglio comunale di Trinitapoli. 

Nella città di Bari, invece, gli storici attriti fra i grandi sodalizi si riflettono nello scenario delinquenziale della provincia dove le attività delittuose risultano quelle tipiche delle aree metropolitane anche per quanto concerne gli altalenanti rapporti di conflittualità e alleanze. Sotto il profilo dell’analisi evolutiva, nella generale instabilità criminale potrebbero influire non solo le recenti e le prossime scarcerazioni dei boss della camorra barese ma anche le scelte di collaborazione con la giustizia adottate da alcuni elementi di rilievo. 

In tutta la regione continua a manifestarsi la consistente disponibilità di denaro dei sodalizi, frutto dei traffici illeciti più remunerativi come quelli derivanti dagli stupefacenti, nel cui settore restano comunque consolidati i rapporti delle consorterie del Paese delle Aquile con importanti canali di rifornimento di origine asiatica per marijuana, eroina, hashish, cocaina e droghe sintetiche.

L’instancabile fiuto per gli affari orienta le attività criminali delle mafie pugliesi anche in direzione di altre forme di guadagno quali il contrabbando di sigarette e, come accennato, la gestione del gioco e delle scommesse on-line, non tralasciando gli appetibili settori della gestione dei rifiuti e del turismo. In ordine al contrabbando di TLE, pur non rappresentando il business principale della malavita organizzata, esso sembrerebbe suscitare ancora un particolare interesse in quanto rimane una delle voci di bilancio criminale più remunerative.

Le mire fuori regione delle consorterie criminali pugliesi si rivolgono prevalentemente al traffico di stupefacenti e al cosiddetto “pendolarismo criminale” finalizzato alla commissione di reati predatori. Segnali di queste presenze sono stati colti in Lombardia, Veneto, Abruzzo, Molise. Non mancano contatti con territori esteri e, in particolare, con l’Albania per l’approvvigionamento di carichi di stupefacenti via mare ma anche con Spagna, Paesi Bassi, Germania e Romania.

Il singolare panorama criminale della Basilicata, caratterizzato da sodalizi autoctoni e da allogene manifestazioni mafiose provenienti dalle regioni confinanti, ‘ndrangheta, camorra e mafie pugliesi, ha portato all’istituzione, il 7 marzo 2022, della Sezione Operativa DIA a Potenza. 

Lo scenario della regione, segnato dalle difficoltà economiche in cui versano le imprese e dall’elevato tasso di disoccupazione tra la popolazione residente, rappresenta un fattore di seria vulnerabilità alle pressioni delle cosche mafiose delle regioni confinanti, molto interessate anche ai cospicui flussi di fondi pubblici investiti nel territorio.

I diversi sodalizi criminali, sebbene duramente ridimensionati  nel tempo dalle attività delle Forze di Polizia e della Magistratura, si sono rivelati, al pari di altre realtà delinquenziali, più progredite e particolarmente inclini a rigenerarsi con crescente attività di proselitismo e diversificazione delle attività illecite, evolvendo gradualmente verso formazioni a “gestione imprenditoriale” che incrementano i rischi d’infiltrazione nella pubblica amministrazione. Sotto questo profilo, l’attuale scenario criminale lucano riflette le variegate origini dei vari clan storicamente insediati nel territorio ove è stata registrata l’operatività di gruppi e la presenza di consorterie legate ad organizzazioni di matrice calabrese e pugliese. Nel dettaglio, si individuano tre distinte zone territoriali in cui insistono diversi sodalizi mafiosi: l’area di Potenza e del suo hinterland, quella del Vulture Melfese a nord della provincia e, infine, il territorio della fascia jonica cosiddetta metapontina in provincia di Matera. Pur evidenziando attività illecite simili, le tre macro aree criminali si differenziano con riferimento alla vulnerabilità verso le infiltrazioni mafiose che, nel caso della provincia di Matera, è rappresentata dalla particolare posizione geografica quale vero e proprio snodo tra Puglia, Calabria e Campania. 

La presenza criminale straniera in Italia costituisce un universo eterogeneo, dinamico e in continuo mutamento che vede il suo progressivo consolidamento nel territorio nazionale con crescente autonomia operativa dei sodalizi nella gestione di importanti traffici transnazionali. 

L’assenza di conflittualità generalmente riscontrata nei rapporti tra mafie autoctone e straniere è spesso sintomatica di una coesistenza tra le due matrici che talvolta si manifesta in forme di compartecipazione nei convergenti interessi illeciti come, ad esempio, nel traffico di stupefacenti o di armi. 

Nel centro-nord della penisola, i gruppi criminali stranieri stanziali mostrano maggiore indipendenza ed autonomia rispetto a quelli attivi nelle regioni influenzate dalle mafie tradizionali italiane. I rapporti tra i sodalizi di diversa matrice appaiono, infatti, più fluidi nelle regioni meridionali atteso che, a fronte di una prevalente subordinazione, assenso o asservimento di quelli stranieri maggiormente strutturati alle organizzazioni mafiose autoctone, in Sicilia e in Campania si riscontrano crescenti sacche di autonomia rispetto al dominio incontrastato delle mafie locali.

L’esistenza di alleanze strategiche e utilitaristiche tra organizzazioni etniche ed esponenti di riferimento della criminalità autoctona induce ad ipotizzare nuovi profili evolutivi nel quadro generale delle aree di dominio criminale. 

I sodalizi criminali albanesi sono quelli che, più di altri, hanno saputo radicarsi nel territorio, ramificandosi progressivamente e riuscendo ad interagire, prima di ogni altro, nel traffico di sostanze stupefacenti, con le organizzazioni autoctone. I clan albanesi sono molto simili, nella loro organizzazione, alle ‘ndrine calabresi: ovvero gruppi criminali saldamente uniti dal vincolo familiare o da matrimoni combinati con altre famiglie della medesima etnia al fine di accrescere il proprio potere e per evitare lotte intestine nella spartizione del territorio e, quindi, degli illeciti guadagni. È stato acclarato nel corso degli anni che le consorterie albanesi ricoprono un ruolo di riferimento nella rete di approvvigionamento e di distribuzione di eroina e cannabis in Italia.

La criminalità organizzata nigeriana concentra i suoi interessi prevalentemente nella tratta di esseri umani connessa con lo sfruttamento della prostituzione e con l’accattonaggio forzoso, nonché nel settore del narcotraffico gestito, talvolta, in collaborazione con gruppi criminali albanesi. Ulteriori settori di interesse sono la falsificazione di documenti, le truffe e le frodi informatiche, la contraffazione monetaria e, secondo le ultime evidenze investigative, anche i reati contro la persona e il patrimonio. 

Si tratta di una criminalità etnica che si mostra dotata di una struttura “multilivello” in cui solo una parte dei sodali opera nella veste di semplice manovalanza nello spaccio al dettaglio. Sotto il profilo della pericolosità economica e sociale, risultano determinanti i c.d. secret cults, i cui tratti tipici sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione e i codici di comportamento. Il consolidamento e l’affermazione della mafia nigeriana si registra anche nel restante territorio nazionale e persino in Sicilia dove la pervasività di cosa nostra lascia ben pochi margini di radicamento ad altri sodalizi.

La criminalità organizzata cinese in Italia è strutturata secondo modalità essenzialmente gerarchiche ed è incentrata principalmente su rigide relazioni familiari e solidaristiche. Si tratta di sodalizi caratterizzati da forte impermeabilità che li rende impenetrabili alle contaminazioni o collaborazioni esterne; raramente si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni italiane o la costituzione di piccole consorterie multietniche. 

La criminalità cinese è dedita alla commissione di estorsioni e di rapine quasi esclusivamente in danno di propri connazionali, allo sfruttamento della prostituzione, alla consumazione di reati finanziari a cui si affiancano attività illecite di money transfer, nonché alla detenzione e allo spaccio di metanfetamina eseguiti pressoché in regime di monopolio da pusher orientali. Tale peculiare condotta viene esercitata in forma silente, senza cioè dar luogo a manifestazioni clamorose; per questa specifica connotazione, quella cinese può essere considerata un’aggregazione etnica molto insidiosa, risultando estremamente difficile da reprimere anche in ragione della impermeabilità verso l’esterno, dell’estrema mobilità nel territorio dei soggetti criminali e delle difficoltà nel reperire affidabili interpreti dei molteplici idiomi con cui si esprimono gli affiliati.

La criminalità romena si sta manifestando nel territorio nazionale sotto due distinte forme. Da un lato, con gruppi poco strutturati orientati alla commissione di reati predatori che generano forte insicurezza nella popolazione; dall’altra, mediante sodalizi organizzati che, nel tempo, hanno evidenziato connotazioni del tutto simili a quelle delle organizzazioni mafiose autoctone. Questi ultimi rivolgono i loro interessi illeciti prevalentemente verso attività complesse e redditizie quali il traffico di droga e di armi, nonché verso la tratta di donne da avviare alla prostituzione, i reati informatici, i reati predatori e i reati contro il patrimonio. 

Nel semestre in esame, peraltro, sono emersi collegamenti tra la criminalità locale e quella romena con particolare riferimento allo sfruttamento della prostituzione. Dall’analisi dei fenomeni criminali, non è invece emerso il coinvolgimento di sodalizi mafiosi autoctoni che permangono non interessati, almeno direttamente, alla gestione del business della prostituzione

La criminalità organizzata sudamericana opera soprattutto in diverse regioni del nord Italia e, in misura minore, nel Lazio. Si tratta di sodalizi che, oltre a essere dediti alla commissione di reati contro il patrimonio e allo sfruttamento della prostituzione, collaborano con altre consorterie straniere o italiane nella gestione dei traffici di droga proveniente dall’America latina. Per quanto attiene al traffico di cocaina l’importazione avviene tramite rotte aeree e marittime utilizzando scali intermedi al fine di eludere i controlli delle Forze di Polizia e delle dogane.

I gruppi criminali balcanici e dei Paesi dell’ex Unione Sovietica hanno evidenziato la loro propensione per i reati contro il patrimonio, il traffico di stupefacenti e di armi, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione, il contrabbando e i furti di rame. 

I sodalizi criminali di origine nord-centro africana ripongono invece interesse nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti, nonché nei reati connessi con la filiera dell’immigrazione clandestina (spesso contestuale al contrabbando di t.l.e.), nella tratta e nello sfruttamento di lavoratori stranieri ma denotano anche – più recentemente – la consumazione di reati a carattere finanziario. Anche se meno strutturati rispetto alle consorterie albanesi e nigeriane, i sodalizi tunisini e marocchini sono principalmente dediti al traffico di hashish prodotto nel Maghreb ma provvedono anche allo spaccio al dettaglio di altre tipologie di stupefacenti nell’ambito di organizzazioni multietniche più organizzate.

Le organizzazioni criminali formate da soggetti provenienti dai Paesi del Medio-Oriente e del sud-est asiatico sono attive principalmente nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nello sfruttamento del lavoro nero e nel traffico di stupefacenti, spesso perpetrati unitamente allo sfruttamento della prostituzione. È stato riscontrato trattarsi talvolta di consorterie multietniche (quelle del sud-est asiatico a prevalente matrice indiana e pakistana) che agirebbero in cooperazione con la criminalità dell’area balcanica, nonché con quelle turca e greca.

Il quadro d’analisi sulle linee evolutive delle mafie impone di continuare nella lotta contro la criminalità organizzata dedicando particolare attenzione all’aggressione dei beni illecitamente accumulati mediante gli strumenti dell’azione giudiziaria e delle misure di prevenzione patrimoniali. 

L’entità dei provvedimenti di prevenzione eseguiti nel primo semestre del 2022 testimonia la priorità strategica assegnata all’aggressione ai patrimoni mafiosi dalla Direzione Investigativa Antimafia le cui intense attività sono state tutte orientate verso l’obiettivo di incrementare il contrasto alle infiltrazioni da parte della criminalità organizzata nel tessuto economico del nostro Paese. 

Nel periodo in esame, in ambito nazionale, sono state inoltrate ai competenti Tribunali 21 proposte per l’applicazione di misure di prevenzione, di cui 16 a firma congiunta con l’A.G. ed una inoltrata a firma congiunta con A.G. e Questore della provincia interessata. Inoltre, sono stati rassegnati 3 compendi informativi, di medesima natura propositiva, alle Procure richiedenti nell’ambito di attività specificamente delegata.

Considerevole, anche, il progressivo consolidamento dello strumento di contrasto costituito dall’applicazione, ex art. 34 del D.Lgs. 159/2011, dell’“amministrazione giudiziaria” che, nel primo semestre del 2022, ha visto l’inoltro di ben 4 proposte (di cui 3 ai competenti Tribunali e una quale compendio informativo depositato alla Procura mandante), nonché l’applicazione ex novo di 1 provvedimento (che ha colpito 6 società) e uno di proroga per analogo atto già adottato nei confronti di una struttura societaria.

Riguardo invece all’esecuzione dei provvedimenti di sequestro e di confisca, scaturenti da attività d’iniziativa, nel periodo d’interesse sono stati conseguiti i risultati sintetizzati nelle seguenti tabelle in cui vengono enucleati i dati riferiti al primo semestre del 2022.

SEQUESTRI

1° Semestre 2022

Su proposta Valore Beni
Direttore DIA su attività autonoma 72.009.697,68
Autorità Giudiziaria su accertamenti DIA 20.845.293,96
TOTALE 92.854.991,64
CONFISCHE

1° Semestre 2022

Su proposta Valore Beni
Direttore DIA su attività autonoma 15.646.756,04
Autorità Giudiziaria su accertamenti DIA 27.757.325,71
TOTALE 43.404. 081,75

Più in dettaglio si elencano i sequestri/confische effettuati nel 1° semestre 2022 distinti per singola matrice mafiosa.

NDRANGHETA

SEQUESTRI

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 7 24.928.333,33
A.G. su accertamenti DIA 8 8.827.540,00
TOTALE 15 33.755.873,33
CONFISCHE

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 6 2.268.366,04
A.G. su accertamenti DIA 4 22.585,00
TOTALE 10 2.290.951,04

COSA NOSTRA

SEQUESTRI

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 7 7.163.200,00
A.G. su accertamenti DIA 1 2.796.624,00
TOTALE 8 9.959.824,00
CONFISCHE

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 3 5.763.200,00
A.G. su accertamenti DIA 3 25.014.285,71
TOTALE 6 30.777.485,71

CAMORRA

SEQUESTRI

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 3 34.558.822,43
A.G. su accertamenti DIA 4 8.221.129,96
TOTALE 7 42.779.952,39
CONFISCHE

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 1 580.000,00
A.G. su accertamenti DIA 1 500.000,00
TOTALE 2 1.080.000,00

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PUGLIESE E LUCANA

SEQUESTRI

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 2 3.859.229,92
A.G. su accertamenti DIA 0 0,00
TOTALE 2 3.859.229,92
CONFISCHE

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 2  7.035.190,00
A.G. su accertamenti DIA 0 0,00
TOTALE 2 7.035.190,00

ALTRE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI ITALIANE 

SEQUESTRI

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 1 1.500.112,00
A.G. su accertamenti DIA 1 1.000.000,00
TOTALE 2 2.500.112,00
CONFISCHE

1° Semestre 2022

Su proposta n. Valore Beni
Direttore DIA 0 0,00
A.G. su accertamenti DIA 3 2.220.455,00
TOTALE 3 2.220.455,00

L’accumulo di ingentissime risorse finanziarie, quale profitto delle poliedriche attività-reato poste in essere dai sodalizi, necessita di un successivo processo di “ripulitura” dei capitali. Per soddisfare tale esigenza le mafie ricercano costantemente soluzioni sempre più raffinate per rendere difficile l’accertamento dell’effettiva titolarità dei cespiti illegalmente acquisiti. 

È necessario pertanto individuare le future direttrici d’azione delle mafie, soffermandosi sulla loro capacità di infiltrare l’economia. Sotto questo aspetto la DIA, anche nel primo semestre del 2022, ha garantito il focus sulle procedure di affidamento e di esecuzione degli appalti riguardanti le opere pubbliche, in particolare, sui grandi interventi connessi con le “Disposizioni urgenti per la città di Genova”, la “Ricostruzione post sisma 2016” e le cosiddette “Grandi Opere”. 

L’attività di controllo ha interessato anche l’assetto delle imprese coinvolte nell’esecuzione dei lavori, allo scopo di individuare possibili infiltrazioni, con accertamenti riferiti sia all’esecuzione diretta delle opere, sia alle molteplici attività connesse quali ad esempio gli accessi ai cantieri disposti dall’Autorità Prefettizia per accertare, direttamente sul posto, eventuali anomalie riguardanti la manovalanza.

Al riguardo, sono stati portati a termine 615 monitoraggi nei confronti di altrettante imprese, meglio dettagliati nella sottostante tabella che ne riassume i risultati per macro-aree geografiche.

AREA I SEMESTRE 2022
IMPRESE PERSONE
Nord 79 2.057
Centro 32 123
Sud 504 3.767
Estero 0 0
TOTALE 615 5.947

Nel quadro delle attività finalizzate alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminosa, il D.Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007 assegna  alla DIA il potere di accertare le violazioni degli obblighi disciplinati dallo stesso decreto ed il compito di effettuare gli approfondimenti investigativi attinenti alla criminalità organizzata, alle informazioni ricevute nell’ambito della cooperazione internazionale e alle segnalazioni di operazioni sospette-SOS trasmesse dalla Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia.

La crescita esponenziale delle segnalazioni di operazioni sospette registrata negli ultimi anni è stata contemperata, anche nel semestre in esame, dall’adozione di nuovi modelli d’analisi e di sviluppo correlati ad un costante aggiornamento dell’applicativo informatico di riferimento, ovvero il sistema “EL.I.O.S. – Elaborazioni Investigative Operazioni Sospette”, al fine di attagliarlo alle mutate esigenze di carattere investigativo. La reingegnerizzazione della piattaforma ha infatti consentito di processare in tempo reale tutte le segnalazioni ricevute dalla DIA pervenendo all’immediata fruibilità operativa dei relativi dati ed informazioni. In aderenza agli iter di raccordo info-investigativo definiti nell’ambito di intese protocollari, sottoscritte dalla DIA nel rispetto delle previsioni normative, le SOS che, agli esiti di tre processi di analisi (massiva, fenomenologica e di rischio), potenzialmente attengono alla criminalità organizzata vengono evidenziate alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo che le trasmette alle Direzioni Distrettuali Antimafia competenti qualora attengano a indagini in corso ovvero, nei casi di precipuo interesse, le sviluppa ai fini dell’esercizio del potere d’impulso attribuito al Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo (ex art. 371 bis c.p.p.).

Nel delineato contesto e solo nel primo semestre 2022, la DIA ha proceduto all’analisi di 73.037 SOS riconducibili a 626.123 soggetti segnalati, 422.456 dei quali costituito da persone fisiche.

Nel richiamato arco temporale, infatti, per i profili d’interesse investigativo rileva la circostanza che circa il 4% delle 73.037 segnalazioni di operazioni sospette complessivamente analizzate dalla DIA risulta infatti riconducibile alle valute virtuali. Nell’ambito delle linee d’indirizzo già definite nel semestre precedente in relazione al crescente sviluppo delle transazioni finanziarie attuate mediante il ricorso a nuove tecnologie e allo scambio di rappresentazioni digitali di valore, quali criptovalute e NFTs, è stato avviato nel periodo in esame un tavolo permanente volto allo studio delle correlate fenomenologie e all’individuazione di possibili elementi di contatto con la criminalità organizzata.

Ai fini della prevenzione delle infiltrazioni mafiose nel tessuto economico nazionale, tra gli strumenti di carattere squisitamente operativo, spicca l’esercizio dei poteri di accesso, accertamento, richiesta dati ed informazioni, nonché di ispezione, attribuito in via esclusiva al Direttore della DIA. Si fa riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 4, del D.L. 6 settembre 1982, n. 629, che autorizzano l’esecuzione di mirati interventi presso i soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio, tesi a rilevare eventuali inserimenti, anche indiretti, nei relativi organi sociali, di gestione e di controllo, da parte della criminalità mafiosa ovvero a controllare l’operatività finanziaria di rapporti accesi da terzi sospettati di collegamenti con la mafia. 

Gli sviluppi delle suddette attività concluse nel semestre in esame hanno permesso l’emissione di 10 provvedimenti a firma del Direttore della DIA eseguiti dalle competenti articolazioni territoriali.

Nell’ambito delle variegate attribuzioni della DIA si colloca anche la sua partecipazione al Comitato di Sicurezza Finanziaria (C.S.F), organismo preposto a monitorare il funzionamento del sistema di prevenzione e contrasto del finanziamento del terrorismo e del riciclaggio, delle attività di Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, del finanziamento della proliferazione delle armi di distruzioni di massa, nonché a dare attuazione alle misure di congelamento disposte dalle Nazioni Unite, dall’Unione europea e a livello nazionale. Nel semestre in esame, la DIA ha contribuito fornendo puntuale riscontro alle diverse istanze formulate al C.S.F. connesse con le richieste di autorizzazione al trasferimento di fondi, al rilascio di garanzie, all’esenzione dal congelamento di risorse economiche, in ragione di quanto disposto dai regolamenti comunitari o dalle risoluzioni ONU, nonché eseguendo complesse verifiche a carico di 846 persone fisiche e giuridiche.

È noto come le organizzazioni criminali italiane e straniere siano ormai proiettate a valicare sistematicamente i confini nazionali, costituendo una crescente minaccia per la sicurezza degli Stati, delle loro economie e dei diritti dei cittadini. Gli scenari futuri vedono pertanto le economie degli Stati sempre più contaminate dalle consorterie criminali “multiservice provider” in grado di sfruttare nel mondo digitale la capacità organizzativa di fare networking, di stabilire alleanze operative e strategiche tra gruppi diversi, anteponendo l’unità di intenti alle lotte interne. D’altra parte il limitato ricorso alla violenza soprattutto nei territori oltre confine e la conseguente mutazione delle organizzazioni criminali vieppiù profilate verso una vocazione affaristico-imprenditoriale evidenziano il rischio che l’opinione pubblica possa ridurre la propria percezione della pericolosità sociale della criminalità organizzata. 

Per una lotta efficace contro tali insidie, la DIA ha sempre sottolineato, durante gli incontri internazionali la necessità di utilizzare un linguaggio comune e metodologie condivise per massimizzare l’efficacia della lotta alle organizzazioni criminali poiché i nuovi scenari richiedono azioni congiunte e coordinate ad ogni livello, anche in considerazione del recente interesse della criminalità mafiosa al sistema delle criptovalute, nonché un più moderno e ed efficace adeguamento normativo da parte delle nazioni europee. 

Nell’ambito della collaborazione tra le forze di polizia va sottolineata l’importanza del Progetto che istituisce la “Rete Operativa Antimafia @ON”, di cui la DIA è ideatore e Project Leader, che è oggetto di apposita disamina nel Focus di questa relazione semestrale. La Rete, il cui progetto era stato avviato dal 2013, rappresenta lo strumento con cui la DIA ha inteso favorire lo scambio operativo delle informazioni relative alle organizzazioni criminali presenti negli Stati Membri dell’Unione Europea per sostenere le indagini transnazionali mediante il rapido invio sul posto di investigatori, specializzati nel particolare fenomeno criminale indagato, a supporto dei Paesi richiedenti. Tra le operazioni condotte nel semestre in esame dalla DIA, congiuntamente alle Forze di polizia partner e d’intesa con le rispettive Autorità Giudiziarie ed EUROJUST, sono state supportate dalla Rete @ON e dall’Agenzia EUROPOL: la già citata operazione “Black Eagle” del 15 febbraio 2022 che ha disarticolato un gruppo criminale albanese dedito al traffico di stupefacenti ed al riciclaggio, nonché l’operazione “Propaggine/Timoteo” del 10 maggio 2022, descritta nei capitoli riguardanti la Calabria ed il Lazio, con la quale è stato colpito un clan ‘ndranghetista radicato a Roma e con proiezioni internazionali. 

Nel semestre in esame, il Network ha altresì supportato le Unità investigative degli Stati Membri della Rete @ON in 80 investigazioni e ha finanziato 286 missioni operative in favore di 1000 investigatori che hanno complessivamente portato all’arresto di 480 persone, inclusi 6 latitanti, oltre al sequestro di circa 146 milioni di euro, droga e armi. 

Da quanto sopra rappresentato emerge chiaramente la necessità di un approccio globale nel contrasto alla criminalità organizzata. Se le mafie operano senza confini, spingendosi ovunque le circostanze permettano di soddisfare i suoi interessi, anche le Procure e le Forze dell’ordine devono orientare la loro azione al di fuori delle proprie competenze territoriali, programmando e realizzando fattive collaborazioni, investigative e giudiziarie, a livello globale. Appare infine non più procrastinabile, oltre alla efficace e tempestiva condivisione di informazioni, una necessaria armonizzazione delle legislazioni dei diversi Paesi per il contrasto della criminalità organizzata, di cui ormai da tempo si evidenzia la necessità.

I dati e le analisi sul fenomeno mafioso, così come descritti anche nel semestre in esame, confermano l’andamento delle consorterie criminali già evidenziato nelle precedenti relazioni, in linea con quanto rappresentato anche dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie che, in un recente documento, osserva: “…le organizzazioni criminali rientranti nel paradigma dell’articolo 416 bis del codice penale sono state caratterizzate negli ultimi decenni da ampie trasformazioni: mostrando straordinaria flessibilità e duttilità nonché grande capacità rigenerativa…”. Esse hanno assunto forme organizzative e modelli di azione complessi in modo da adattarsi continuamente alla mutevolezza dei contesti sociali ed economici, privilegiando, piuttosto che l’uso manifesto della violenza (alla quale tuttavia si ricorre se necessario), l’implementazione delle proprie capacità relazionali per mettere in atto strategie di infiltrazione silente nel tessuto produttivo “…con una accelerazione del processo di trasformazione e di sommersione in atto già da tempo…”. Le diverse mafie, infatti, “…presentano una sempre più spiccata attitudine imprenditoriale e affaristica favorita dagli ingenti patrimoni di cui dispongono…Le associazioni criminali di stampo mafioso dispongono già di imprese intranee o comunque contigue…capaci di infiltrare sempre più l’economia privata attraverso l’infezione di compagini societarie sane; la continua ricerca di canali di reimpiego e riciclaggio sempre nuovi, le induce ad invadere anche attività economiche del comparto pubblico…o comunque settori interessati all’erogazione di contributi pubblici…”. Tale capacità delle organizzazioni mafiose di occultare i propri fini illeciti dietro un’apparente normalità, spesso ammantata d’intraprendente vivacità imprenditoriale, rende più agevole, tra l’altro, l’ingenerarsi di quei fenomeni corruttivi sempre più spesso ricondotti alla cosiddetta “borghesia mafiosa”, dannosa almeno quanto le mafie ed alla quale anche il compianto Giudice Giovanni FALCONE si ritiene facesse riferimento nella sua affermazione “La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione” (cfr. Giovanni Falcone, Cose di Cosa nostra, in collaborazione con M. Padovani, Rizzoli, Milano 1991).

E’ possibile scaricare l’Abstract che avete letto qui.

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