Silvio Berlusconi e l’assalto mancato

di Andrea Rossi

SULLE “CASEMATTE DELLA CULTURA”

Secondo chi scrive il giudizio negativo legato alla stagione berlusconiana nella politica del paese non è legato ad improbabili “assalti” lanciati alla magistratura, ai media, o alle istituzioni, come si è letto in questi giorni sulle stampa di sinistra, ma nell’unico assalto mancato, ossia quello alle cosiddette “casematte della cultura”.

L’espressione è di Antonio Gramsci, che con un non comune intuito aveva compreso per primo quanto l’egemonia culturale sarebbe stata per i comunisti italiani assai più importante e decisiva dell’azione rivoluzionaria: inserire un ceto intellettuale di formazione e pratica marxista negli snodi vitali delle agenzie educative dello stato ha infatti condizionato, e condiziona, la cultura della nazione in modo difficilmente reversibile.

La conquista e la successiva fortificazione di questa trincea è stata l’unica e incontestabile vittoria del comunismo nel nostro paese, da cui è poi discesa la sedimentazione negli altri poteri e istituzioni.

Il fondatore di Forza Italia, e con lui la classe dirigente che è andata al potere nel primo decennio di questo secolo, ha speso inutilmente tempo ed energie per riformare l’irriformabile, dai tribunali al servizio pubblico televisivo, quando andava portato un attacco a fondo nel mondo dell’istruzione e della formazione, utilizzando un metodo conosciuto in tutte le democrazie occidentali, ossia lo spoil system: cambiare i vertici e i ruoli apicali nel mondo della scuola e dell’università inserendo progressivamente uomini di diverso orientamento politico e riferimenti culturali.

Purtroppo così non è stato, probabilmente non tanto per incapacità, quanto per un errore di valutazione, immaginando che influenzare i cittadini tramite stampa e televisione fosse più strategico che avere insegnanti, ricercatori e rettori non ideologizzati.

La battaglia non è finita, l’attuale governo pare avere finalmente compreso l’ordine delle priorità e l’urgenza di alcuni interventi per smantellare queste “casematte”.

Resta il rammarico per una occasione perduta, e per le conseguenze che ha sulle attuali generazioni una egemonia culturale disvaloriale e nemica della tradizione civile e religiosa del paese.

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