Barbie si è fatta donna e scatena il “Barbie Break Up”

di Diego Torre 

UN INSPIEGABILE SUCCESSO MONDIALE

Dopo una vita da bambola inanimata o da cartone animato, esce finalmente nelle sale cinematografiche Barbie, il primo adattamento con attori in carne ed ossa della bambola bionda dalle lunghissime gambe, icona di una bellezza surreale e dell’indipendenza femminile.

Ivi si narrano le sue vicende fra fantasia e realtà, fra lotte maschiliste e femministe, nonché crisi esistenziali, in un contesto dove il colore rosa domina incontrastato. Non è la prima esperienza di animazione della bella bambola, ma questa volta il successo e gli incassi, qualche miliardo di dollari, superano tutti i precedenti.

Nel fantastico mondo di Barbieland, una società matriarcale, pieno di godurie estetiche e feste senza fine le tante Barbie dirigono con ruoli decisionali diversi e i Ken-maschi sono comparse di scarsa importanza. Durante una di queste feste l’eroina del film e tutte le altre barbie entrano improvvisamente in crisi al pensiero della morte.

Ottimo; è successo anche a tanti santi! L’indomani inoltre i suoi piedi sono piatti ed è apparsa la cellulite. La bambola diventa donna. A questo punto necessita il confronto con il mondo reale, e Ken, fidanzato eternamente innamorato, si imbuca con lei nel viaggio e raggiunge anche lui la realtà.

Barbie è delusa e sconvolta dalla società maschilista che trova; Ken invece ne torna trasformato, machista, ed al ritorno innesca una lotta di classe fra i vari Ken e le varie Barbie per riscrivere la costituzione di Barbieland.

Dopo tante complesse vicende il film si conclude con la decisione di Barbie di diventare umana e vivere nel mondo reale, con il logico corollario del suo primo appuntamento col…. ginecologo, perché finalmente provvista di organi genitali. Che ne farà? Ribadirà che il corpo e suo e lo gestisce lei o si prepara alla maternità? Questo il film non lo dice perché qui esso si conclude.

Il film è zeppo di messaggi, a volte contrastanti, ed ha suscitato polemiche tali che non è stato distribuito nelle sale cinematografiche del Vietnam per ragioni politico-territoriali toccate in una scena, mentre nelle Filippine questo problema è stato superato con l’oscuramento della scena stessa.

In Libano il film è stato bandito su richiesta del ministro della Cultura, perché “sostiene il cambio di genere, il rifiuto della paternità, mina e ridicolizza il ruolo della madre e mette in discussione la necessità del matrimonio e della genitorialità”.

In Kuwait la proiezione è stata proibita dal Comitato di censura cinematografica, il cui compito è di “vietare tutto ciò che mina la morale pubblica, l’ordine pubblico e le tradizioni, introducendo idee straniere nella società”. Stessa cosa in Algeria, dopo 3 settimane di proiezione nei cinema, a causa del «danno morale» che produce, secondo notizie 24H Algérie.

E’ un film femminista? Probabilmente sì, se ha innescato uno strano fenomeno: il «Barbie Break Up», svelato per primo dal quotidiano britannico The Independent, e ampiamente ripreso dai social. Infatti galeotto fu il film! Moltissime donne lo hanno usato come test per misurare dalle reazioni in sala dei partner, il loro quoziente di inaccettabile maschilismo di fondo. E le coppie sono scoppiate!

Forse è meglio così, ma è amaro constatare come il film su una bambola (o i media in generale) possano influenzare i sentimenti e le decisioni delle persone; anche di due che dicevano di amarsi.

Noi prudentemente restiamo in attesa di un qualche convegno artistico-accademico di livello mondiale che ci dia la giusta comprensione di un tale “capolavoro” (soprattutto di incassi), nonché della dovuta pioggia di premi; Oscar e Nobel compresi. Nell’attesa abbiamo cambiato il nostro guardaroba: dai calzini al cappotto …. tutto rosa

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