Una risposta alla sfida sulle due versioni di Tradizione nella Chiesa

di Matteo Castagna 

I MODERNISTI AVVERSANO IN PARTICOLARE “IL METODO SCOLASTICO DI RAGIONARE, L’AUTORITÀ DEI PADRI CON LA TRADIZIONE, IL MAGISTERO ECCLESIASTICO”

“Nella Chiesa oggi ci sono due versioni di “tradizione” “. E’ la tesi di Stefano Fontana, in un articolo molto interessante, proprio con questo titolo, per l’Osservatorio Card. Van Thuân.

“La prima possiamo chiamarla tradizionale. Essa sostiene che il deposito delle verità rivelate è già definitivamente stato trasmesso dalla Scrittura e dalla tradizione apostolica, come due fonti della rivelazione. Niente può essere aggiunto. Quanto il magistero insegna di ulteriore non è nuovo, ma è un’ esplicitazione di quanto la Chiesa ha sempre creduto” […].

“L’altra visione sostiene che la tradizione non è finita con la morte dell’ultimo apostolo, ma continua perché fondata sulla interpretazione degli eventi salvifici e della Scrittura, interpretazione che continua nel tempo, altrimenti gli eventi di Gesù Cristo non sarebbero più significativi per gli uomini del nostro tempo. Per questa seconda visione, la Chiesa interpreta sempre, ha interpretato la Chiesa apostolica e interpreta la Chiesa di Francesco. La tradizione sarebbe la sedimentazione mai conclusa delle interpretazioni e il dogma sarebbe essenzialmente storico”.

Fontana spiega, inoltre, che “questo conflitto delle visioni della tradizione si è definito a seguito della nascita dell’ermeneutica moderna, contenuta soprattutto nel libro Verità e metodo di Hans Georg Gadamer, allievo di Martin Heidegger” […] e conclude, lanciando una sfida: “Gadamer è un’autorità dogmatica oggi in campo teologico cattolico. Bisognerà però decidersi a metterla in discussione, senza paura di essere considerati fuori moda”.

Mons. Brunero Gherardini disse: «c’è, nel tessuto costituzionale della Chiesa, un passato che, grazie alla sua continuità ontologica e magisteriale, è e rimane inscindibilmente connesso con il tessuto stesso, convertendo il passato in presente e prefigurando il futuro. Si chiama Tradizione. Questa è la sua unica continuità».

P. Serafino Lanzetta, sul sito “Fides Catholica” del prof. Corrado Gnerre prosegue nel dire che: «Tradizione è sia l’atto del trasmettere il deposito della Fede ricevuto da Cristo attraverso gli Apostoli, sia l’oggetto trasmesso: le verità di Fede e di Morale sgorgate dalla bocca di Gesù, raccolte dagli Apostoli, da loro predicate e quindi consegnate ai loro successori. Dapprima di bocca in bocca, di mente in mente, poi per iscritto. Anche dopo la fase della scrittura della dottrina di Cristo – l’estensione dei Vangeli e quindi di tutte le lettere che compongono il Nuovo Testamento – la predicazione o annuncio del Vangelo continuerà a essere “misura”, “canone” o “regola di verità”». (Anno XIII. 2-2018 – sez. Theologica – p. 369 – 388).

San Paolo, nella lettera ai Corinzi, capitolo 11 (23-25) scrisse: «Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”».

Lo storico prof. Roberto De Mattei, su Corrispondenza Romana del 13/07/2022, scrive: «il dogma dell’infallibilità, proclamato da Pio IX, definisce accuratamente i limiti di questo straordinario carisma, che nessuna religione possiede, al di fuori di quella cattolica. Il Papa nella Chiesa non può fare tutto quello che vuole, perché la fonte del suo potere non è la sua volontà. Il compito del Papa è quello di trasmettere e difendere, attraverso il suo Magistero, la Tradizione della Chiesa. Accanto al Magistero straordinario del Papa, che ha la sua fonte nelle definizioni ex cathedra, esiste un insegnamento infallibile che scaturisce dalla conformità del Magistero ordinario di tutti i Papi alla Traditio apostolica. Solo credendo con la Chiesa e con la sua ininterrotta Tradizione, il Papa può confermare nella fede i suoi fratelli. La Chiesa non è infallibile perché esercita un’autorità, ma perché trasmette una dottrina».

Padre Giovanni Perrone (1794-1876), fondatore della scuola teologica romana, insegna che le due fonti della Rivelazione sono la Tradizione e le Sacre Scritture. La prima è divinamente assistita, la seconda divinamente ispirata. «Scrittura e Tradizione si fecondano, si illustrano, si rafforzano a vicenda e completano il deposito sempre uno e identico della rivelazione divina» (“Il protestantesimo e la regola di fede”, Civiltà Cattolica, Roma 1953, 3 voll., vol. I, p. 15). La Chiesa è sempre stata infallibile, non a partire dal 1870, ma da quando nostro Signore trasmise al suo Vicario in terra, san Pietro, il potere di confermare nella fede i suoi fratelli.

Il Concilio di Trento, definendo la verità e le regole della fede Cattolica, afferma che sono contenute «nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte che, raccolte dagli Apostoli dalla bocca dello stesso Cristo o dai medesimi Apostoli, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, trasmesse quasi di mano in mano, sono giunte fino a noi» (Denz-H, n. 1501).

«Vera è soltanto la Tradizione che s’appoggia sulla Tradizione apostolica». Ciò significa che il Romano Pontefice, legittimo successore di Pietro, principe degli Apostoli, è il garante per eccellenza della Tradizione della Chiesa. Ciò implica che, in nessun caso, l’oggetto della fede può uscire da quello che ci è stato donato dalle testimonianze degli Apostoli.

Il Prof. Dr. Theol. Bernhard Bartmann (1860-1938) scrisse un autorevolissimo “Manuale di Dogmatica”, in tre volumi. Pubblicato a Friburgo nel 1905, vide otto edizioni, fino al 1932. Poi venne tradotto in francese e, infine, in italiano nel 1949 dalle ed. Paoline, fino alla quinta ed ultima edizione del 1958. Dopo 60 anni di accantonamento, causato dalle novità del Concilio Vaticano II, è stato ripubblicato dalle edizioni Effedieffe (2022). Il teologo dogmatista e tomista Mons. Antonio Piolanti (1911-2001) scrisse che “le opere dogmatiche del Bartmann riescono gradite anche ai non iniziati alla scienza teologica per quel senso storico e per quell’amore del concreto che le caratterizzano” (Euntes docete, 1950, p. 114).

Sembrerebbe uno dei più attuali teologi tomisti, in grado di accogliere la “sfida” del giornalista Stefano Fontana, rilanciando la realtà della Tradizione. “Oltre la Scrittura anche la tradizione va accolta come una fonte propria della fede”. Questo è de fide. Il Concilio di Trento insegna che la Rivelazione è contenuta anche nelle tradizioni non scritte «contineri in libris scriptis et sine scripto traditionibus».Poi ne limita l’estensione alla fede e alla morale dicendo che dobbiamo accettare oltre le Scritture, “le tradizioni stesse, sia spettanti alla fede sia spettanti alla morale, siccome dettate da Cristo a voce, o dallo Spirito Santo suggerite (agli Apostoli) e conservate per continua successione dalla Chiesa cattolica” (necnon traditiones ipsas, tum ad fidem tum ad mores pertinentes, tanquam vel oretenus a Christo vel a Spiritu Sancto dictatas, et continua successione in Ecclesia catholica conservatas; S. 4, Denz. 783).

«Sicché – prosegue il Bartmann (Vol. 1, pag. 81) – col nome di tradizione dogmatica noi comprendiamo le verità rivelate che gli Apostoli hanno ricevuto da Cristo o dallo Spirito Santo e che la Chiesa, d’allora in poi, ha trasmesso, senza alterazioni». La mutevolezza del dogma, a seconda delle sensibilità dei tempi e lo storicismo di matrice hegeliana sono condannati dalla Chiesa Cattolica come errori. In particolare, su questo concetto si sofferma l’Enciclica Pascendi Dominici Gregis di Papa S. Pio X, del 1907 contro il modernismo.

Il Santo Padre veneto Giuseppe Sarto scriveva che per i modernisti “le verità di fede dei dogmi vengono scemate di importanza: “non è lecito pertanto in niun modo sostenere che esse esprimano una verità assoluta: essendoché, come simboli, sono semplici immagini di verità, e perciò da doversi adattare al sentimento religioso in ordine all’uomo”.

Il fondamento sentimentale dei dogmi li rende mutevoli, come mutevoli sono i sentimenti. San Pio X pone l’anatema a questa asserzione, come sostiene che il ricondurre l’esperienza religiosa a sentimenti personali priva di valore la tradizione, che è il riproporre il ricordo di fatti accaduti, e la predicazione. Dato che per i modernisti la religione e la fede sono espressione di un sentimento interiore, “è lor principio generale che in una religione vivente tutto debba essere mutevole e mutarsi di fatto”. Per i modernisti “nulla vi deve essere di stabile, nulla di immutabile nella Chiesa”.

“Cause remote del modernismo sono la curiosità e la superbia, alle quali si aggiunge l’ignoranza, in particolare della filosofia scolastica. I modernisti avversano in particolare “il metodo scolastico di ragionare, l’autorità dei Padri con la tradizione, il magistero ecclesiastico”.

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Tradunti: consegnano..
Non interpretano.
I primi Cristiani dovevano “consegnare ” all’Impero Romano i “libri Sacri”, x non essere uccisi.
Da qui il nome di Traditori.