Quel sogno barbaro e nichilista della sovversione postmoderna

di Martino Mora 

OMO-FEMMINISMO

“Uomini sensibili e aperti al nuovo….sempre più spesso approdano all’omosessualità. Una forma profonda di messa in discussione della tradizione guerriera e dominatrice. Io sono uomo ma sono anche donna, sembrano sostenere. Rifiuto col mio corpo la separazione dei ruoli. Non si tratta però dell’omosessualità di un tempo quando uno faceva la donna e uno l’uomo. Ora sono pari: si scambiano i ruoli e si amano da uguali. Un modo coraggioso di affrontare la questione dell’identità sessuale.”.

Così ha scritto qualche settimana fa Dacia Maraini sul Corriere della Sera.

Il lucido, grottesco delirio della Maraini ci illustra chiaramente quali siano i due cardini dell’omo-femminismo (o femminismo omosessualista): l’invidia assoluta per la virilità spirituale (che lei riduce impropriamente a semplice tradizione guerresca) in quanto potenzialmente gerarchica; il sogno di completa interscambiabilità, quindi di indistinzione.

Buona cosa è l’omoerotismo, ci dice la Maraini. Cosa ancora migliore se comporta ruoli interscambiabili, quindi indistinzione. Non siamo ancora al gender-queer, cioè alla completa negazione dei due sessi, ma quasi.
L’orgoglio e l’invidia del femminismo egualitario vogliono distruggere le differenze, in quanto potenzialmente gerarchiche. Per approdare alla caotica indistinzione.

È lo stesso sogno atomistico-egualitario degli immigrazionisti e dei meticcisti. Il caos calmo (non sempre calmo) della completa indistinzione. Dell’umanità senza forma, interscambiabile, come piace tanto anche ai padroni del denaro.
E’ il sogno barbaro e nichilista della Sovversione postmoderna.

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