Quel miracolo di Papa Giovanni XXIII

di Angelo D’Ambra

Suor Caterina Capitani, delle Figlie della Carità della provincia napoletana, cominciò ad accusare disturbi alla salute già alcuni mesi dopo la vestizione, a diciotto anni, quando lavorava come infermiera presso gli Ospedali Riuniti di Napoli.

Fino a quel tempo la sua salute era stata molto buona, poi iniziò ad essere colta da conati di vomito ed emorragia di sangue. Cominciarono visite, controlli, esami clinici. Furono fatte radiografie del torace, dello stomaco, stratigrafie.

Nessuno riusciva a trovare il perché di quelle emorragie. Una esofagoscopia rivelò una zona emorragica nel segmento toracico ed iniziò così un lungo giro di ricoveri negli ospedali napoletani. Fu visitata da innumerevoli e rinomati medici, anche dal professore Giuseppe Zannini, direttore dell’Istituto di semeiotica chirurgica dell’Università di Napoli, che la sottopose ad una cura ma senza risultati. Un intervento comportò l’asportazione dello stomaco, della milza e del pancreas.

Il decorso post-operatorio fu lungo e le condizioni della paziente non migliorarono. Il 14 maggio 1966 la suora fu colta da forti dolori epigastrici, nuove ematemesi e la comparsa di una fistola enterica apertasi sulla ferita chirurgica da cui fuoriuscivano liquidi e alimenti. Si ricorse a trasfusioni varie, ma la prognosi era estremamente riservata. Ormai i medici avevano affermato che non c’era più nulla da sperare.

Il 22 maggio ricevette una reliquia di Giovanni XXIII e cominciò una Novena di preghiere insieme alle consorelle chiedendo la guarigione al Papa Buono. Nei primi tre giorni le condizioni rimasero talmente gravi che ricevette l’Unzione degli infermi e le fu permesso di emettere i Voti solenni in articulo mortis.

Non rinunciò mai alla preghiera e, inaspettata, visse un’apparizione di Papa Giovanni XXIII, il quale, con parole confortanti e dolci, le annunciava la guarigione. Alle ore 14.30 circa del 25 maggio 1966, mentre le Consorelle pregavano, Suor Caterina si sentì chiamare per nome e vide Papa Giovanni XXIII che la rassicurava. La suora si svegliò e si ritrovò effettivamente guarita. I medici non riuscivano a credere a quanto vedevano, non potevano spiegarsi con la scienza l’improvviso miglioramento delle sue condizioni. Tutto il mondo stupì.

Il professor Zannini dichiarò: “La guarigione di Suor Caterina è un caso di cui non trovo spiegazione nella scienza medica. Ho operato io l’ammalata, le ho asportato quasi tutto lo stomaco perché affetto da una gastrite ulcerosa emorragica gravissima. Le lasciai poco più di un centimetro di stomaco. Le asportai anche la milza. Ci fu una convalescenza difficile, l’ammalata non poteva nutrirsi. Poi si aprì la fistola, ci fu fuoriuscita di liquido, peritonite, febbre altissima, stato ansioso grave, condizioni disperate. Non era possibile intervenire con una nuova operazione. Feci delle prove: tutto quello che l’ammalata beveva usciva dalla fistola. Consigliai trasfusioni, plasma, antibiotici, più che altro come terapia d’attesa. Non ebbi successo: la fistola s’ingrandì e le condizioni dell’ammalata peggiorarono. Avevo pensato di far trasportare Suor Caterina alle sezione rianimazione degli Ospedali Riuniti di Napoli per fare un ultimo tentativo. Invece ricevetti una telefonata in cui mi diceva che la Suora era migliorata. Andai a trovarla e con mia somma sorpresa la trovai perfettamente guarita. Per il momento non venni informato di quello che era realmente accaduto. Continuai il mio lavoro di medico sottoponendo l’ammalata ad esami radiografici, visite, ecc. Nessuna traccia di malattia. Solo venti giorni dopo la superiora m’informò dell’apparizione di Papa Giovanni” (in Renzo Allegri, Un uomo mandato da Dio. Biografia familiare di Giovanni XXIII).

La suora così ricostruì i fatti: “«Pensavo che Papa Giovanni volesse porre termine alle mie sofferenze, portandomi in cielo. Invece mentre ero assopita ad un certo punto mi sentii poggiare una mano sullo stomaco in direzione della fistola ed una voce che mi chiamava: “Suor Caterina”. Spaventata nel sentire una voce di uomo mi voltai e vidi in piedi accanto al letto Papa Giovanni in abiti Papali non bianchi ma che non so descrivere perché mi soffermai a fissare il viso che era molto bello e sorridente. Mi disse: “Suor Caterina mi hai molto pregato ed anche molte suore e persone lo hanno fatto, pure le suore della tua casa, ma specialmente una; me l’avete proprio strappato dal cuore questo miracolo: ma ora non temere, tutto è finito, tu stai bene, non hai più nulla. Suona il campanello, chiama le suore che stanno in Cappella per l’orazione e qualcuna dorme pure”, disse con un sorrisetto sulle labbra. “Fatti mettere il termometro, tanto per testimonianza ma tu non hai neppure 37. Poi mangia tutto come prima perché il tuo buco è chiuso. Vai dal Professore e fai mettere per iscritto la testimonianza, poi fai le radiografie perché un giorno serviranno, ma non hai nulla. Avevi una grossa perforazione con un’invasione del peritoneo, ma io ti ho assistita dal primo giorno affinché non morissi e tutto ciò doveva avvenire… Realmente io mi sentii subito un’altra, ero guarita; fu allora che tutta emozionata mi feci coraggio, suonai il campanello per chiamare le suore. Mi sentivo agitata, ma dissi tutto alla superiora che dopo i primi momenti di confusione mi mise il termometro e vide che la temperatura non arrivava a 37, mentre un quarto d’ora prima aveva segnato 39,5. Con grande meraviglia di tutti chiesi da mangiare e fui accontentata. Mangiai molto perché sentivo molto appetito. Il momento più trepidante fu quello di constatare che il buco della fistola era veramente chiuso e difatti con grande commozione di tutte le sorelle presenti fu constatato che il buco era chiuso. Volli alzarmi e camminavo benissimo senza barcollare. Così ripresi subito la vita normale. Dopo due giorni ritornai a Potenza in treno destando sorpresa e meraviglia in tutti ma specialmente da parte del dottor Russo, che subito disse: “Qui c’è del prodigio”. Dopo 15 giorni feci le radiografie dalle quali non risultò nulla. Il monconcino di stomaco rimasto era sano senza perforazione. Sono convinta che tutto debbo alla Grazia di Dio ottenuta dalla intercessione di Papa Giovanni»”.

La Congregazione delle Cause dei Santi prese in considerazione questa miracolosa guarigione ai fini della beatificazione di Giovanni XXIII.

 

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