Achille Bonito Oliva: “Gli ortodossi hanno ben conservato il senso del sacro”

Achille Bonito Oliva: “Gli ortodossi hanno ben conservato il senso del sacro”

di Bruno Volpe

IL CRITICO D’ARTE ACHILLE BONITO OLIVA: “L’ICONA ORTODOSSA È UNA FORMA DI EVANGELIZZAZIONE”

“Il mondo orientale ortodosso russo ha conservato maggiormente il senso del sacro, e l’icona lo dimostra”: lo dice in questa intervista il noto ed affermato critico d’arte Achille Bonito Oliva.

Professor Bonito Oliva, come possiamo prima di tutto definire un iconografo?

“L’iconografo, nella realtà orientale, e in particolare ortodossa, è un divulgatore religioso. Ha il compito, sotto ispirazione divina, di annunciare la fede e la Parola, con la raffigurazione di Madonne, volti di Cristo o santi ed angeli. Lo fa con immagini che rispetto alla prospettiva occidentale sono più statiche. In sintesi, l’icona ortodossa non è definibile un quadro nella versione occidentale della parola, ma è una forma di evangelizzazione. L’iconografo può stare addirittura mesi senza produrre, per la semplice ragione che non è ispirato in quel momento. L’icona è una preghiera, o meglio un messaggio, che l’iconografo lancia al fedele partendo dal suo animo e dalla sua sensibilità, perché di solito è una persona sensibile”.

In chiave occidentale possiamo parlare di artista?

“Nella nostra ottica è possibile parlare di artista, certamente. Ma è bene sottolineare che sono due visioni diametralmente opposte. Statica quella orientale, dinamica e persino meccanicista quella occidentale, dove domina maggiormente il razionalismo interpretativo. L’uomo occidentale mantiene con l’ opera d’arte una relazione razionalista e meccanicista, ritiene che tutto debba essere spiegato e che a tutto bisogna dare una risposta. Non è invece così nella valutazione dell’iconografo e dell’arte sacra orientale”.

Magari dipende anche dal senso del sacro…

“Una buona parte infatti è causata da questo, non sta a me naturalmente dire quale logica sia meglio dell’altra, resta comunque la netta differenza di visione. E va anche detto che nel mondo occidentale frenetico e laico, il senso del sacro e del religioso è molto più diluito rispetto alla posizione degli ortodossi e tutto questo si manifesta appunto nella produzione artistica”.

Quello della icona è un mercato di nicchia, perché?

“Proprio perché, ma mi riferisco all’Occidente, l’immagine è fissa, noi siamo abituati alla visione mobile, loro gli orientali al contrario alla fissità meditativa. Lo fanno perché naturalmente portati di più al trascendente rispetto a noi. Nell’arte sacra occidentale prevale il positivismo e meccanicismo, in quella orientale la fissità mistica. Resto della idea comunque che una icona impreziosisca ed elevi il senso del sacro che, torno a dirlo, oggi è più forte nel mondo orientale e in quello russo particolare”.

In quanto alle icone anche in Italia se ne avverte un risveglio e lo vediamo nelle produzioni di don Luca Busi a Bologna, padre Antonio Calisi a Bari e a Roma nelle sorprendenti e raffinate icone della nota ed affermata iconografa russo siberiana Elena Chugunova.

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