Dopo la morte di Kissinger come cambierà la visione geopolitica statunitense?

A cura della Redazione

È MORTO HENRY KISSINGER, AVEVA 100 ANNI

È morto, all’età di 100 anni, Henry Kissinger, ex segretario di Stato americano e consigliere per la sicurezza nazionale.

Kissinger è stato una figura centrale della politica estera statunitense ma anche una voce influente e controversa della storia americana di metà del secolo scorso e dei 23 anni di questo secolo.

Fuggito in gioventù dalla Germania nazista, profugo ebreo, dopo l’ingresso nel mondo politico che conta, fu suo il lavoro di disgelo che porto gli Stati Uniti a riaprire i rapporti con l’Unione Sovietica e la Cina comunisti, nel corso della presidenza Nixon.

Lo stratega geopolitico in Medio Oriente perseguì la “diplomazia dello shuttle”, ottenendo la separazione delle forze israeliane da quelle arabe dopo le conseguenze della guerra dello Yom Kippur del 1973.

Nel 1973 ottenne il Premio Nobel per aver contribuito alla fine della guerra del Vietnam. Condivise il Premio della Pace con il suo omologo nordvietnamita Le Duc Tho che, citando l’assenza di una vera pace in Vietnam, rifiutò di accettare e due membri del comitato per il Nobel si dimisero per protestare.

L’impegno degli Stati Uniti nel conflitto asiatico si concluse con la caduta di Saigon nel 1975 e la perdita di oltre 58.000 vite americane.

Dopo le dimissioni di Nixon per lo scandalo Watergate, Kissinger continuò come segretario di Stato sotto il presidente Gerald Ford, ma i suoi ultimi anni al governo furono segnati dalla frustrazione.

Dopo aver lasciato il Dipartimento di Stato nel 1977 divenne un prolifico autore ed un consulente internazionale. Tornò brevemente al governo nel 2002, quando il presidente George W. Bush nominò Kissinger a guidare una commissione che indagava sugli eventi che portarono agli attacchi terroristici dell’11 settembre. Ma si dimise appena un mese dopo a causa delle domande su potenziali conflitti di interessi.

“I suoi scritti e i suoi consigli sulla geopolitica sono rimasti una lettura obbligata nella comunità di politica estera negli Stati Uniti e all’estero, anche se i suoi detrattori sono rimasti altrettanto critici”, hanno scritto alcuni media USA.

“Per negoziare bisogna comprendere la percezione dell’altra parte del mondo. E devono capire la nostra percezione. E deve esserci una decisione da entrambe le parti che cercheranno di conciliare queste differenze” disse alla Cnn in una intervista del 2008.

Adesso in molti si chiedono che evoluzione prenderà la politica estera statunitense, se arriverà la “distensione” con la Russia di Putin, se gli Usa rinunceranno alla loro visione geopolitica imperialista…

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