I problemi del mondo moderno, l’angoscia e la paura dell’altro

di Francesco Bellanti

SOVRANITA’ NAZIONALE ED EUROPA. ALCUNE RIFLESSIONI

Sul sovranismo, sull’europeismo, sul globalismo, si potrebbero scrivere trattati, perciò non è facile sintetizzare per eliminare tutte le confusioni. Noi ci proviamo. Partiamo dal primo concetto. Per sovranismo oggi in politica s’intende un’idea economica, politica, sociale, di destra. Nulla di più sbagliato. Sostiene Luciano Canfora che “(il) sovranismo è una parola inventata e priva di contenuto. Dire che la sovranità nazionale è un disvalore è una stupidaggine. Se una cosa è giusta, anche se la dice un uomo di destra, non cessa di essere giusta. Ad esempio, la difesa della sovranità nazionale di fronte al capitale finanziario non è sbagliata”. Noi aggiungeremmo che, storicamente, gran parte della sinistra (i comunisti) ha sempre avversato trasferimenti di potere fuori dallo Stato, per esempio i comunisti si opposero alla Nato (fino a Berlinguer) e, per molti anni, al Mercato comune europeo. Studiosi, politici e statisti di eccezionale spessore ritengono che oggi uno Stato non possa vivere in condizioni di isolamento totale da ogni organizzazione politica internazionale, pertanto il problema che si pone è quale parte di sovranità nazionale cedere. È qui che entrano in gioco i concetti di destra, centro e sinistra. Noi crediamo che l’indipendentismo e il nazionalismo, il protezionismo economico assoluto, l’isolazionismo politico-militare  siano posizioni ideologiche e politiche fuori della storia, in quanto la sovranità assoluta in uno Stato è storicamente superata.

Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica Italiana, uno dei Padri della Patria, politico ed economista di fama mondiale, riteneva la sovranità statale assoluta “la causa strutturale delle guerre”, e comunque un modello politico superato nella società contemporanea. Jean Monnet, uno dei Padri dell’Europa, certamente non un uomo di sinistra, il 5 agosto del 1943 ad Algeri, divenuto membro del Comitato francese di Liberazione nazionale, si espresse con queste parole rimaste famose: “Non ci sarà mai pace in Europa se gli stati si ricostituiranno su una base di sovranità nazionale… (ciò) presuppone che gli Stati d’Europa formino una federazione o una entità europea che ne faccia una comune unità economica”. Da qui nascono la Comunità europea del carbone e dell’acciaio per eliminare le controversie tra Francia e Germania, e poi tutte le altre organizzazioni europee, fino all’attuale UE. Certo Monnet, nella sua strategia, che poi in fondo fu realizzata, pensava a élite politiche che avrebbero dovuto guidare e realizzare il progetto comunitario, élite che avrebbero dovuto servirsi di gruppi d’interesse e di esperti, e purtroppo è da questi aspetti tecnocratici che nascono le degenerazioni di oggi, che tuttavia si possono correggere.

È evidente, allora, seguendo questo discorso, che posizioni estremistiche, che si rifanno alla superiorità politica ed economica di uno Stato su un altro, o che rivendichino la totale sovranità nazionale rispetto alle organizzazioni internazionali e sovra-nazionali, se non addirittura l’uscita dall’Unione Europea, sono semplicemente pericoloso populismo, di destra come di sinistra. L’obiettivo vero, invece, dovrebbe essere quello che il 26 settembre 2017 il presidente francese Emmanuel Macron, nel suo discorso alla Sorbona, coniò con il termine “sovranità europea”, che consiste in un’integrazione europea sempre più profonda fino ad arrivare agli Stati Uniti d’Europa. È un obiettivo che perseguono importanti esponenti politici di destra e di sinistra. È bene precisare, però, che quando parliamo di Europa, noi intendiamo l’Europa non dei banchieri e della grande finanza, o delle multinazionali che manipolano e governano l’economia, noi parliamo dell’Europa dei popoli, che faccia gli interessi dei popoli europei, che accetti ed esalti le differenze culturali ed economiche, religiose, e non le mortifichi, come invece sta facendo da molti anni. È questa l’Europa come fu concepita e sognata nell’Ottocento, l’Europa romantica che privilegiava il particolarismo nazionale ma propugnava un’Europa federalista e unita per affrontare le sfide della nascente industrializzazione e dei nazionalismi aggressivi. Fu la tragica esperienza del nuovo secolo con i suoi nazionalismi e autoritarismi e due guerre mondiali a fare tramontare questo sogno, ma anche a farlo rinascere con il Manifesto di Ventotene, il Manifesto per l’Europa libera e unita, concepito dagli antifascisti italiani Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, e da altri federalisti europei, per i quali solo con un’Europa Unita e federale (e non con organizzazioni internazionali come l’ONU) si potevano scongiurare altre guerre in Europa. L’idea europea si rafforza poi negli anni Cinquanta con la guerra fredda e con l’affermarsi di grandi Stati come gli USA, l’URSS, la Cina.

Solo un’Europa unita e solidale, un’Europa dotata di un proprio esercito e di una politica estera e interna comune, può vincere le sfide del nuovo millennio, e cioè la globalizzazione, cioè un’economia mondiale in mano a poteri forti e oscuri, un mercato deciso solo poche lobbies occulte, multinazionali che hanno come unico scopo l’arricchimento e il condizionamento politico degli Stati. E poi le emigrazioni incontrollate, guerre regionali che possono condurre alla terza guerra mondiale e alla catastrofe finale, e un ruolo marginale di fronte a imperi in decadenza come gli USA e la Russia, e nuovi minacciosi imperi come la Cina e l’India. Stati Uniti d’Europa non vuol dire annullamento delle identità nazionali, o prevaricazione delle differenze sociali e culturali, religiose, ma rispetto delle sovranità nazionali e integrazione dei popoli per un obiettivo comune, creazione di un’identità condivisa nel rispetto delle differenze.

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Si sta facendo sempre più tardi. Problemi giganteschi, dicevamo, si stanno catapultando sul mondo – guerre, crisi energetica, inquinamento, pandemie, degenerazione della tecnica, lo sfruttamento e la povertà, delinquenza, calamità immani. Un mondo oggi cozza contro un altro mondo, il mondo della vita della natura contro il mondo della borsa e delle speculazioni, della massificazione, dell’inurbamento selvaggio, delle banche, del dominio della tecnica. Il mondo della famiglia e della cultura, dell’arte, del rispetto delle tradizioni, del cattolicesimo, contro il materialismo, l’imbarbarimento culturale, i falsi diritti umani, la demagogia e la volgarità. L’uomo sta distruggendo la natura, si sta facendo vincere dalla tecnica, dalle spudorate leggi dell’economia capitalistica delle multinazionali tese solo al profitto. Masse sterminate di disperati giungono dai Paesi poveri in quelli ricchi, e questa è una tragedia che ha creato l’Occidente e che l’Occidente deve risolvere. L’Europa è, deve essere, l’Occidente. Si deve creare una nuova civiltà basata sulla perfetta interazione tra l’ecumène e l’ambiente, che si scrolli di dosso tutte le nefaste visioni del mondo che ci stanno portando alla catastrofe, i totalitarismi, i nazionalismi.

Solo un’Europa democratica, forte, ricca, solidale, modello di accoglienza, libertà, tolleranza, con il suo straordinario patrimonio storico, culturale, politico, economico, che salvaguardi anche le culture dei suoi popoli, può prendere su di sé il destino del mondo. Uomini giganteschi, Napoleone e Hitler con la sua follia, avevano cercato con la forza di piegare l’Europa alle loro culture, quella francese e quella tedesca. L’Inghilterra fece di tutto perché questo non accadesse, perché gli Inglesi non si sono mai sentiti europei. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, rinasce l’idea di un’Europa unita e attraverso le istituzioni europee – CECA, CEE, UE e altri trattati modificativi – si raggiungono importanti traguardi in tutti i settori, da quello economico a quello civile, politico, sociale, culturale, ma il progetto non è stato portato a compimento. In altri termini, gli Stati Uniti d’Europa, un organismo politico, per capirci, simile a quello degli Stati Uniti d’America, con politica esterna e interna comune, una vera e propria banca centrale espressione di un’economia comune, non è mai nato. La grandezza dei popoli consiste nel farsi trovare pronti a cogliere il vento della storia, e forse la guerra tra Russia e Ucraina potrebbe contribuire ad accelerare la realizzazione di questo destino. Perché con la crisi dell’impero americano e dell’Inghilterra, della ex Unione Sovietica, della NATO e dell’ONU, di fronte all’affermazione di Paesi imponenti come Cina e India, l’Iran, solo un’Europa politicamente forte e non più schiava della politica americana può avere il prestigio e l’autorevolezza per governare le cose del mondo e portare la pace.

L’Europa non deve perdere l’appuntamento con la storia, che è quello di guidare con la sua unica, immensa e straordinaria civiltà, il mondo. Quest’Europa, tuttavia, deve essere espressione dei bisogni dei popoli, non del denaro, della finanza, dei banchieri. Un’Europa con due grandi schieramenti politici, chiamiamoli uno conservatore e di centro e un altro progressista o socialista, che possano alternarsi alla guida dell’Unione.

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Historia magistra vitae, dicevano i Romani per bocca di Cicerone, ma a quanto pare la storia agli Europei non ha insegnato nulla. Tutte le guerre del secolo passato e di questo sono scoppiate a causa dei nazionalismi e dai problemi del mondo slavo dell’Est. La Prima guerra mondiale scoppiava a causa del nazionalismo austriaco e dei nazionalismi slavi, e il primo settembre 1939 aveva inizio la Seconda guerra mondiale, sempre per un casus slavo, la Polonia, e soprattutto per la follia di due dittatori, Hitler e Stalin. Fu una devastante guerra che alla fine avrebbe liquidato tutti i sovranismi e le dittature, non solo il nazismo e il fascismo, ma anche il comunismo –- anche se questo ufficialmente sarebbe caduto mezzo secolo dopo – l’imperialismo britannico e francese (che pure erano fra i vincitori), e quello giapponese. Gli americani esportavano in Europa il loro modello economico e sociale. L’Europa e il mondo si avviavano verso la cooperazione, la solidarietà, le organizzazioni internazionale, ONU, NATO, la futura UE. A distruggere il nazismo fu soprattutto la vera destra di De Gaulle e di Churchill, a costruire l’Europa fu il centro-destra di Jean Monnet e Robert Schuman, Adenauer, De Gasperi, Einaudi.

La storia, dice Marx, si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. Che sia vera o no questa affermazione, lì è nato il mondo moderno, e la storia non deve tornare indietro, perché oggi l’umanità non ha bisogno né di tragedie né di farse.

Il primo settembre 1939 aveva inizio una guerra apocalittica nata dalla paura, dall’angoscia trasformata in paura, al di là, naturalmente, dei problemi irrisolti ereditati dal Trattato di Versailles. L’angoscia è diversa dalla paura, è percepita come una catastrofe, è la minaccia senza nome, la sensazione dell’accerchiamento, che il futuro non possa essere governato. “L’angoscia – sostiene il grande filosofo Martin Heidegger – è fondamentalmente diversa dalla paura. Noi abbiamo paura sempre di questo o di quell’ente determinato, che in questo o in quel determinato riguardo ci minaccia. La paura di… è sempre anche la paura per qualcosa di determinato. Nell’angoscia, noi diciamo, uno è spaesato. Ma dinanzi a che cosa v’è lo spaesamento e cosa vuol dire quell’uno?… L’angoscia rivela il niente. Che l’angoscia sveli il niente, l’uomo stesso lo attesta non appena l’angoscia se n’è andata”. Sono i politici, spesso, che – per conquistare e mantenere il potere – si servono dell’angoscia e la trasformano in qualcosa di più barbarico, la paura. Così Hitler portò il mondo alla catastrofe canalizzando l’angoscia del suo popolo verso la paura, e questa diventò paura dell’accerchiamento, paura dell’ebreo, del comunista che volevano distruggere la Germania. Così Mussolini per il “pericolo rosso”. Il marxismo era il male della storia e fu personificato in Stalin, questi a sua volta personificò il male dell’Occidente in Hitler. Così fu per il terrore della tecnica, a cui furono contrapposti i valori antichi della natura e della campagna. È un’operazione, questa, che in genere fanno le dittature, o chi aspira alla dittatura.

Lo psicologo americano Gustave Mark Gilbert chiese al Maresciallo del Reich Hermann Göring, al Processo di Norimberga, com’era stato possibile trascinare uno dei popoli più civili del mondo nella catastrofe. “È ovvio, – rispose – la gente non vuole la guerra. Perché mai un povero contadino zoticone vorrebbe rischiare la propria vita in guerra quando il meglio che gli possa succedere è tornare alla sua fattoria sano e salvo? Naturalmente la gente comune non vuole la guerra. Non la vuole in Russia né in Inghilterra né in America, e neanche in Germania, per quel che vale. Si capisce. Ma dopotutto sono i leader di un Paese che determinano le politiche, ed è facile trascinare la gente dietro a tali politiche, sia tale Paese una democrazia o una dittatura fascista o un Parlamento o una dittatura comunista”. “C’è una differenza – gli fece notare Gilbert – In una democrazia la gente ha diritto di dire la propria sulla questione attraverso i suoi rappresentanti eletti, e negli Stati Uniti solo il Congresso può dichiarare guerre.” E Göring: “Oh, tutto questo è bellissimo, ma, che abbia o meno diritto a dire la propria, la gente può sempre essere trascinata dai propri leader. È facile. Tutto quello che c’è da fare è dire alla gente che sta per essere attaccata, denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e perché mettono in pericolo il Paese. Bisogna spaventarli, inculcare nella gente la paura, bisogna imbottirla di paura come si fa con le oche finché non gli scoppia il fegato per fare il paté, bisogna fare in modo che quella paura fermenti e si trasformi in odio, un odio assoluto, irrazionale, sguaiato. Funziona allo stesso modo in ogni Paese”. Fu quello che fecero Adolf Hitler e il Ministro della Propaganda Goebbels.

Ecco, da allora, purtroppo, la storia non è cambiata. L’Europa moderna deve eliminare l’angoscia e la paura. Ancora oggi i politici, per conquistare il potere e mantenerlo, trasformano l’angoscia in paura, paura dei migranti, del nero, del diverso, dell’accerchiamento, e vogliono chiudere frontiere inesistenti, aeroporti. Purtroppo, trovano terreno fertile, l’ignoranza e la miseria morale e materiale si tagliano a fette. Invece, ci si salva tutti insieme dall’inquinamento delle città e delle industrie, dalle pandemie e dalla degenerazione della tecnica, dallo sfruttamento e dalla povertà, dalle guerre e dalla delinquenza, da calamità immani, dallo sfacelo del tempo e dei valori religiosi, in questo minuscolo pianeta alla estrema periferia dell’universo. Un mondo oggi cozza contro un altro mondo, il mondo della vita della natura contro il mondo della borsa e delle speculazioni, della massificazione, dell’inurbamento selvaggio, delle banche, del dominio della tecnica. Il mondo della famiglia e della cultura, dell’arte, del rispetto delle tradizioni contro il materialismo, l’imbarbarimento culturale, i falsi diritti umani, la demagogia e la volgarità.

L’uomo sta distruggendo la natura, si sta facendo vincere dalla tecnica, dalle spudorate leggi dell’economia capitalistica delle multinazionali tese solo al profitto. Masse sterminate si stanno catapultando dai Paesi poveri in quelli ricchi, e questo flusso immane, che è certo un serio problema, lo si deve regolare e integrare tutti insieme. Il destino del mondo oggi si gioca non con un’inutile guerra tra un Paese e un altro, ma tra un modello di sviluppo e un altro, quello capitalistico senza controllo che sta facendo regredire masse sterminate senza reali diritti nella schiavitù, e quello di un progressivo ritorno alla natura, attraverso un governo mondiale – in cui una vera Europa giochi un ruolo da protagonista – autenticamente solidale e democratico. Cedere parte della sovranità nazionale in cambio del rispetto della civiltà nazionale (religiosa, culturale, economica, artistica, politica) in cambio di un ruolo più prestigioso e proficuo nel contesto internazionale non è una scommessa azzardata: in un panorama mondiale in cui ideologie nefaste come il comunismo, il fascismo storico e il nazionalsocialismo – sono destinati a essere quello che già sono, cadaveri, binari morti della storia.

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