L’amore è vita, forza, vino nuovo!

di Giuliva Di Berardino 

IL VANGELO DEL GIORNO COMMENTATO DA UNA TEOLOGA LITURGISTA

Lunedì 15 gennaio 2024 

Mc 2, 18-22


In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”. Gesù disse loro: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!”.

“Vino nuovo in otri nuovi”! Se seguiamo Gesù, siamo chiamati a rinnovarci, a rendere sempre nuovo il nostro amore per la vita, per le persone care, per ciò che facciamo, per chi ci vive accanto.

In questo brano del vangelo Gesù propone due similitudini per mettere in luce la situazione di novità nella relazione che siamo chiamati a vivere con Dio ogni giorno. Una similitudine si costruisce sull’elemento del vino nuovo messo in otri vecchi e l’altra su quello di una stoffa nuova su un vestito vecchio, impossibile da sostenere, perché si strapperebbe il tessuto dell’intero vestito. È necessario essere nuovi, e questa novità si può manifestare solo quando si ama veramente.

Lo sappiamo tutti: l’amore, quando è vero, non può essere solo un ruolo o un’immagine, non può neppure legare a sé con abitudini e consuetudini apprese da un certo modo di essere e di pensare, non può trattenersi in otri vecchi, cioè in relazioni stagnanti. L’amore è vita, è forza sempre nuova, è vino nuovo!

Quando nella Bibbia si parla di vino, infatti, si fa in riferimento alla festa e alla gioia. Nelle prescrizioni liturgiche ebraiche si deve bere vino in abbondanza nel Seder di Pesach, il rito della Pasqua ebraica che ricorda il passaggio e l’Alleanza segnata col sangue dell’agnello tra Dio e il suo popolo. Ma nel mondo ebraico si beve vino anche nei matrimoni, a dire che la gioia della vita proviene dall’Alleanza con Dio.

Ecco, dunque, esiste una corrispondenza nella relazione tra Dio e Israele e in quella tra lo sposo e la sposa. Anche i Profeti utilizzano questa metafora sponsale, così come fa Gesù in questo brano del vangelo, comunicandoci che è Dio il vero Sposo fedele che riscatta e ridona dignità al suo popolo Israele e a tutta l’umanità perduta nell’infedeltà dell’idolatria. E come l’amore dello sposo e della sposa và sempre rinnovato ogni giorno, anche la relazione tra Dio e l’uomo va continuamente rinnovata. Gesù allora  ci fa capire che digiunare è sperimentare un’assenza, più che obbedire a un precetto religioso.

Sì perché tutti noi esseri umani siamo fatti così, spesso, proprio quando viviamo l’assenza, gustiamo la presenza di una persona che amiamo. Gesù allora sembra dirci che nulla ha senso se non si vive per amore, se non si custodiscono nel cuore i volti, i nomi, gli incontri che fanno nuova la nostra vita ogni giorno. Solo così alimentiamo la gioia di stare con lo Sposo, perché solo attraverso gli altri è possibile accogliere la novità dell’amore di Dio, proprio lì dove il nostro desiderio è ormai diventato assenza.

Chiediamo a Gesù, lo Sposo dell’umanità, che rallegri la nostra esistenza col vino della gioia e della festa e che compia la sua promessa di rinnovarci ogni giorno, anche oggi, nella gioia di vivere in comunione con Lui e tra noi:  “vino nuovo in otri nuovi”.

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