Anche oggi si tengono consigli per fare “morire” Gesú

Anche oggi si tengono consigli per fare “morire” Gesú

di Giuliva Di Berardino

IL VANGELO DEL GIORNO COMMENTATO DA UNA TEOLOGA LITURGISTA

Mercoledì 17 gennaio 2024

Mc 3, 1-6
In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: “Àlzati, vieni qui in mezzo!”. Poi domandò loro: “È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?”. Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: “Tendi la mano!”. Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

Gesù compie una guarigione il giorno di sabato, provocando così l’ira dei farisei e degli erodiani che subito uscirono dalla sinagoga e “tennero consiglio contro di lui per farlo morire”. Cosa era successo di tanto scandaloso? Il Vangelo ci annuncia che Gesù, entrato in quella sinagoga, chiamò dalla folla un uomo che aveva una mano paralizzata e, quando arrivò al centro della stanza probabilmente davanti a lui, disse queste parole: “tendi la mano!”. Pensiamoci: Gesù pone al centro, in mezzo a uomini religiosi riuniti nel giorno di Shabbat, un solo uomo che ha la mano paralizzata. La mano è una parte del corpo, quella parte del corpo che permette l’azione del ricevere e del donare.

Una mano paralizzata è quindi simbolo di una vita sterile, impedita nelle possibilità di interazione con gli altri e quindi, triste. E Gesù chiede all’uomo di tendere la mano, come per uscire dalla situazione in cui si trovava, un gesto che lo mette in situazione di comunicare il suo affidarsi all’altro, la sua fiducia nella vita. E subito emerge il contrasto tra l’obbedienza della fede di questo uomo, che gli fa sperimentare la guarigione, e la durezza di tutti quegli uomini religiosi, presenti in sinagoga, che credono di onorare la legge di Dio ignorando la paralisi di quell’uomo. C’è un uomo che soffre in mezzo a loro, ma nessuno di loro se ne cura: ma questo non perché sono attenti alla legge come vogliono far credere, ma perché sono presi a tramare il male contro Gesù, a condannare le sue azioni, proprio nel giorno di Shabbat, nel giorno santificato da Dio.

Ecco allora che il Vangelo oggi ci insegna che quando pensiamo male di qualcuno, quando ci permettiamo di giudicare le azioni degli altri, diventiamo proprio come questi farisei e questi erodiani: ciechi e muti, insensibili, diventiamo freddi come oggetti, non siamo più esseri umani, perché non ci curiamo più delle persone! E Gesù si rattrista per la durezza dei cuori, per questi uomini che non sanno più percepire gli altri, non sanno più riconoscerli come parte di sé, che non sanno più vedersi come fratelli tra loro!

Allora oggi preghiamo il Signore che ci salvi dalla durezza del cuore! Che nessuno possa più diventare tanto insensibile agli altri da arrivare a non prenderci cura degli altri esseri umani.

Chiediamo questa grazia per l’intercessione del grande santo che oggi ricordiamo: sant’Antonio Abate, il grande Antonio, primo monaco della storia cristiana, che ricevette da Dio il dono di allontanare il Male da sé e da tutti coloro che a lui si affidano.

Preghiamo insieme: “O Dio, che hai ispirato a sant’Antonio Abate di ritirarsi nel deserto, per servirti in un modello sublime di vita cristiana, concedi anche a noi per sua intercessione di superare i nostri egoismi e per amare te sopra ogni cosa”. Amen

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